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Piazzetta a cuccia

Caltagirone e Del Vecchio conquistano Mediobanca. L’ad Alberto Nagel si arrende all’evidenza, nonostante il suo amico Lorenzo Pellicioli con cui ha sempre fatto fronte consigliasse di resistere. Ora per i nuovi padroni prendersi Generali è una passeggiata.

21 Luglio 2021 18:1221 Luglio 2021 21:24 Paolo Madron
caltagirone e del vecchio si prendono Mediobanca

Dai e dai, alla fine la diga si è rotta. La diga è quella di Mediobanca, che faceva da argine alle acque in piena che minacciavano di travolgere una geografia del capitalismo sedimentata nel tempo. E che per mezzo secolo piazzetta Cuccia ha presidiato con solida presa e senza che nessuno ne insidiasse la supremazia. La botta finale, quella che provocato il crollo, l’ha data Francesco Gaetano Caltagirone, ovvero colui che in questi mesi ha mostrato i maggiori segni di insofferenza. Il costruttore romano è salito al 3 per cento di Mediobanca ma presto arriverà al 5. Se la matematica non è un’opinione, la sua quota sommata al 20 per cento di Leonardo Del Vecchio (che a sentire le indiscrezioni avrebbe già bussato alla porta della Bce per salire al 30 per cento) fa dei due arzilli signori i padroni indiscussi di piazzetta Cuccia e quindi delle Assicurazioni Generali, di cui l’istituto fondato da Enrico Cuccia è da sempre il primo azionista, ma che i due insieme oramai superano con oltre il 14 per cento. Il fondatore aveva sempre detto che le azioni si pesano e non si contano. Ma era un’altra epoca.

Nagel ha capito che resistere è vano

Alberto Nagel, che dal 2007 guida Mediobanca resistendo ai vari sommovimenti dell’azionariato con consumata perizia, con realismo ha preso atto che stavolta non c’era scampo (la cosa non è piaciuta per niente a Lorenzo Pellicioli, l’ad di De Agostini consigliere di Generali ma soprattutto grande alleato di Nagel, che ha sempre pensato ci fossero ampi margini per resistere agli attacchi). Sta di fatto che ora la partita, a meno di clamorose sorprese, è chiusa: Mediobanca ha un padrone, l’autonomia dei manager che l’introduzione della lista del cda aveva suggellato, ne esce fortemente anche se non ancora formalmente sminuita. Da oggi in poi si attaccherà l’asino dove il padrone vuole. Che poi il suddetto padrone abbia già idea di dove attaccarlo, questo è un altro paio di maniche. L’importante, per ora, è aver vinto la guerra. Mediobanca e Generali, le due signore sin qui senza marito del capitalismo italiano, ora lo hanno trovato. Matrimonio costoso, visto che per entrambe il patron di Luxottica ha investito 3 miliardi, e poco meno di metà il suo tonitruante alleato. O tale almeno nella circostanza, perché i due hanno una propria strategia che si è incontrata nell’obiettivo comune di portare a Trieste una nuova governance e qualcuno che la interpreti al posto dell’attuale ad Philippe Donnet. Ovvero il manager francese che di recente ha preso la cittadinanza italiana, e che la coppia scatenata (ma con loro ci son anche i Benetton e la Fondazione Crt) accusa di una gestione che se generosa nei dividendi non lo è altrettanto nelle prospettive.

caltagirone e del vecchio prendono Mediobanca
Alberto Nagel, Ceo di Mediobanca (Getty Images).

La conquista di Mediobanca significa via libera su Generali

Un assaggio del nuovo ordine probabilmente lo si avrà già prima di andare tutti in ferie, visto che il 2 agosto è previsto un cda del gruppo assicurativo dove si sarebbe dovuto cominciare a discutere della lista del consiglio di amministrazione, ovvero di estendere a Trieste la formula che già da più di un anno è stata introdotta a Mediobanca a maggiore garanzia dell’autonomia dei manager. A occhio, c’è da scommettere che il prudentissimo presidente Gabriele Galateri depennerà l’argomento dall’ordine del giorno. Così come c’è da scommettere che, di fronte alla fine di un’epoca, gli altri protagonisti del sistema finanziario non resteranno semplici spettatori alla finestra. Per il principio, questo mai venuto meno, che secondo la nota teoria del caos di Edward Lorenz e il suo effetto farfalla, un battito d’ali a Milano si trasforma in un terremoto a Trieste. La cosa dovrebbe interessare anche la politica, visto che di mezzo c’è il principale asset finanziario del Paese, ma da lì non dovrebbero arrivare sorprese visto che i nuovi assetti premiano, a differenza per esempio di quel che è successo con Fca, una soluzione all’insegna dell’italianità che tanto piace alla numericamente maggioranza sovranista.

Banca Intesa farà da spettatore?

C’è poi da vedere per esempio se Banca Intesa, ovvero la Grande Banca, che qualche anno fa aveva tentato senza esito di conquistare le Generali, non farà un plissé. Magari sapendo che la concorrente Unicredit, neo gestione Andrea Orcel, si schiererà apertamente (per ora lo ha fatto senza dare troppo nell’occhio) con i nuovi padroni. E resta anche da capire se, in questa furia iconoclasta che in pochi mesi li ha portati a distruggere inveterati assetti, Caltagirone e Del Vecchio abbiano trascurato di tenere sotto controllo i numeri, non fosse mai che il nuovo ordine configuri cambiamenti di controllo tali da indurre l’autorità di Borsa a intervenire ravvisando il concerto in odore di opa obbligatoria. Ma ci penserà il re degli avvocati a sbrogliare la matassa. Perché è indubbio che da questa partita anche Sergio Erede esce vittorioso, e adesso avrà più tempo per parare i bellicosi affondi di Blackstone sul Corriere magari organizzando qualche intervento a supporto di Urbano Cairo se ce ne fosse bisogno. In fondo lui gli ha consigliato la causa agli americani, lui deve togliergli le castagne dal fuoco. Last but not least, gli sconfitti e quel che potrebbero fare. Un Nagel che la Realpolitik ha reso più docile potrebbe durare altri due anni, fino alla fine del suo mandato. Secondo noi, ma questa è un’opinione, bene farebbe a prendere atto e salutare che certo non gli mancherebbero le offerte. Certi rapporti si logorano indipendentemente dall’esito della battaglia, e stare troppo dove si è stati felici potrebbe essere un rischio. Stesso discorso per Donnet, che dietro la mancanza di fuochi d’artificio che gli viene imputata si è rivelato un solidissimo gestore aziendale: perché mai dovrebbe farsi mettere sulla graticola nell’anno che gli manca alla scadenza?  Anche lui, come è stato per alcuni manager francesi che di cui il fronte italiano aveva chiesto e ottenuto la testa, non pare proprio destinato a passare il resto del suo tempo in passeggiate tra le sue foreste che tanto ama.

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