Il cambiamento climatico potrebbe portare a un incremento di api dal corpo più piccolo del normale e a una diminuzione del numero di bombi ed esemplari più imponenti. È il risultato di un recente studio compilato da un gruppo di ricercatori americani e pubblicato sulla rivista Proceedings of the Royal Society B, nel quale si sottolineano i potenziali effetti a cascata dell’emergenza ambientale sull’impollinazione delle piante e, in generale, sugli interi ecosistemi.
I danni del cambiamento climatico su bombi e grandi api
Nell’arco di otto anni, gli scienziati hanno analizzato più di 20mila api nell’area delle Rocky Mountains (estese dalla British Columbia al New Mexico) con l’obiettivo di capire come differenti specie reagissero alle variazioni climatiche. Dopo una serie di test ed esperimenti mirati, sono arrivati alla conclusione che, mentre nel resto del Paese le condizioni atmosferiche variavano in maniera più o meno controllata di anno in anno, l’area sub-alpina da cui avevano prelevato i campioni era particolarmente esposta a sbalzi repentini, con temperature primaverili piuttosto calde e uno scioglimento precoce del manto nevoso. Qui, le api di grosse dimensioni e quelle abituate a costruire alveari nelle cavità tendevano a sparire con l’aumento dei gradi, mentre quelle più piccole, che nidificavano nel terreno, si facevano man mano più numerose.
«Il nostro lavoro suggerisce come gli effetti del climate change possano determinare sconvolgimenti importanti nei fenomeni atmosferici, dalle precipitazioni estive alla neve, e rimodellare radicalmente le comunità di api esistenti in natura», hanno spiegato gli autori del report in un’intervista al Guardian. Il decremento di bombi, tagliafoglie e api muratrici, dunque, sarebbe dovuto, a detta degli esperti, a una loro scarsa capacità di sopportazione del calore: «La prima specie, soprattutto, pare essere la più minacciata dal surriscaldamento globale», hanno aggiunto. Dettaglio che va a confermare una serie di studi precedenti, nei quali si sottolineava la quasi inesistente tolleranza al caldo degli impollinatori dominanti di molti habitat, spesso costretti a spostarsi in regioni fresche e ad altitudini sufficientemente elevate da garantire loro la sopravvivenza.

Quali sono i rischi di un incremento di api piccole a discapito di quelle grandi
Oltre alla scarsa tolleranza al calore, a rendere le grosse api vulnerabili sarebbero due fattori: la conformazione fisica e il comportamento assunto nei processi di fecondazione. «L’influenza che l’emergenza climatica esercita sugli impollinatori non si limiterebbe soltanto a coinvolgere piccoli gruppi ma potrebbe arrivare a intaccare il funzionamento di intere biosfere», hanno concluso, «basta un esempio per avere un quadro chiaro della situazione: se il numero di bombi e simili inizia a calare vertiginosamente, non ci sarà più chi, percorrendo ampie distanze alla ricerca di cibo, assicurerà un’impollinazione ad ampio raggio, con danni alla fauna e alla flora delle zone montuose e non».

Perché il climate change danneggia soprattutto gli insetti
Gli insetti, dai quali dipende il 75 per cento delle 115 coltivazioni alimentari più importanti al mondo (dal cacao al caffè, fino ad arrivare alle mandorle e alle ciliegie), figurano tra i target più esposti ai danni della crisi climatica, esacerbati dall’abuso di pesticidi e dalla frammentazione ambientale. Un sondaggio del 2019 ha portato alla luce uno scenario allarmante: la metà delle specie globali è in pericolo, un terzo potrebbe estinguersi entro la fine del secolo e una su sei di api risulta già sparita in diverse regioni del mondo.