In Confindustria scoppia il malumore nei confronti di Bonomi dopo la candidatura alla Lega Calcio
Guai in vista per Bonomi. La candidatura alla Lega Calcio non è andata giù agli imprenditori. A maggio scade il primo biennio di presidenza e la base potrebbe presentargli il conto.
Grande è il malumore nelle ovattate stanze di Confindustria. E ancora fi più dopo il comitato di presidenza straordinario convocato da Carlo Bonomi dalla sua vacanza maldiviana sabato 19 febbraio. Ai colleghi riuniti in remoto dopo l’inattesa convocazione il presidente ha sostanzialmente detto due cose. Primo che lui non ha cercato la candidatura a numero uno della Lega di serie A ma gliel’hanno offerta i notabili del pallone nel disperato tentativo di trovare qualcuno che salvi il calcio italiano. Secondo che non ha alcuna intenzione di chiamarsi fuori dall’agone e, nel caso di elezione, di lasciare contestualmente la guida degli imprenditori italiani. Due incarichi che, secondo Bonomi, possono tranquillamente coabitare. Ma non la pensano così la maggioranza dei suoi associati, che da quando Tag43 ha dato la notizia della sua candidatura non si danno pace.

E tra i più critici si segnalano le due imprenditrici che furono tra i sostenitori più caldi all’ascesa dell’ex capo di Assolombarda a viale dell’Astronomia, ovvero Emma Marcegaglia e Diana Bracco. Il motivo è stato esplicitato in molte telefonate che quest’ultimo fine settimana sono intercorse tra i big dell’associazione. Ammesso e non concesso che venga eletto, e che le due poltrone non siano dal punto di vista statutario incompatibili, con che faccia Bonomi chiederà soldi al governo per sistemare i disastrati bilanci delle squadre (gestiti in spregio a ogni sana e prudente amministrazione) mentre molte aziende in crisi post Covid combatteranno per la loro sopravvivenza? Intanto da Palazzo Chigi arriva un’indiscrezione piuttosto sorprendete: il premier e il suo consigliere economico Francesco Giavazzi avrebbero fatto il nome di Lorenzo Bini Smaghi, ex membro del board della Bce, per la poltrona che fu di Paolo Dal Pino.
da Dagospia
La scriteriata accettazione da parte di Carlo Bonomi di concorrere alla candidatura di Presidente della Lega di Serie A – al di là del fatto che finora si è risolta in una misera figura “alla Casellati” (non è stato votato neppure dai suoi associati) – sta creando una sorta di rivolta in Confindustria. Dove tutti, dai più grandi ai più piccoli, attaccano Bonomi per aver dato la propria disponibilità a un incarico così mediatico e controverso senza aver prima – come Dago anticipato – né consultato né informato i membri del Consiglio di Presidenza, che pure si è tenuto di recente a viale dell’Astronomia. Non solo, dopo aver gettato il dado (attraverso l’amico Tommaso Giulini, presidente del Cagliari e compagno di fede interista Giuseppe Marotta dell’Inter, con la regia milanista di Paolino Scaroni e juventina di Andrea Agnelli) è scomparso del tutto, ufficialmente per un ‘’viaggio di nozze’’ alle Maldive con la pimpante Veronica Gervasio, con il cellulare spento. Un comportamento inaccettabile per molti industriali che amplifica di molto il malcontento generale dell’Associazione verso Bonomi, già in essere ben prima della penosa scivolata sul calcio. È la decennale, forse millenaria, storia di chi arriva a Roma e oltre che dalle bellezze della città si fa conquistare anche da quella delle sue donne. Nel recente passato è successo a diversi manager nordici di avere una mutazione genetica appena giunti nella Capitale. Forse il caso più celebre è quello del teutonico Tatò, soprannominato Edward Mani Di Forbice, che approdato all’Enel perse tutto il suo grigio pragmatismo a causa di Sonia Raule, bella padovana anche lei emigrata a Roma.

C’è Scaroni dietro la decisione di Bonomi accettare la candidatura alla Lega Calcio
Ora nei salotti confindustriali si guarda stupiti a un altro cambiamento: quello del presidente Carlo Bonomi, che, proseguendo nella tradizione, appena arrivato a Roma ha incontrato l’amore. Quello per Veronica Gervaso, bella giornalista Mediaset, con la quale è appena convolato a nozze. È lei ormai la sua consigliori. Bonomi ha chiuso tutte le vecchie relazioni con i suoi storici grandi elettori (Bracco e Tronchetti, meno con Rocca) e si fa guidare dalla figlia del grande Roberto. Ma dietro la decisione di accettare la candidatura alla Lega Calcio si staglia la silhouette di Scaroni, che è ricicciato con la presidenza del Milan dal cono d’ombra dell’Eni. Da Nord a Sud, il tessuto confindustriale ribolle. Già Bonomi è considerato da molti una delusione. Arrivato a Roma si è arroccato, non ha rispettato i patti elettorali, come quello che voleva il pirelliano Antonio Calabrò succedergli alla presidenza di Assolombarda, e ha cominciato a litigare con i veneti, che pure lo avevano votato in modo massiccio.

Le territoriali sul piede di guerra contro il presidente di Confindustria
Ora questa beffa. In un momento decisivo per l’economia, con le aziende che stanno provando a fatica a uscire dalla pandemia e che sono strozzate dal caro energia, il buon Bonomi accetta una carica impegnativa come quella della Lega, ruolo che ha cucinato manager di ben altro spessore come Gaetano Micciché e Paolo Dal Pino. Egli sostiene che Confindustria lascia un sacco di tempo libero, ma la verità, sussurrano nelle telefonate i presidenti delle territoriali, è che l’errore è stato fatto quando si è nominato come presidente un non imprenditore, uno che non ha reddito, e quindi da qualche parte lo deve cercare. Già aveva fatto storcere il naso quando aveva accettato la nomina a presidente della Fiera di Milano, che garantisce 200 mila euro di emolumento, ma quello è un incarico di facciata, che occupa qualche mezza giornata al mese. La Lega Calcio è invece un’occupazione a tempo pieno, però con una adeguata remunerazione. Così, mentre non si sa se Bonomi diventerà effettivamente presidente della Lega, in Confindustria aspettano il ritorno dello sposino dal viaggio di nozze per presentare il conto. A maggio scade il primo biennio di presidenza. Solitamente è un traguardo dove per statuto si fa il tagliando alla squadra e non al presidente. Ma la base ribolle. Così non è da escludere che il buon Bonomi possa essere il primo presidente della storia di Confindustria a non sopravvivere al midterm e si aprirebbe un altro bel problema: la necessità di nominare un reggente, cosa difficilissima in un contesto attuale.