La responsabilità paga, ma solo per alcuni. Come nel caso di Bruno Tabacci. Lui è al sicuro, a Palazzo Chigi, con il ruolo di sottosegretario con delega agli Investimenti. Il presidente del Consiglio, Mario Draghi, gli ha conferito gli incarichi di segretario del comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile (