Mai prima d’ora abbiamo consumato tanta carne come in questi anni. Nel 2020 la produzione è stata di 337 milioni di tonnellate, mentre nel 1961 era di “soli” 71 milioni. Un aumento incredibile, dovuto alla crescita economica e demografica nel mondo. Secondo stime della Fao – l’Organizzazione delle Nazioni unite per l’alimentazione e l’agricoltura – nel 2022 sono stati uccisi circa 80 miliardi di animali per il consumo umano a livello globale, comprendendo nel calcolo bovini, suini, pollame, ovini e caprini. In occasione della Giornata della Terra del 22 aprile, forse è il caso di fare qualche ripassino in tema di sostenibilità.
In Italia siamo a 90 chili pro capite, soprattuto carne suina
Restando in Italia, secondo i dati del ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, nel 2020 la produzione di carne è stata di circa 7,2 milioni di tonnellate. Di queste, circa il 60 per cento è costituito da carne suina, il 20 per cento da bovina e il restante 20 per cento da pollo, coniglio, agnello e altri animali. Per quanto riguarda il consumo, per la Fao e Ismea, l’Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare, in Italia ammonta a circa 90 chilogrammi pro capite. Numeri molto alti, seppur in linea con la media europea (in Germania sono 88,6 chili, in Francia 90,2 e in Spagna 97,8 all’anno).

L’alternativa è sintetica, ma noi l’abbiamo vietata
Non ditelo al ministro Francesco Lollobrigida, ma ci sarebbero dei modi per mangiare carne e al tempo stesso salvaguardare l’ambiente: la stessa Fao lo dice in un rapporto uscito qualche settimana fa dal titolo Food safety aspects of cell-based food, dedicato alla sicurezza della carne sintetica, il prodotto alimentare ottenuto attraverso la coltivazione di cellule animali in laboratorio, senza dover allevare e uccidere animali reali. Nelle ultime settimane il tema ha animato le discussioni politiche e scientifiche in Italia, con il Consiglio dei ministri che ha approvato un disegno di legge che vieta la produzione e immissione sul nostro mercato di alimenti e mangimi sintetici. Ma la prospettiva di usufruire di un sistema di produzione riducendo la sofferenza animale e il consumo di suolo, acqua ed energia rispetto agli allevamenti tradizionali è allettante di fronte a una popolazione in continua crescita.

L’allevamento produce il 14,5 per cento delle emissioni di gas serra
Il consumo globale di carne incide profondamente sulle emissioni di gas serra, sull’impatto negativo sull’ambiente e sulla nostra salute. Stando a un recente rapporto di Chatham House, organizzazione non governativa britannica che promuove analisi e riflessioni sulle questioni di maggiore attualità internazionale, il settore dell’allevamento animale produce circa il 14,5 per cento delle emissioni globali di gas serra, principalmente sotto forma di metano e diossido di carbonio. Questo è più del totale delle emissioni dei trasporti su strada, di circa il 13 per cento del totale. L’industria della carne richiede grandi quantità di terreno per la produzione di mangimi e pascolatura degli animali, il che può portare alla deforestazione e alla distruzione degli habitat naturali degli animali selvatici, rilasciando così carbonio nell’atmosfera. In particolare, la produzione di soia e di altri cereali utilizzati per l’alimentazione animale ha portato alla distruzione di grandi estensioni di foresta pluviale in America Latina. È uno spreco enorme anche di acqua: per produrre un chilo di carne bovina sono necessari circa 15.500 litri di acqua, mentre per produrre un chilo di grano sono necessari circa 1.500 litri di acqua, secondo i dati del Water Footprint Network.

Occhio alla salute: rischio di cancro, malattie cardiache e diabete
Se da un lato la carne è una fonte importante di proteine, vitamine e minerali essenziali per il nostro organismo, dall’altro è associata ad un aumento del rischio di malattie croniche come il cancro, le malattie cardiache e il diabete di tipo 2. In particolare, le carni rosse e i salumi sono stati associati a un aumento del rischio di tumore al colon-retto e di altre malattie croniche, in parte a causa del loro contenuto di grassi saturi, colesterolo e additivi come i nitriti. Non è facile fornire numeri precisi sull’aumento di queste malattie legate al consumo di carne a livello globale, anche se studi epidemiologici della Fondazione Airc per la ricerca sul cancro hanno stabilito che il 18-21 per cento dei tumori al colon al mondo, e il 3 per cento di tutti i tumori, sono molto probabilmente legati al consumo di carni rosse e insaccati.

Quantità raccomandata: non più di tre porzioni a settimana
Un consumo modesto di carni rosse non aumenta invece in modo sostanziale il rischio di ammalarsi di cancro del colon-retto in individui a basso rischio. Il World Cancer Research Fund raccomanda non più di tre porzioni a settimana di carne rossa, che equivalgono a circa 350-500 grammi, e di evitare o limitare al massimo la carne rossa processata. Per ridurre il nostro apporto alle emissioni inquinanti e la nostra salute, basterebbe consumare ridotte porzioni di carne inserendole in una dieta bilanciata. Non è necessario diventare vegetariani o vegani, ma è possibile condurre uno stile di vita più sano per sé e per il Pianeta.