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Tag Tales

È scattato il 2022, qualcuno mi ha dato un bicchiere di champagne e qualcun altro ha acceso una sigaretta che avevo fra le labbra da mezz’ora. Avevo quasi dimenticato che in realtà sono qui a Parigi sulle tracce di mio zio latitante dal 1980. Il racconto di Capodanno.

1 Gennaio 2022 10:092 Gennaio 2022 09:33 Andrea Frateff-Gianni
passare l'ultimo dell'anno a parigi come borghesi

31 dicembre 2021. Dato che da terzodosati Omicron ci rimbalza addosso come i proiettili su Superman, io e Ofelia siamo arrivati ieri a Parigi con il nuovo treno ad alta velocità partito dalla stazione centrale di Milano. Così adesso siamo seduti su una panchina davanti al Louvre, vicino alla piramide di vetro dell’ingresso, e portiamo entrambi gli occhiali da sole. Ofelia indossa un abito nero di Isaac Mizrahi sotto un cappotto lungo di Prada e io alzo il bavero della mia giacca marinara per il freddo anche se sotto ho un maglione Massimo Piombo 12 fili del pregiatissimo cachemire scozzese Todd & Duncan, globalmente riconosciuto come il cachemire migliore al mondo. Siccome sto congelando mi accendo una sigaretta, getto uno sguardo furtivo alla Senna e attendo l’orario dell’appuntamento con la sorella di Ofelia, Cleopatra, e il suo fidanzato Bob, con i quali dovremmo trascorrere la sera di Capodanno, a bordo della loro nuova casa galleggiante ormeggiata di fronte alla Tour Eiffel.

il racconto di capodanno di Tag43
L’interno della péniche sulla Senna.

Oggi vivere in una casa galleggiante nel centro di Parigi è diventata la scelta più economica rispetto al mattone, ormai proibitivo nel centro della città, dove il metro quadrato supera i 12 mila euro. «Ho un grande soggiorno e una terrazza, la mattina mi svegliano le papere, sembra di vivere in campagna ma sono nel cuore di Parigi», dice Cleopatra, che tutti in famiglia chiamano Clèo, tre ore più tardi davanti ad un caffè in un bistrot di Rue du Faubourg Saint-Honoré, mentre Bob legge su Le Figaro un articolo che riassume le assurde dichiarazioni di Zemmour, un ex giornalista psicopatico di estrema destra candidato alle future elezioni presidenziali che con il suo partito Reconquête ha raccolto l’adesione di 60 mila persone in soli 10 giorni. «Non ha filtri, dice quello che pensa, mi piace», dice Bob. «E in più sta mietendo consensi anche tra i giovani di buona famiglia francesi, quelli che piacciono tanto a te Conte, con le Clarks e il maglione a collo alto da esistenzialisti». «Meglio non parlare di politica, vecchio mio», rispondo, «piuttosto illustrami questa balzana scelta di vendere la vostra splendida barca a vela, alla quale tra l’altro ero molto affezionato, e trasferirvi qui, su una mastodontica chiatta. Trovo il tutto sinceramente piuttosto singolare». «Conte», mi interrompe delicatamente Bob, «innanzitutto si chiamano péniche e non chiatte e poi semplicemente perché al mare è tutto più complicato. Meteo, costi di gestione, manutenzioni frequenti. Qui è tutto più facile e poi, siamo a Parigi! Che vuoi di più?».

Negli Anni 60 vivere su una barca attraccata sulle rive della Senna era un modo, economico e poco regolamentato, per sfuggire ai riti borghesi. Oggi la cercano dirigenti d’azienda, liberi professionisti, gente della tv

Bob è il fidanzato della sorella di Ofelia, Cleopatra, che tutti in famiglia chiamano Clèo, più o meno da una decina d’anni. Bresciano, ricco sfondato, ex pilota di Formula 3 e asso della vela, con una Ferrari Dino 246 GT parcheggiata in box, ha conosciuto la sister durante una regata Pirelli a Santa Margherita a bordo di una barca americana di 24 metri progettata dallo statunitense Michael William Langan chiamata Sagamore. A Portofino lo conoscono tutti, un po’ perché gira in riviera sempre in infradito e bermuda con una Fiat Bizzarrini 500 d’epoca color carta da zucchero e un po’ perché ha da anni ormeggiato al porto il suo Swan 77, che gentilmente mi concede di utilizzare come casa durante la stagione estiva, mentre mi esibisco come barman dietro al bancone della Gritta di Maurizio Raggio in Piazzetta. O più precisamente che mi concedeva, prima di decidersi di venderlo e trasformarlo in Giséle, una péniche di quasi 150 metri quadrati, sulla quale, appunto, si è trasferito a vivere recentemente qui, su l’Île de France. «Negli Anni 60 vivere su una barca attraccata sulle rive della Senna era un modo, economico e poco regolamentato, per sfuggire ai riti borghesi. Oggi la cercano dirigenti d’azienda, liberi professionisti, gente della radio e della tv», dice Cleopatra, che tutti in famiglia chiamano Clèo, «figure sociali che trovano nella péniche il modo di non rinunciare alla vista su Nôtre Dame o la Tour Eiffel. Non lo trovate fantastico?», domanda. «Abbastanza sister, abbastanza», rispondo incerto, «anche se francamente preferivo lo Swan».

capodanno a parigi
La péniche attraccata lungo la Senna.

