La crisi del calcio nel libro di Franco Vanni e Matteo Spaziante

Redazione
17/02/2022

Debiti monstre. Gestioni dubbie. Strapotere dei procuratori. I due autori fotografano le debolezze croniche di un sistema che ha abdicato alla sua prima missione: emozionare.

La crisi del calcio nel libro di Franco Vanni e Matteo Spaziante

«La pandemia è stato un detonatore che ha inciso sulla situazione economico-finanziaria già esplosiva del mondo del calcio, in Italia in particolare. Ed è stata anche una grandissima scusa: in nome del Covid i club hanno chiesto ristori, sconti e tempo per il pagamento delle tasse al governo. È difficile per un mondo che continua a pagare stipendi da molti milioni ai calciatori pretendere soldi pubblici. Infatti quasi ovunque hanno avuto risposte negative». Franco Vanni, giornalista e co-autore insieme a Matteo Spaziante del libro Il calcio ha perso. Vincitori e vinti nel mondo del pallone edito da Mondadori e uscito lo scorso 18 gennaio non ha dubbi: l’attuale sistema «è un corpo malato, che fin qui è stato incapace di creare anticorpi resistenti e duraturi». E aggiunge: «Si regge sui pagherò, sull’incoscienza di qualche mecenate, sulle scommesse dei fondi di investimento e su dinamiche geopolitiche che poco hanno a che fare con lo sport». Un sistema perdente e che fatica a riformarsi.

i mali del calcio italiano nel libro di spaziante e Vanni
La copertina del libro Il calcio ha perso (Mondadori) uscito il 18 gennaio.

Token, Blockchain, eSport e fondi di investimento possono salvare il calcio?

D’altro canto, si chiedono i due autori, «perché le società di Serie A, indebitate per oltre 5 miliardi di euro, continuano a pagare ai calciatori stipendi che non possono permettersi?». E di certo, come viene spiegato in un capitolo dedicato, non ci si può aggrappare all’idea che i campioni ripagheranno i propri ingaggi multimilionari attraverso la vendita delle magliette: il caso di Cristiano Ronaldo alla Juventus docet. Per non parlare dei diritti televisivi, che hanno imposto una parabola su ogni tetto e portato il calcio in tutte le case, sottraendo il pallone alla sua dimensione ‘artigianale’ per trasformarlo in un’industria multimiliardaria, ma sull’orlo del fallimento. E token, blockchain ed eSports, fondi di investimento e stadi di proprietà possono rappresentare davvero una via di salvezza? Nemmeno il Financial Fair Play, introdotto nel 2009 ha dato i risultati sperati. Nato, da una parte per evitare che i club si indebitassero troppo e per evitare fallimenti a catena, e dall’altro per spingere le squadre verso il pareggio di bilancio e creare così maggiore competitività, in realtà in poco più di un decennio, fino al 2020, non è riuscito nel suo intento, tanto che la UEFA ha annunciato di rivedere le norme in modo da limitare ulteriori abusi del calciomercato.

Franco Vanni e Matteo Spaziante spiegano i mali del calcio italiano
Cristiano Ronaldo (Getty Images).

Negli ultimi 12 anni l’indebitamento dei club di serie A è più che raddoppiato 

Nel contempo i club continuano a invocare i ristori per le perdite dovute alla pandemia. «Da tempo la Serie A spera di intercettare aiuti pubblici, ma intanto non riesce a far fruttare il patrimonio che già ha. A partire proprio dagli stadi: vecchi, spesso fatiscenti, non progettati per il calcio e di proprietà dei Comuni», spiega Vanni. E ancora: «L’indebitamento complessivo dei club di Serie A negli ultimi 12 anni è più che raddoppiato, avvicinandosi ai 5 miliardi di euro. Le società che bruciavano cassa già prima del Covid con la pandemia si sono trasformate in inceneritori, e hanno persino il coraggio di chiedere i ristori?».

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In tutto questo i tifosi si devono barcamenare tra prezzi rincarati dei biglietti per accedere allo stadio e offerte tv frammentate e lontane dalla qualità sperata. E proprio a loro, «ai tifosi che nonostante tutto ci credono», Vanni e Spaziante hanno deciso di dedicare questo libro. Un libro che parte dalle persone, dunque dai calciatori e da quelli che vengono considerati i veri padroni del mondo del pallone di oggi, i procuratori, per poi passare ai club, arrivare alle istituzioni, come la Lega di Serie A, travolta proprio in questi giorni dalle dimissioni del Presidente Paolo Dal Pino e dalla fumata nera anche per la possibile nomina al vertice del numero uno di Confindustria, Carlo Bonomi.

L’unica ricetta possibile? Lo sport prima del guadagno

«La Lega di Serie A è una sorta di assemblea di condominio molto litigiosa», continua Vanni. «Sono 20 presidenti o manager che dal punto di vista sportivo competono, quindi sono l’uno contro l’altro, e poi dovrebbero sedersi tutti insieme e trovare delle regole condivise che consentano il bene comune dal punto di vista di definizione della spesa e dei profitti del sistema». Il risultato? «È un’architettura molto fragile che si traduce in una governance inefficiente, perché i presidenti delle squadre di calcio, per non rinunciare nemmeno a un briciolo del loro potere, sono sempre stati poco disposti a cedere competenza e possibilità decisionale ai manager». Per il giornalista finché la Lega non si costituirà come società a responsabilità limitata sarà difficile trovare una soluzione. E aggiunge: «Se il calcio continua a vedersi come un’industria – la terza del Paese si dice, ma non è così -, come un sistema produttivo, rischia di perdere il senso per cui le persone continuano a esserne appassionate, ovvero l’essere uno sport corale, in grado di provocare emozioni». Lo scrittore è convinto che sia una visione miope quella di «spremere quanto più possibile i tifosi» e invita i club a rifarsi di più ad altre discipline. «Nel ciclismo c’è un detto: se corri per diventare ricco non vincerai mai il Tour de France, ma se corri per vincere il Tour de France è probabile che diventerai ricco. Lo sport prima del guadagno. Una ricetta semplice. C’è da scommettere che possa funzionare anche per il calcio».

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