Carlo Cottarelli, l’uomo per tanti incarichi ma dai pochi risultati

Stefano Iannaccone
16/11/2022

Il "Mani di forbice" della spending review è uomo per tutte le stagioni, però con scarsi successi. Le fallite consultazioni nel 2018, la sconfitta alle Politiche 2022 contro la Santanché, lo stallo del progetto di azionariato popolare per l’Inter, ora il tramonto della sua candidatura per il Pirellone. Il profilo di Cottarelli.

Carlo Cottarelli, l’uomo per tanti incarichi ma dai pochi risultati

Un uomo per tutte le stagioni. Adatto sia sponsorizzare una forma di azionariato popolare per l’Inter, la sua squadra del cuore, sia alla candidatura per la presidenza della Regione Lombardia, oltre che ovviamente sempre pronto a discettare di economia in un prestigioso salotto televisivo davanti a milioni di spettatori. Del resto Carlo Cottarelli è pur sempre nato, almeno agli occhi del grande pubblico, come “Mani di forbice”, chiamato ad abbattere gli sprechi. Almeno nelle intenzioni. Nel 2013 infatti fu incaricato dal governo di Enrico Letta di operare la spending review in Italia: sembrava dovesse essere una rivoluzione con la razionalizzazione della spesa pubblica. Agli atti è rimasta un’esperienza pionieristica, che ha portato Cottarelli, proveniente da un incarico dirigenziale nel Fondo monetario internazionale, a parlarne in pubblico. Una ribalta mai avuta, nonostante un curriculum specchiato, dalla Banca d’Italia alle istituzioni finanziarie più prestigiose. Più volte ha illustrato la ricetta sulla spending review, fino alla stesura del rapporto che reca la sua firma. Solo che l’impatto sul bilancio statale è risultato pressoché impalpabile.

Carlo Cottarelli, l'uomo per tanti incarichi ma dai pochi risultati
Carlo Cottarelli ai tempi del Fmi. (Getty)

Senza alleanza larga, Cottarelli si è tolto dalla corsa per il Pirellone

Insomma, Cottarelli, neo senatore eletto con il centrosinistra, non conosce confini di settore, si muove, zainetto in spalla, ovunque ci sia uno spettro di visibilità mediatica, di un potenziale ruolo per occupare una casella e cercare di risolvere una grana. Anche se poi l’appuntamento viene mancato con… puntualità. La vicenda della possibile corsa al Pirellone è emblematica sulla tendenza di Mr. Cottarelli da Cremona, 68 anni: essere la soluzione teorica a tutto. Per la Regione Lombardia sembrava l’anello di congiunzione ideale con il Terzo polo, visto che in fondo ha sempre goduto della stima di Carlo Calenda, che insieme agli altri partiti liberaldemocratici lo aveva voluto alla presidenza del “Programma per l’Italia”. Ma alla fine l’ex eurodeputato ha preferito puntare su Letizia Moratti, vedendola come favorita nella competizione con il centrodestra. Senza alleanza larga, Cottarelli ha declinato, concentrandosi sull’attività a Palazzo Madama, dove è entrato grazie a un posto blindato nel listino. Infatti nel collegio uninominale di casa, che comprendeva Mantova e Cremona, il suo obiettivo era di «perdere bene» contro Daniela Santanché. Un’affermazione che rappresenta una pietra miliare comunicativa della campagna elettorale. Una sorta di manifesto per il centrosinistra. Poco male, comunque, perché alla fine almeno il seggio è arrivato (anche se non grazie allo “scontro diretto” nel suo seggio) e non è poco. Intanto l’economista ha ritrovato il modo di ribadire la sua opinione sul destino dell’amata Inter, essendo presidente del progetto Interspac che si propone di far entrare i tifosi tra gli azionisti del club: «Posso solo suggerire al futuro acquirente, chiunque esso sia, di soppesare l’ipotesi di far entrare i tifosi nell’azionariato», ha proposto di recente.

Carlo Cottarelli, l'uomo per tanti incarichi ma dai pochi risultati
Carlo Cottarelli col suo immancabile zaino. (Getty)

Il suo nome spunta spesso per il Mef o nei totoministri

Uno spirito di servizio a 360 gradi, insomma. L’esempio principe risale a qualche anno fa, quando ha risposto giustamente presente alla chiamata del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, a fine maggio 2018 dopo che sulla querelle-Savona (il ministro dell’Economia proposto dai gialloverdi ma respinto dal capo dello Stato) si era infranta la nascita del primo governo Conte. Cottarelli si mise all’opera, ma le consultazioni delinearono un quadro catartico: avrebbe rischiato di presentarsi in parlamento ottenendo una manciata di voti di fiducia. Così ha rimesso il mandato nelle mani di Mattarella. Nel frattempo l’economista si è consolato con l’attività di editorialista sui principali quotidiani, diventando ospite fisso al programma Che tempo che fa di Fabio Fazio, su RaiTre, dove ha potuto coltivare la sua immagine pubblica. Una luce mediatica senz’altro benefica, tanto che è diventato candidabile alla poltrona di ministro dell’Economia in vari governi. Il suo nome è apparso in vari totoministri, come possibile numero uno del Mef nel governo Conte II, salvo poi essere scalzato da Roberto Gualtieri in virtù di una scelta più politica. Simile situazione è avvenuta durante la formazione dell’esecutivo di Mario Draghi: Cottarelli era un nome caldo per via XX settembre. Alla fine l’ha spuntata, come è noto, il fedelissimo dell’ex premier, Daniele Franco. E così l’economista ha subito l’ennesima scottatura. A quel punto ha seguito le vicende dei soggetti liberaldemocratici, diventando un ispiratore delle tesi economiche. Ma in questo caso ha fatto tesoro delle precedenti esperienze: ha accettato l’offerta, l’unica sicura, del Partito democratico per un posto blindato nel listino plurinominale. Perché così «il perdere bene» nell’uninominale è valso a qualcosa. Un ruolo non prestigioso come altri: ma almeno, a differenza di altri, è arrivato.