 

Nel frattempo Ofelia non apre mai bocca, guarda il pacchetto di Gauloises rosse, che non fuma, e il bicchiere mezzo pieno di Côte du Rhône, che non beve, e forse sta pensando che questo le sembra il giorno più lungo dell’anno e ricorda, osservando le luminarie sulla strada, un certo albero di Natale della sua infanzia, ma non tanto l’albero quanto le decorazioni che lo ricoprivano, e poi forse ricorda i tempi in cui ventenne frequentava la facoltà di psicologia a Roma e i corsi sarebbero iniziati da lì a una settimana e il suo fidanzato, nipote di un noto politico, a Capri si era appena tolto la vita, spinto da una forza incomprensibile e impossibile da valutare. O forse sta semplicemente pensando al primo periodo in cui stavamo assieme allo Squat Konkordia e si era appena separata da suo marito. Magari sta pensando proprio a quella notte. Ci scappò il morto, quella notte, allo Squat Konkordia e la cosa destò un certo clamore. I giornalisti erano qui sotto a fotografare ancor prima che arrivassero sia le ambulanze che le forze dell’ordine. Quando arrivarono, gli sbirri, fecero un gran baccano e io non ebbi nemmeno il tempo di rendermi conto di cosa stesse succedendo che mi sfondarono la porta e me li ritrovai davanti in tenuta antisommossa e con i mitra spianati. Un risveglio decisamente rock. Ultimamente il Konkordia, o lo “squat” come semplicemente lo chiamavamo noi, era saltato alla ribalta delle cronache per via di un’installazione che un writer abbastanza celebre in città aveva fatto durante un’incursione notturna. Il Comune non la aveva definita illecita e si erano spese un mucchio di parole sulla street art e compagnia bella senza che nessuno si preoccupasse di andare a vedere il perché e il per come quell’ex palazzo patrizio a pochi passi dal centro era diventato il rifugio di scoppiati e diseredati di ogni genere. Girava eroina al Konkordia e lo sapevano tutti. Poco importava che il kollettivo, autoproclamatosi KK, lo abbia negato allo spasmo fino all’ultimo. Ci si bucava qui dentro, tra le finestre murate e il cartello con sopra scritto “vietato l’ingresso ai non addetti ai lavori”.

 

capodanno a parigi e ricordi di Milano
Lo squat Konkordia.

Morì una ragazza quella notte, e al mattino la ritrovarono, riversa sul letto, con la siringa ancora conficcata nel braccio. La ragazza in questione poi non era proprio una qualunque ma la giovane ereditiera di una delle più importanti dinastie dell’editoria made in Italy. Questo dettaglio fece scatenare la stampa che ci ricamò sopra per giorni e giorni con articoli a nove colonne in prima pagina e speciali in seconda serata sulle reti di Stato. Quella fu l’ultima notte che dormii al Konkordia perché in seguito alla tragedia lo squat venne chiuso in fretta e furia e a nessuno di noi fu più permesso di tornarci. Trentadue anni di ponteggi, di acquisti e vendite repentine, di guai giudiziari e pavimenti mai calpestati, la storia dello stabile al civico 1 di Corso Concordia, oggi trasformato in mega albergo di lusso, è ironica e singolare al tempo stesso. Ironica per quanto mi riguarda, singolare per il resto del mondo. Il palazzo è stato costruito dalla Facchin & Gianni, l’impresa di famiglia fondata da mio nonno. (Ho sempre trovato curioso il fatto che io anni dopo ci sia finito ad abitare abusivamente, una volta cacciato dall’appartamento di via Mozart, messo sotto ipoteca per colpa di mio padre). Al fallimento della società di famiglia dalle cui ceneri nasce la Inim di Filippo Alberto Rapisarda (l’imprenditore siciliano che alla fine degli Anni 70 è a capo del terzo gruppo immobiliare del Paese e che da lì a poco sarà investito da uno tsunami di bancarotte e avvisi di garanzia), la malasorte ha iniziato a soffiare sul palazzo di Piazza Tricolore che allegoricamente ho sempre considerato come simbolo di sventura e decadenza. Fino a quando a interrompere l’incantesimo non è arrivata Ofelia. Quella fu infatti la prima notte che passammo assieme.

Poi è scattato il 2022, qualcuno mi ha dato un bicchiere di champagne e qualcun altro mi ha acceso una sigaretta che avevo fra le labbra da mezz’ora e io avevo quasi smesso di pensare che in realtà sono qui sulle tracce di mio zio Paolo

Più tardi è quasi mezzanotte e io sono stravaccato nel gigantesco salone di Giséle su una poltrona di pelle nera mentre Bob, avvolto in un abito fatto su misura a Savile Row, scalzo e senza cravatta, continua a riempirmi il piatto di astice alla catalana e gli odori che aleggiano nella barca sono un misto di dragoncello, bergamotto e muschio bianco. Continuo ad accarezzare un gatto in ceramica appollaiato di fianco alla poltrona sulla quale sono seduto e di tanto in tanto lancio un’occhiata a un grosso libro con sopra scritto Borghesia violenta che mi sono portato da Milano e che mi ricorda il vero motivo per il quale sono a Parigi, capodanno e péniche a parte. Poi è scattato il 2022 e qualcuno mi ha dato un bicchiere di champagne e qualcun altro mi ha acceso una sigaretta che avevo fra le labbra da mezz’ora e io avevo quasi smesso di pensare che in realtà sono qui sulle tracce di mio zio Paolo, che non ho mai conosciuto e che wikipedia definisce essere un terrorista italiano che è stato leader delle Formazioni comuniste combattenti, latitante a Parigi dal 1980, anno in cui sono nato.

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