Pallone sgonfiato
A differenza delle altre discipline il calcio alle olimpiadi non riesce a scaldare i cuori degli appassionati. Snobbato dagli spettatori e considerato un peso dai club, negli anni è però diventato il palcoscenico perfetto per le medaglie degli outsider.
La scintilla non è mai scoccata. Il calcio maschile, nonostante la sua grandissima popolarità, alle Olimpiadi non riesce proprio a scaldare i cuori. È come se scontasse una sorta di contrappasso, rispetto ad altre discipline che durante la rassegna a cinque cerchi vivono il momento di massimo splendore. Il mancato successo, ad esempio, rimane il grande cruccio della della Generazione di fenomeni di Velasco, capace di vincere tre mondiali consecutivi di volley, ma mai l’oro olimpico. Discorso diverso nel football, dove primeggiare fa sicuramente piacere, ma non sconvolge carriere ed esistenze.
Il torneo olimpico è riservato agli Under-23, con l’aggiunta di tre fuoriquota. A livello giovanile, però, la massima competizione internazionale resta il campionato mondiale di calcio Under-20 organizzato dalla Fifa. Da qui la scarsa attenzione del pubblico e la cattiva considerazione dei club, che durante la preparazione estiva si vedono spesso sottrarre diversi elementi. Con i grandi del pallone a girarsi dall’altra parte, tuttavia, il risvolto della medaglia è il campo libero lasciato agli outsider e di conseguenza una grande quantità di sorprese. Specie da quando nel torneo olimpico valgono le regole attuali, inserite in occasione di Barcellona 1992.
Les #JeuxOlympiques s’arrêtent là pour nos Bleus qui s’inclinent face au Japon 🇯🇵 #FRAJAP pic.twitter.com/5MGvDGvk7X
— Equipe de France ⭐⭐ (@equipedefrance) July 28, 2021
Le sorprese con le Under-23
In quell’edizione dei Giochi Olimpici, a vincere sono stati i padroni di casa. Argento alla Polonia, bronzo al Ghana. L’ascesa africana, le cui compagini ai mondiali non sono mai andate oltre i quarti di finale, nel calcio a cinque cerchi ha raggiunto il culmine quattro anni dopo ad Atlanta. L’oro andò alla Nigeria guidata da Nwankwo Kanu, passato proprio in quell’estate dall’Ajax all’Inter. Bis servito a Sydney 2000, dove a vincere fu il Camerun, in un’edizione che ha visto anche il terzo posto del Cile. Atene 2004 fece invece registrare una sorpresa a metà: successo, il primo, per l’Argentina, capace di vincere tutti gli incontri senza mai subire una rete. L’Albiceleste in grado di primeggiare a livello giovanile, non si confermò nei successivi appuntamenti riservati alla nazionale maggiore, prova ne è la Copa America vinta lo scorso 11 luglio e celebrata in patria come una liberazione.
In Grecia, l’argento finì al Paraguay, altra nazione di periferia nell’album delle grandi potenze internazionali. Balzo avanti di quattro anni e nuovo trionfo per l’Albiceleste, con secondo posto della Nigeria. A Londra 2012 si è invece imposto il Messico di Giovani dos Santos, mai esploso con i club, mentre a conquistare il bronzo fu la Corea del Sud. A soli due anni dallo psicodramma del Mineirazo, quando i tedeschi si imposero 7-1 in casa dei verdeoro, Brasile-Germania è stata invece la finale di Rio 2016, edizione che ha visto di nuovo la Nigeria a medaglia, bronzo. Quarto un sorprendente Honduras. E a Tokyo? Francia eliminata ai gironi, dopo aver subito quattro reti da Messico e Giappone. Stesso discorso per Argentina, scavalcata in classifica dall’Egitto, e Germania superata dalla Costa d’Avorio. L’Italia non si è neppure qualificata.
La disfatta Azzurra di Seul
C’è da dire che un’enorme sorpresa era arrivata anche prima delle regole introdotte a Barcellona. A Los Angeles 1984 e Seul 1988 vigeva la disposizione per cui le nazionali europee e sudamericane potevano schierare solo calciatori che non avessero mai giocato in una fase finale di Mondiale. In Corea del Sud l’Italia, che poteva comunque contare su Tacconi, Ferrara, Tassotti, Carnevale e Virdis, scese in campo contro lo Zambia rimediando una delle figuracce più clamorose dell’intera storia azzurra: 4-0 per gli africani, con tripletta di Kalusha Bwalya e rete del fratello Johnson. Superati comunque i gironi e poi la Svezia ai quarti, in semifinale l’Italia si arrese all’Unione Sovietica, futura medaglia d’oro.
Ungheria in testa all’albo d’oro con tre ori
Scorrendo a ritroso l’albo d’oro del torneo olimpico di calcio, si può notare come il record di vittorie appartenga all’Ungheria: tre successi ai Giochi del 1952, 1964 e 1968. Notevoli anche le prestazioni della Polonia negli Anni ‘70, oro a Monaco di Baviera (1972) e argento a Montreal (1976), così come quella della Bulgaria a Città del Messico nel 1968. Da applausi, poi, i quarti posti dell’India a Melbourne 1956 e della Repubblica Araba Unita (entità nata dall’unione di Egitto e Siria) a Tokyo 1964.
La crisi del calcio alle olimpiadi
Il calcio è presente alle Olimpiadi fin dal 1900 e, fino alla nascita del Mondiale organizzato dalla FIFA, il torneo a cinque cerchi ha avuto grande risonanza. Con annesse polemiche, sempre presenti quando la posta in palio è alta: nel 1920, ad Anversa, la Cecoslovacchia abbandonò il campo al 43′ della finale per protesta contro l’arbitraggio, ritenuto troppo favorevole ai padroni di casa del Belgio. Le edizioni successive videro l’ingresso delle nazionali non europee e una doppia vittoria dell’Uruguay, che ancora oggi campeggia sulle divise della Celeste, dove ci sono quattro stelle. Due per le vittorie ai Mondiali 1930 e 1950, altrettante per quelle olimpiche. Dopo una pausa dovuta a dissapori tra CIO e FIFA, il calcio tornò ai Giochi di Berlino 1936, ma solo per atleti dilettanti: vittoria dell’Italia di Vittorio Pozzo, alla guida di un manipolo di studenti universitari. Ma allora il calcio a cinque cerchi era già passato in secondo piano.