Qui niente c’entra Cristiano Ronaldo che nottetempo scappa da Torino per firmare con il Manchester United, congedandosi con un saluto alla Juventus da horror ortografico. E neppure Leo Messi, passato dal Barcellona al Paris Saint Germain, con un ingaggio da nababbo nonostante la tristezza del commiato blaugrana. Più vicina, invece, la storia di Borja Valero, che giocherà in Promozione tra le fila dei dilettanti fiorentini del Centro storico Lebowski. Si parla, l’avrete capito, di calcio popolare, ancora indipendente che risponde esclusivamente al valore della passione, dove padroni dei club sono i tifosi e i campi quelli polverosi di periferia. Le squadre nascono dalle finanze, esigue, di chi si è stancato di un pallone sempre più commercializzato e prova, lontano dai riflettori e rimettendoci di tasca propria a riscoprirne l’essenza autentica. In Italia, simili realtà, esistono da anni e coprono trasversalmente l’intero Stivale. Ci sono l’Atletico San Lorenzo di Roma, lo Spartak Lecce o la polisportiva San Precario di Padova. Giusto per citarne alcune. Nomi poco noti a chi valuta il calcio in base agli interessi economici, agli scudetti, alle qualificazioni in Europa e a un ipotetico fair play finanziario.
United of Manchester, la nascita del calcio popolare
Il tema, come accennato, è la passione, che mosse nel 2005, in Inghilterra, la nascita dello United of Manchester. Il club, interamente gestito dai soci-tifosi, fu la risposta all’acquisto del Manchester United da parte del magnate statunitense Malcom Glazer. Un azionariato popolare finalizzato anche a ritrovare la purezza del tifo, sempre più rara in stadi ormai organizzati come teatri. Oggi la squadra milita nella Northern Premier League, una delle leghe semi-professionistiche del Regno Unito. Nell’ultima stagione ha chiuso al secondo posto il torneo, ma al di là delle classifiche conta il seguito. Al Broadhurst Park, il giorno della partita si ritrovano in quattromila.
D’altronde, l’amore, amano ripetere i supporter, non ha categoria. Lo testimonia quanto accaduto allo Unionistas de Salamanca, fondato nel 2013 dopo che la società calcistica è stata schiacciata dai debiti. In quell’anno un gruppo di appassionati decise di ridare vita al club cittadino, senza l’ossessione dei risultati. Che comunque arrivarono nel 2020, quando Coppa del Re regalò la sfida con il Real Madrid e una sconfitta più che onorevole. Il match terminò 3-1 per i Galacticos, che – tanto per rendere l’idea – in campo schieravano Gareth Bale e Karim Benzema. Pezzi importanti di un mosaico decisamente più vasto e senza confini.
Borja Valero, storia di un campione in periferia
In questa estate 2021 brilla la storia di Borja Valero, centrocampista apprezzato per senso tattico e gestione del pallone. Dopo centinaia di presenze in Serie A, prima con la maglia della Fiorentina e poi con quella dell’Inter, ha deciso di accasarsi al Centro Storico Lebowski, in Promozione. Dopo i fasti internazionali, lo spagnolo ha voluto riscoprire le origini, le stesse che lo avevano fatto innamorare del gioco più bello del mondo. «Decidemmo di chiamarla Centro Storico Lebowski. Centro Storico perché tutto è nato in piazza D’Azeglio, in mezzo a Firenze», raccontano i fondatori. E le loro parole sono la sintesi perfetta di quello che rappresenta il calcio popolare, non solo in Toscana. «Ci eravamo stancati di campionati senza sorprese, di classifiche disegnate dai diritti tv e dagli intrighi di palazzo, di partite ogni tre giorni, sempre più frenetiche e meno spettacolari, di un calcio senza attese e pause, che non riesce più ad aspettare la domenica, di un asservimento alle leggi del mercato che trasforma il gioco in merce, dell’azione dello Stato con i suoi decreti speciali a tutela del business». Ecco il motivo per cui un bel giorno fondarono la loro squadra, sgombra dall’ansia di dover trionfare o trattare sui diritti televisivi.
L’esperienza romana dell’Atletico San Lorenzo
Vicende simili per i romani dell’Atletico San Lorenzo. La polisportiva conta 200 atleti, copre 4 discipline e ha scelto uno slogan ruspante per descriversi e ampliare il numero dei soci: «Le quote popolari so mejo dei milioni». Un modello capace di resistere anche al Covid: «La pandemia ha dimostrato che tante società purtroppo sono andate in difficoltà, se non sparite in alcuni casi, mentre la nostra polisportiva è addirittura cresciuta».
Esempio chiaro di un fenomeno dirompente, magari non quanto un dribbling di CR7 o di una magia di Messi, ma in grado di unire la penisola, da Nord a Sud. A Padova, la polisportiva San Precario promuove iniziative sociali e disputa il campionato di seconda categoria. In Puglia ci sono l’Ideale Bari, fresca di iscrizione in Prima categoria, e lo Spartak Lecce, a portare in alto il vessillo del calcio popolare. Un derby che non può disputarsi sul terreno di gioco, perché militano in diversi raggruppamenti, ma che resta emblema di un trasporto intenso. In fondo, che intorno ci siano San Siro o qualche centinaio di amici e parenti, l’obiettivo è sempre segnare un gol in più degli altri. E se non dovesse andare bene, ci si consolerà con una birra.