Da Meloni a Scajola: quando la casa in politica porta guai

Paola Alagia
19/05/2023

Giorgia Meloni è solo l'ultima politica a essere inciampata nell'immobiliare. Da Scajola a Fini fino a Rocca e Durigon, tutte le volte che il focolare domestico si è trasformato in un incendio.

Da Meloni a Scajola: quando la casa in politica porta guai

Non c’è niente che faccia più Italia della casa. Quasi al pari del ‘tengo famiglia’. Un tasto sul quale i nostri connazionali sono ipersensibili e quindi anche più irascibili di fronte a truffe, abusi, menzogne e bufale che investono i potenti del Paese. Bucce di banana sulle quali di legislatura in legislatura intruppano spesso e volentieri. Come in un eterno déjà-vu.

La premier e la rendita della casa venduta dalla madre non raccontata in Io sono Giorgia

Del resto, persino il front man di Mani pulite Antonio Di Pietro finì nel tritacarne mediatico per le sue numerose proprietà. Anche se, a onore del vero, nel caso dell’ex magistrato la bufera fu gonfiata pure da un equivoco e cioè dall’aver confuso particelle catastali con singoli beni. Neppure Giorgia Meloni, a quanto pare, si salva. Galeotta l’autobiografia Io sono Giorgia, a partire dalla quale sono scaturite due inchieste parallele di Repubblica e Domani. Ma galeotto soprattutto il racconto fatto dalla presidente del Consiglio dell’incendio involontariamente appiccato da lei e sua sorella nell’appartamento d’infanzia in via Cortina d’Ampezzo alla Camilluccia, quartiere bene di Roma Nord. Incidente dal quale discese il trasferimento della sua famiglia alla Garbatella: a casa dei nonni paterni, seguendo il filo dei ricordi della premier («Da bambina ho passato tante notti in un corridoio con i piedi di mia sorella spalmati sulla faccia»), che non cita invece la nuova proprietà acquistata da sua madre nella stessa borgata (cinque vani, secondo gli atti notarili dell’inchiesta di Repubblica). La premier underdog insomma ricorda quello come un periodo difficile per non dire buio della sua vita – «Ci siamo ritrovate, di punto in bianco, per strada, sole, senza più un tetto» – ma non fa alcun accenno alla grossa rendita fruttata alla madre dalla vendita dell’appartamento di Roma Nord (acquistato dalla donna all’età di soli 26 anni a 47 milioni di lire e rivenduto a 160 nel 1983). Pane per i denti di tutti i detrattori della leader di FdI che hanno buon gioco nel puntare l’indice sulle omissioni, se non menzogne, meloniane. Gioie e dolori del libro-manifesto che pure le ha dato la volata e che – è nelle cose – viene ora passato ai raggi X. Poi, ci sta, che magari tanti ricordi siano svaniti. L’alibi della giovane età per lei un po’ regge. A differenza di tanti suoi colleghi già scivolati sull’amato focolare domestico.

Da Meloni a Scajola: quando la casa in politica porta guai
Giorgia Meloni (da Instagram).

Dalla casa «a sua insaputa» di Scajola all’appartamento di Montecarlo di Fini fino ai casi di Rocca e Durigon

L’elenco è davvero lungo, dalla casa «a sua insaputa» con vista Colosseo di Claudio Scajola, appena rieletto a sindaco nella sua Imperia – correva l’anno 2010 e l’allora esponente azzurro fu costretto a dimettersi dall’incarico di ministro dello Sviluppo economico – a quella di Montecarlo passata dalla proprietà di An alle mani della compagna e del cognato di Gianfranco Fini, Elisabetta e Giancarlo Tulliani. Un affaire che costò caro in termini politici all’ex presidente della Camera, tra l’altro tuttora imputato per riciclaggio nel processo sull’immobile. La casa è sempre “dolce casa”. Ma può diventare molto amara, in modo assolutamente bipartisan. L’ex premier Matteo Renzi ad esempio ha avuto da battagliare per giustificare il discusso acquisto della magione fiorentina da 1.300.000 euro. Come dimenticare, inoltre, l’affaire Affittopoli nel ‘95 e l’inchiesta del Giornale che tra gli altri pizzicò in fallo l’allora segretario del Pds Massimo D’Alema? Al Lider Maximo era stato assegnato un immobile Inpdap a Trastevere con una locazione di 633 mila lire al mese. La notizia fu talmente chiacchierata che l’ex premier fu costretto a traslocare. Dall’Inpdap all’Enpaia il passo è breve: anche l’ente previdenziale degli agricoltori ha di recente guadagnato la ribalta mediatica. I fatti raccontati dal Domani hanno infiammato non poco le ultime elezioni regionali nel Lazio. Nel mirino, infatti, sono finiti gli appartamenti dell’attuale governatore Francesco Rocca e del plenipotenziario della Lega a Roma, il sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon, che sarebbero stato acquistati a condizioni di favore. Il solito vizietto italico? In realtà, i diretti interessati hanno preso le distanze, sottolineando la regolarità delle rispettive compravendite.

La figlia di Gianfranco Fini, Giuliana, non andrà a lavorare in Regione Lazio con il presidente Francesco Rocca: lo rende noto il padre.
Francesco Rocca (Getty Images)

Dai mariti (di Polverini e Trenta) alle mamme (di Meloni e Taverna), gli immobili «so’ piezz’ e core»

Dal focolare domestico al tengo famiglia, come detto, è un attimo. Non mancano infatti le vicende che coinvolgono i “mariti di”. Per esempio dell’ex governatrice del Lazio Renata Polverini: fu L’Espresso nel 2011 a far esplodere lo scandalo della casa Ater all’Aventino abitata dal consorte, senza i requisiti, con un affitto mensile calmierato (130 euro) fino allo sgombero eseguito dai vigili urbani nel 2013 per diversi appartamenti popolari occupati abusivamente.  C’è il marito di mezzo anche nella vicenda dell’alloggio di alta rappresentanza (180 metri quadri in zona piazza San Giovanni) assegnato all’ex ministra della Difesa ed ex M5s Elisabetta Trenta (già proprietaria di una casa al Pigneto) e poi intestato appunto alla sua dolce metà, il maggiore dell’Esercito Claudio Passarelli. Un caso che a cavallo tra il 2019 e il 2020 suscitò polemiche e critiche che si spensero solo quando la famiglia Trenta fece gli scatoloni e lasciò piazza San Giovanni. Se non sono i mariti, sono le mamme, ma il risultato non cambia: oggi si parla tanto degli investimenti immobiliari di Anna Paratore, madre della premier, ma basta tornare indietro di qualche anno e torna alla memoria il caso Taverna. Nel 2018 era ancora un totem l’uno vale uno, ma non dalle parti della pasionaria grillina che difese, con tanto di ricorso all’Ater (perso l’anno dopo), la revoca della casa popolare nel quartiere Alessandrino abitata, appunto, dalla madre. Comunque, parafrasando Mario Merola, gli immobili «so’ piezz’ e core». Vale per le compravendite, gli affitti, ma anche per le tasse. Del resto, la bufera sul mancato pagamento dell’Imu per la sua casa di Ravenna, che era in realtà la sua palestra, non costò le dimissioni da ministro per le Pari opportunità del governo Letta alla campionessa di canoa Josefa Idem? A riprova del fatto che col mattone non si scherza e si rischia molto di più che a una partita di Monopoli…