Avere lobby della politica

Luca Di Carmine
20/07/2021

David Cameron è accusato di aver fatto pressioni sul governo Johnson per conto della Greensill Capital. Ora Londra corre ai ripari. Da Schröder a Barroso, quando il conflitto di interessi degli ex è dietro l'angolo.

Avere lobby della politica

Un divieto, fino a cinque anni dalla fine della carica pubblica, da qualsiasi consulenza o rapporto di lavoro con potenziale conflitto di interesse e azioni di lobby. È la proposta che la commissione sugli standard di vita pubblica britannica dovrebbe formulare già prima della fine di quest’anno in risposta allo scandalo che ha colpito David Cameron pochi mesi fa. L’ex premier Tory, uscito di scena con la Brexit, è stato accusato di aver fatto pressione sull’attuale governo di Boris Johnson per conto della Greensill Capital, una società di servizi finanziari fallita per insolvenza l’8 marzo di quest’anno. Stando ai riscontri, Cameron ha inviato messaggi telefonici a diversi ministri e consiglieri per chiedere di cambiare le regole a favore della compagnia per la quale era consulente. Obiettivo: consentire anche alla Greensill di ottenere aiuti per l’emergenza pandemica del Covid-19.

Jonathan Evans a capo della commissione per contrastare gli abusi

Non è la prima volta che esponenti di spicco della politica finiscono nel mirino per questi episodi. Nel 1994, il quotidiano The Guardian denunciò l’operato di due parlamentari conservatori accusando Ian Greer, il lobbista più potente a Westminster, di averli corrotti per conto di Mohamed-Al-Fayed, noto proprietario dei grandi magazzini Harrods a Londra. L’allora primo ministro John Major corse ai ripari istituendo una commissione. Il prescelto a guidarla fu lord Michael Nolan, ex giudice che elaborò un codice di condotta etico (i sette principi della vita pubblica o principi di Nolan). Ma questi paletti non sembrano più sufficiente ad arginare i casi di malaffare. Anche stavolta Londra ha assegnato a un pezzo da novanta, l’ex capo dell’ente per la sicurezza e il controspionaggio del Regno Unito nonché membro della House of Lords Jonathan Evans, la presidenza della commissione incaricata di studiare nuove misure per contrastare abusi in futuro. Stando alla bozza presentata, il divieto di due anni in vigore andrebbe esteso a ogni figura pubblica con significativa responsabilità. Ma il limite è, comunque, inappropriato in caso di ruoli molto rilevanti o di lungo corso: in tal caso, si dovrebbe arrivare fino a cinque anni di divieto. Secondo la relazione, non ci sono controlli opportuni sulle consulenze, molte delle quali celano un ruolo da lobbista. Inoltre, non ci sono sanzioni adatte in caso di violazioni delle regole. E non è tutto.

pressioni lobby e porte girevoli: le ombre sugli ex politici
L’ex cancelliere tedesco Gerhard Schroeder passato alla russa Gazprom (Getty Images).

Il precedente russo di Gerard Schröder

Dal caso di Cameron è emerso che telefonate e messaggi sms o whatsapp non sono inclusi negli atti da registrare al fine delle trasparenza. Ma tracciare solo videochiamate e appuntamenti per incontri di persona, come si è visto, può non bastare. Del resto, che la “seconda vita” di un politico si trasformi spesso in un intreccio di “relazioni pericolose” con il mondo del business è ormai noto. Fecero rumore gli ingaggi dell’ex cancelliere tedesco, Gerard Schröder. Il socialista che guidò la Germania da ottobre 1998 a novembre 2005, una manciata di mesi dopo la fine del suo mandato, accettò di essere capo del consiglio di sorveglianza della società russa Gazprom. Un incarico da un milione di euro all’anno molto chiacchierato, visto che il gigante dell’energia aveva concluso un contratto più che vantaggioso per il gasdotto dalla Russia durante il suo governo. Nel 2012, lo stesso Schröder fu nominato direttore dalla compagnia russa Rosneft, secondo produttore di barili di petrolio al mondo. Il compenso, secondo quanto riportato dai giornali tedeschi dell’epoca, avrebbe toccato i 3 milioni di euro annui. Non solo.

