Un dettaglio, spesso, fa la differenza. Anche se si parla di Caravaggio e della celeberrima Cena di Emmaus (1601-1602), tra i capolavori più apprezzati della National Gallery di Londra. Catturato dall’imponenza della scena principale, che raffigura Cristo risorto, l’occhio non si sofferma su due rametti di vimini che sfuggono dall’impagliatura del cesto di frutta e che, intrecciandosi, formano la sagoma di un pesce. Il simbolo centrale del cristianesimo. Passato inosservato per oltre quattro secoli, da quando il nobile Ciriaco Mattei commissionò il quadro all’artista nel 1601, questo particolare trasforma La Cena di Emmaus in una sorta di manifesto religioso, carico di significati. Lo spiega in un bell’articolo sul sito della Bbc il critico d’arte inglese Kelly Glover.

Ichthys, il pesce simbolo della cristianità
La scena della cena è ispirata a un passo del Vangelo di Luca, che vede protagonista Gesù risorto e i discepoli Cleofa e Luca. Il primo, sulla sinistra, è sorpreso e impaurito. Il secondo, a destra, agita le braccia quasi a ricordare la postura di Cristo sulla croce. In mezzo, il locandiere, all’apparenza indifferente. Catturando questa momento, Caravaggio fotografa l’istante esatto in cui Cristo lascia il mondo terreno. Sulla tavola si trova un cesto di frutta. Ma quella che sembra essere una semplice natura morta, in realtà, non lo è affatto. Perché, nell’irregolarità di un intreccio curato con estrema precisione, si nasconde la figura dell’Ichthys, il pesce stilizzato spesso rinvenuto sulle pareti delle catacombe romane. Ai tempi delle persecuzioni tra il I e IV secolo, l’Ichthys veniva presumibilmente utilizzato come segno di riconoscimento segreto. Quando un cristiano incontrava uno sconosciuto di cui doveva testare la lealtà, tracciava nella sabbia uno degli archi che componevano il disegno. Se l’altro era in grado di completarlo, i due si riconoscevano a vicenda. Le lettere greche che compongono la parola formano un acrostico che, in italiano, si traduce con l’espressione Gesù Cristo, figlio di Dio, Salvatore. Ma non è tutto: a livello simbolico, la scelta del pesce rimanda al ruolo salvifico che l’animale svolge tanto nel Libro di Giona quanto nel Libro di Tobia. E nel Nuovo Testamento, nel celebre episodio della moltiplicazione, i pesci sono associati al pane che, ovviamente, richiama la figura di Gesù stesso.

Le differenze con la seconda Cena di Emmaus a Brera
Illuminando soltanto una parte del pesce e posizionando l’altra all’ombra, Caravaggio lascia all’osservatore la scelta di vedere o meno quel particolare e coglierne il significato più nascosto. Quel che è certo è che non si tratta affatto di una casualità. Lettura ulteriormente confermata dall’ombra di un altro pesce, ben visibile alla destra del cestino, riflessa sulla tovaglia bianca che ricopre il tavolo. Cinque anni dopo, l’artista ha recuperato il soggetto per riproporlo in un’altra versione, oggi in mostra alla Pinacoteca di Brera a Milano. La scena però sembra molto meno incisiva e più cupa rispetto alla prima. Il cestino di frutta è sparito e, più che misticismo religioso, vi si leggono riferimenti più intimi all’angoscia che ha segnato l’ultima parte della vita di Michelangelo Merisi, che morirà di lì a poco, il 18 luglio 1610.