È durata meno di cinque giorni la latitanza di Massimo Sestito, il killer di ‘ndrangheta condannato a 30 anni per avere ucciso il carabiniere Renato Lio in Calabria nel 1991 e in attesa della sentenza della Cassazione per un altro omicidio, quello del boss Vincenzo Femia. Nella notte tra lunedì e martedì i carabinieri non lo avevano trovato nella casa del padre a Pero, nel milanese: aveva rotto il braccialetto elettronico ed era fuggito, evadendo dagli arresti domiciliari. Per la seconda volta: già nel 2013 era riuscito a scappare, sfruttando un permesso premio.

I carabinieri lo hanno fermato alla stazione Circumvesuviana di Sant’Anastasia
I carabinieri lo hanno catturato alla stazione Circumvesuviana di Sant’Anastasia, città metropolitana di Napoli, mentre stava salendo su un taxi. Non era armato. Addosso aveva 1.500 euro, due cellulari e due santini. Gli investigatori della compagnia di Rho e quelli rispettivi della “catturandi” dei nuclei investigativi dei comandi provinciali di Milano e Napoli sono arrivati a Sestito tramite intercettazioni e monitoraggio della rete.

Nel 2013 la prima evasione: era stato poi arrestato in spiaggia
Sestito, considerato organico della cosca catanzarese di Iozzo-Procopio-Chiefari, ha 52 anni e ha ricevuto una condanna a 30 anni per l’omicidio dell’appuntato Lio. Era il 20 agosto del 1991, quando sparò tre colpi contro l’agente dopo essere stato fermato a un posto di blocco a Soverato. Latitante per un più di anno, fu arrestato e condannato nel 1993. Il secondo omicidio che gli è stato imputato, invece, è quello del boss Vincenzo Femia, per cui è stato prima condannato all’ergastolo e poi assolto. Attendeva il verdetto della Cassazione, previsto per il 3 febbraio e adesso riprogrammato al 28. Già nell’agosto del 2013 Sestito era fuggito. Dopo un permesso premio non era rientrato al carcere di Rebibbia, dove allora era detenuto: era stato rintracciato poco più di un mese dopo in spiaggia a Palinuro.