Tutti vogliono fare il premier: le auto candidature dei leader

Stefano Iannaccone
26/07/2022

La Meloni sogna Palazzo Chigi guardando i sondaggi. Ma Salvini spera nella rimonta e Forza Italia vuole proporre Tajani per rassicurare Bruxelles. Letta ha detto che il front runner è lui, a sinistra tirano la giacchetta a Draghi e pure Calenda si è proposto. Tutte le (auto) candidature in corsa.

Tutti vogliono fare il premier: le auto candidature dei leader

Elezioni con vista Palazzo Chigi. Da Giorgia Meloni a Enrico Letta, tutti i leader, in cuor loro, sognano di farsi passare la campanella da Mario Draghi e assumere la guida del futuro governo. Nel centrodestra il tema è quantomeno elettrico, provocando fibrillazioni di ogni tipo. La leader di Fratelli d’Italia non pensa ad altro: tutti i sondaggi segnalano in testa il suo partito, tra il 22 e il 23 per cento, con il Partito democratico che lo tallona. Ma gli alleati di centrodestra sono a distanza di sicurezza con un distacco di una decina di punti. Per questo Meloni è stata categorica, arrivando a minacciare la rottura della coalizione: «Se non dovessimo riuscire a metterci d’accordo non avrebbe senso andare al governo insieme». Nessuno crede davvero che si arrivi a questo, perché sarebbe un assist troppo facile agli avversari. Ma tanto basta a far comprendere il clima che si respira.

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Giorgia Meloni con Matteo Salvini e Antonio Tajani. (Getty)

Forza Italia pensa alla carta Tajani grazie alla sponda col Ppe

L’unità del centrodestra si rivela così un mero calcolo elettorale, le divisioni emerse nelle scorse settimane sono sempre presenti fin dall’indicazione del nome che dovrà puntare alla conquista di Palazzo Chigi. Il segretario della Lega, Matteo Salvini, è quello più cauto: «Il prossimo premier lo scelgono gli italiani», riproponendo che «chi prende un voto in più va a Palazzo Chigi». Perché, in fondo, l’ex ministro dell’Interno spera in un colpo di scena, in un fallimento dei sondaggi e una sua affermazione sull’avversaria, magari con una rimonta in campagna elettorale. Ma la guida dell’esecutivo interessa molto, eccome, pure a Forza Italia, che vuole far pesare un fattore: è la forza moderata dell’alleanza. Silvio Berlusconi ha detto che il «tema non lo appassiona», evitando di incoronare Meloni. Quindi nessun accordo preventivo, se ne parlerà in un secondo momento, a risultato acquisito. A quel punto gli azzurri potranno cercare la sponda del Partito popolare europeo e spingere Antonio Tajani verso la presidenza del Consiglio, con un ruolo da garante per Bruxelles.

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Carlo Calenda. (Getty)

Nel centrosinistra c’è la corsa a candidare Draghi. A sua insaputa

Insomma, il desiderio di Palazzo Chigi, a due mesi dall’esito del voto, anima varie figure e già spacca le alleanze. E non va diversamente sull’altro versante, nel centrosinistra, dove c’è la competizione a candidare Mario Draghi, a sua insaputa. O comunque senza averlo interpellato, dato che il diretto interessato ha fatto sapere di non essere attratto dall’offerta. Matteo Renzi, nell’attesa di capire quale sarà la collocazione di Italia viva alle elezioni, ha già ribadito che farà di tutto per lasciare l’ex presidente della Bce alla guida del prossimo governo. Sogna «un ribaltone dei sondaggi» o in alternativa «a un pareggio che permetta di ripartire da Draghi». Su questo punto c’è sintonia totale con il numero di Azione, Carlo Calenda: «C’è una sola persona che bisogna tenere a fare il presidente del Consiglio e si chiama Mario Draghi». Parole sovrapponibili con quelle dell’ex Rottamatore, che potrebbero essere la base di un‘intesa elettorale. Certo, Calenda con solerzia ha subito corretto la rotta: «Se domani Draghi dicesse che non è disponibile allora mi candiderei io». Renzi non ha avuto tanto ardire. Insomma, in assenza d’altro l’ex candidato al Campidoglio è pronto a fare questo immane sforzo di proporsi come premier.

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Enrico Letta. (Getty)

Letta punta a giocarsi le sue chance con Mattarella in caso di stallo

E sul punto Enrico Letta, forte della crescita indicata dagli ultimi sondaggi, vuole mettere il tavolo un dato inoppugnabile: il Partito democratico è la prima forza del campo di centrosinistra. Quindi il «front runner della campagna elettorale» sarà lui stesso, in quanto «punto di riferimento lista per una Italia democratica e progressista». Il segretario dem la racconta come una «responsabilità», ben consapevole che si potrebbe tramutare in un’opportunità. Nel caso in cui la lista riuscisse a strappare un voto in più rispetto alle altre, compresa Fratelli d’Italia, Letta potrebbe rivendicare l’incarico dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella per provare a formare un governo. Una missione quasi impossibile. Ma con la fame di Palazzo Chigi che c’è, ogni tentativo verrà posto in essere.