Nel report pubblicato dal Segretariato del programma ambientale, l’ONU ha annunciato che il buco nello strato dell’ozono, uno dei più temuti pericoli per l’umanità scoperto nel 1985, si sta chiudendo. Entro il 2040 dovremmo tornare ad una situazione stabile ed entro il 2045 lo strato di ozono sarà completamente ricreato sull’Artico. Per quello sull’Antartide, si dovrà invece aspettare il 2066.
Il buco dell’ozono si sta chiudendo
L’analisi delle Nazioni Unite ha fatto notare che, se nelle fasce più alte della stratosfera l’ozono sta continuando a migliorare, in quelle più basse non ha ancora mostrato segni di recupero. Si tratta comunque di un’ottima notizia che testimonia l’utilità degli interventi e degli sforzi messi in campo contro la perdita dello strato, tra cui l’interruzione dell’utilizzo di sostanze chimiche nocive – come i colofluorocarburi – prevista dal Protocollo di Montreal firmato da 46 paesi nel 1987.

Nei decenni successivi si è continuato ad agire su questo fronte e quasi il 99 per cento delle sostanze responsabili dell’impoverimento dello strato di ozono sono state eliminate. Ciò ha fatto sì che il buco sull’Antartide, che ha continuato ad espandersi fino al 2000, abbia invertito la rotta e iniziato a chiudersi lentamente. Perché lo strato in questa posizione sia completamente ristabilito e riportato al valore degli anni Ottanta si dovrà attendere il 2066, ma già nel 2040 la situazione sarà tornata alla quasi normalità in tutte le altre zone. L’importanza dello strato di ozono è dovuta al fatto che assorbe la maggior parte delle radiazioni ultraviolette provenienti dal Sole: se non ci fosse, le stesse radiazioni potrebbero raggiungere la superficie terrestre e provocare danni sia all’uomo che agli altri esseri viventi.

Eliminazione dei CFC utile anche al clima
Nel medesimo rapporto, l’Onu ha evidenziato che l’azione intrapresa sullo strato di ozono è stata anche un’arma contro la crisi climatica: i CFC sono anche gas serra e il loro uso continuato e incontrollato avrebbe infatti innalzato le temperature globali di un grado centigrado entro la metà del secolo, peggiorando una situazione già mal messa.