Nei palazzi romani circolano alcuni sondaggi riservati secondo i quali Carlo Calenda non solo batterebbe la sindaca uscente Virginia Raggi, destinata ad arrivare quarta in tutti i casi, ma lascerebbe la terza posizione a uno dei due che finora erano considerati gli sfidanti finali, Roberto Gualtieri del Pd ed Enrico Michetti del centrodestra (dis)unito, per andare dritto dritto al ballottaggio. Pare che Calenda, che ha fatto una campagna elettorale quartiere per quartiere come ai tempi d’oro della Prima Repubblica, abbia settimana dopo settimana rosicchiato voti sia a destra che a sinistra, aggiungendo agli elettori Ztl che fin da subito lo hanno sostenuto, anche i voti della piccola borghesia e del ceto impiegatizio delle zone più periferiche. Non quelle raccontate nel film Come un gatto in tangenziale, ma tutte le altre sì.

Il leghista Giorgetti lo preferisce a Michetti
E anche il ministro Giancarlo Giorgetti la pensa così. Pochi ci hanno fatto caso, perché la titolazione è andata su altro, ma nella sua intervista del 27 settembre a La Stampa, il numero due della Lega alla domanda su chi vincerà le amministrative a Roma, risponde serafico: «Dipende da quanto Calenda riesce a intercettare il voto in uscita dalla destra. Nei quartieri del centro penso che sarà un flusso significativo. Ma non so come ragionino le periferie. Se Calenda va al ballottaggio con Gualtieri ha buone possibilità di vincere. E, al netto delle esuberanze, mi pare che abbia le caratteristiche giuste per amministrare una città complessa come Roma». Ecco, la vera questione è sapere chi tra l’impalpabile Gualtieri e l’inguardabile Michetti resterebbe fuori. Una rilevazione degli umori dei romani dice l’uno, una seconda dice l’altro. Giorgetti l’ha detto chiaro: sta fuori Michetti, che lui non avrebbe mai candidato preferendo Guido Bertolaso. In altri palazzi che contano che non sia quello del Mise, si pensa invece che sia Gualtieri ad arrivare terzo, non fosse altro perché è sempre stato sotto Michetti fin dall’inizio della campagna elettorale. In tutti i casi non c’è sondaggista che non abbia previsto che, in caso di sua presenza al ballottaggio, Calenda vincerebbe al secondo turno a mani basse contro qualunque avversario.
L’obiettivo di un ruolo da protagonista nel “partito di Draghi”
Il vero problema è che in gran segreto l’ex amico di Luca di Montezemolo, da cui qualche furbizia l’ha imparata, coltiva la speranza di fare un brillante risultato, ma di non arrivare in fondo. Perché tra fare il difficilissimo mestiere del sindaco in una città iperindebitata e con problemi quasi insormontabili, e lucrare a livello nazionale un successo che all’inizio della sua corsa nessuno gli accreditava, il buon Carletto preferisce di gran lunga la seconda. Perché quella sarebbe la prima pietra del sempre meno futuribile “partito di Draghi”, che a Mario Draghi si richiamerebbe pur senza averlo esplicitamente schierato (SuperMario non ha nessuna intenzione di imitare Mario Monti, come racconta nelle sue frequenti visite all’amico Giuliano Amato).