Dal marciapiede alla fama grazie a un video postato su Youtube. Quella di Noor Mohammad Shah sembra una storia da film ma non lo è affatto. Un incontro fortunato con un gruppo di passanti che lo hanno notato mentre suonava il rabab in strada lo ha trasformato in uno dei musicisti più famosi e più richiesti in India.
Un musicista di strada portato al successo dal web
Nato in un piccolo villaggio del Kashmir, Shah ha imparato a conoscere il misterioso mondo della musica sufi (genere ispirato ai canti votivi usati nelle cerimonie religiose del sufismo, la dimensione più mistica dell’Islam) sin da bambino e, per oltre dieci anni, si è dedicato a far conoscere il ricchissimo patrimonio delle canzoni tradizionali, esibendosi a matrimoni e festival locali. Fino a quando la melodia del suo rabab non ha destato l’attenzione di una comitiva di giovani ragazzi che, rapiti dalla sua voce, gli hanno chiesto di cantare qualcosa per loro e hanno scelto di catturare quel momento con il cellulare. È stata proprio quella canzone su un amore perduto a cambiargli la vita. «Quello è stato il mio primo video», ha raccontato il 55enne in un’intervista al Guardian, «Non avevo mai avuto alcun contatto col web. Da quel giorno, nulla è più come prima».
Da una clip sgranata all’esordio nel mondo della musica
Postata all’insaputa di Shah, la clip (per quanto di bassa qualità) è diventata virale e ha catturato l’interesse di numerose etichette discografiche indiane e colleghi musicisti. Tra questi anche Muhammad Muneem, fondatore di una delle band più popolari del Kashmir, gli Alif. Nel 2018 i due hanno registrato un duetto insieme, Ride Home che, a pochi mesi dall’uscita, aveva già monopolizzato le tendenze di Youtube e raccolto più di 3.5 milioni di visualizzazioni. Da quell’esordio nella musica, Shah è diventato una vera e propria celebrità e ha girato l’India per concerti e performance. Da Delhi a Mumbai, passando per Jaipur. «Quando è uscita la nostra collaborazione, Shah mi ha chiamato per dirmi che la gente aveva iniziato a fermarlo per chiedergli un autografo o fare una foto con lui», ha raccontato Muneem.
La nuova vita del genere sufi
L’exploit del musicista 55enne non è stato straordinario soltanto per il percorso che lo ha portato alla fama ma, soprattutto, per il genere musicale su cui ha catalizzato l’attenzione del grande pubblico. La tradizione dei cantanti Sufi in Kashmir, abituati a esibirsi nei mehfils, serate di musica e poesia generalmente frequentate dai dervisci (membri di una confraternita religiosa musulmana, eremiti o santoni solitari), risale a parecchi secoli fa. Nel 1990, la violenta rivolta dei separatisti (quando decine di migliaia di indù, nativi del Kashmir, furono cacciati dalla regione da parte di alcuni gruppi islamici) ne ha tragicamente incentivato la scomparsa: i militanti musulmani imposero una visione più rigorosa della religione, disponendo veti sulla vita notturna e la cancellazione degli eventi durante i quali il genere veniva proposto e fatto conoscere.
Molti artisti della generazione di Shah si sono ritirati, le televisioni e le radio non hanno più mandato alcuna canzone perché giudicate anacronistiche per le nuove generazioni. Ecco perché il suo successo è stato provvidenziale: ha dato nuova linfa ai pezzi e li ha sdoganati nel panorama musicale mainstream, incuriosendo anche i giovanissimi. Il suo ultimo singolo, Janaan, distribuito da Zee Music, una delle società di intrattenimento più famose di Nuova Delhi, è diventato una vera e propria hit e il videoclip conta già 2 milioni di views. La sua esperienza ha spinto Muneem a documentare il lavoro di altri colleghi che si dedicano a intonare le melodie Sufi, pubblicando filmati e registrazioni su YouTube nel tentativo di preservare questo patrimonio culturale dall’estinzione. «Vogliamo far conoscere questi nomi, vere e proprie gemme della nostra terra», ha precisato, «Fanno questo mestiere da anni e se non li aiutiamo, li perderemo». Intanto, nonostante i grandi numeri e il riscontro mediatico, Shah è rimasto quello di sempre e continua a vivere una vita semplice e lontana dai riflettori. «Quando ho iniziato, il folk in Kashmir era sparito nel nulla, anche la lingua era appannaggio di pochi. Ora è tutto diverso ed è bellissimo».