La crisi dell’albero

Camilla Curcio
23/12/2021

Il cambiamento climatico ha provocato la distruzione delle piantagioni di abeti in Oregon, mettendone a rischio il primato di maggior produttore degli Stati Uniti. Tra chi ha già chiuso e quanti provano a resistere, le soluzioni degli imprenditori per contenere i danni.

La crisi dell’albero

Nell’Oregon, Stati Uniti, quello di quest’anno non sarà un Natale da ricordare. Il caldo, la siccità e le alte temperature che hanno tormentato l’America nei mesi estivi, tra le altre, hanno avuto quale conseguenza la distruzione di numerosi acri di piantagioni di abeti. Così, il primato dello Stato come primo produttore degli Usa adesso è a serio rischio, con tutte le ripercussioni del caso sotto il profilo economico. Lo sa bene il 78enne Larry Ryerson, residente a Medford e proprietario, assieme alla sorella, della Christmas Tree Farm. Da un momento all’altro, ha visto i suoi alberi diventare da verdi a marroni e, in pochi giorni, morire per gli effetti di condizioni meteorologiche estreme. «È una situazione che ti fa andare il cuore in frantumi», ha spiegato in un’intervista al Guardian. «Il giorno vedi gli alberi forti e in salute, il giorno dopo li ritrovi appassiti e senza colore. E non c’è nulla che tu possa fare per salvarli».

Gli abeti dell’Oregon annientati dal caldo 

Azzardando un bilancio, l’imprenditore ha stimato di aver perso circa 4500 piante e di essere riuscito, in questo periodo, a tenere aperta l’attività solo per tre giorni a causa dell’assenza di merce da proporre ai clienti. Un intoppo con cui, in quarant’anni di lavoro, non si era mai trovato a fare i conti. «In genere, apriamo il giorno del Ringraziamento e continuiamo a vendere i nostri alberi fino al 25 dicembre», ha sottolineato. «In questi mesi, non è stato assolutamente possibile. Mi sono sentito così in imbarazzo a mandare via la gente a mani vuote, anche perché siamo una delle poche aziende della zona ancora aperte». La storia di Ryerson, ovviamente, non è un unicum. Sono state diverse le imprese concorrenti che si sono ritrovate nei guai a causa degli strascichi del cambiamento climatico. Alcune, come la fattoria di Ryerson, sono riuscite a recuperare qualcosa. Altre, invece, sono rimaste con un pugno di mosche, tra intere file di abeti bruciati e piantine morte sul nascere. 

Il cambiamento climatico manda in crisi l'industria degli alberi di Natale in Oregon
Operai di una ‘Christmas Tree Farm’ a lavoro (Getty Images)

Strategie e soluzioni per arginare il problema

Le prospettive future non sono affatto rassicuranti: l’emergenza ambientale non accenna a migliorare e i fenomeni atmosferici che hanno caratterizzato il 2021 non sembrano prossimi alla tregua. Per questo motivo, i commercianti di alberi di Natale stanno già studiando una serie di strategie che consentano loro di convivere con un clima poco affine alle esigenze del loro business. «Stiamo pensando di provare a piantare alberi più resistenti al caldo e sperimentare la semina di colture di copertura come piano B», ha annunciato Tom Norby, presidente dell’Oregon Christmas Tree Growers Association e gestore della Trout Creek Tree Farm, una delle poche a non soffrire di grosse perdite grazie all’erba piantata tra gli abeti, in grado di mantenere umido il suolo e bloccare l’irradiamento del calore tra le piante. «Non escludiamo, però, misure ancora più estreme, come anticipare i tempi di piantagione o, addirittura, spostare le aziende ancora più a nord», ha aggiunto, «Magari, tra 100 anni, mi ritroverò nella Columbia britannica». 

Il cambiamento climatico manda in crisi l'industria degli alberi di Natale in Oregon
Una ‘Christmas Tree Farm’ prima dell’ondata di calore dell’estate 2021 (Getty Images)

Le conseguenze sui consumatori

Per quanto l’impatto sui rivenditori sia stato pesante, quello sui consumatori, al contrario, si è rivelato abbastanza contenuto. Non hanno trovato la varietà che erano abituati ad acquistare, hanno speso qualcosa in più rispetto agli anni precedenti ma, in un modo o nell’altro, hanno portato a casa un albero da addobbare perché, nonostante gli inventari siano diminuiti dal 10 al 5 per cento in tutto l’Oregon, non si è parlato concretamente di totale carenza di prodotto. Senza considerare quanti ormai scelgono l’albero ecologico. Per gli esperti, le ripercussioni si potranno notare e studiare nel dettaglio solo tra qualche anno, visti anche i tempi che piante del genere richiedono per completare la crescita (in genere, da 6 a 10 anni). Intanto, Ryerson prova a rimettersi in piedi, ripiantando nuove file nella speranza che la pioggia ne rafforzi le radici e ricorrendo a nutrienti per proteggerle ulteriormente. Tuttavia, l’ambizione di ritornare ai numeri e ai guadagni di sempre si sta gradualmente spegnendo: «Se si ripete un’altra annata come quella passata, credo proprio che chiuderò i battenti. Non ha senso lavorare duramente e poi vedersi distruggere davanti agli occhi i frutti di tanti sacrifici».