I numeri delle porte girevoli nelle istituzioni Ue

Corporate Europe, osservatorio sulle istituzioni Ue, ha esaminato il fenomeno delle revolving door: le porte girevoli che conducono a società private una volta concluso l’incarico pubblico. Quattro dei cinque direttori generali responsabili del regolamento bancario e finanziario a Bruxelles sono finiti a lavorare per l’industria finanziaria. Un terzo dei capi unità della Commissione europea è stato assunto da grandi società private. Dalla fine del mandato parlamentare nel 2014, 185 eurodeputati (su un totale, allora, di 766) hanno indossato la casacca da lobbisti. Fra questi Sharon Bowles, a capo della commissione parlamentare economica e monetaria, diventata direttore non esecutivo della Borsa di Londra. Ben 13 dei 27 commissari europei usciti nel 2014, poi, sono passati in agenzie o società di lobby. Nel 2017 Transparency International EU, no-profit che controlla le lobby, ha analizzato le carriere di 512 tra ex commissari e membri del Parlamento a seguito della loro dipartita. Ebbene, il 50 per cento degli ex commissari e il 30 per cento degli ex eurodeputati lavoravano per organizzazioni iscritte al registro delle lobby. Secondo il rapporto, le società assumono quanti hanno lavorato nelle istituzioni europee per guadagnarsi un ponte con il policy e il decision-making.

l'attività di lobbying degli ex politici: da Cameron a Barroso
L’ex presidente della Commissione Ue Jose Manuel Barroso (Getty Images).

Barroso e il conflitto di interesse legalizzato

Un caso limite è quello che ha coinvolto l’ex presidente della Commissione europea, Josè Manuel Barroso. Già primo ministro del Portogallo dal 2002 al 2004, il politico è rimasto ininterrottamente a Bruxelles per due mandati (dal 2004 al 2014). Ma, da luglio 2016, è presidente non esecutivo e advisor della filiale europea della banca d’affari Goldman Sachs. Contro questa nomina si scatenò un putiferio nel quartier generale della capitale belga: i funzionari europei raccolsero 152.960 mila firme con una petizione online per chiedere misure immediate contro di lui, lamentando che i rapporti con le banche nella crisi finanziaria dei mutui subprime (dal 2007 in poi) erano stati uno dei punti più delicati dell’attività istituzionale del capo dell’esecutivo Ue. La rivolta montò anche perché Barroso continuava a percepire da Bruxelles uno stipendio buonuscita proprio per evitare altri incarichi: un assegno pari al 60 per cento dell’ultima busta paga di circa 15 mila euro al mese. Quindi, al “conflitto di interesse” si univa il danno economico e di immagine per le istituzioni europee. Ma tutto è finito in un buco nell’acqua. Le norme interne per il personale europeo vietavano rapporti di lavoro con i privati nei primi 18 mesi dalla fine del mandato, mentre il contratto era stato firmato 20 mesi dopo. Bruxelles ha esteso il limite a due anni. Nel frattempo, l’ex presidente della Commissione europea, oggi 65enne, è tuttora in carica e fa anche l’ospite d’onore per conferenze e serate. Si può prenotare un suo speech con un meeting virtuale (online) o in presenza su diverse piattaforme. Su JLA, la più grande agenzia inglese di conferenzieri e relatori (oltre 2.500 eventi curati ogni anno in tutto il mondo), Barroso è quotato fra gli speaker top rated: per averlo a cena, occorre mettere in budget più di 25 mila sterline (pari a circa 30 mila euro). Su All American Speaker, l’agenzia fondata a New York dall’ex agente sportivo Greg Friedlander, le tariffe sono calcolate in base agli impegni in agenda, alla durata dell’intervento e alla location. Ma si può arrivare anche oltre i 100 mila dollari. Del resto, allo stesso David Cameron finito ora sotto i riflettori, un’ora di discorso sulla Brexit tenuto a novembre 2016 davanti al gotha della finanza statunitense a New York 6 aveva fruttato 120 mila sterline. Gli ex premier, insomma, non cadono così facilmente nell’oblio.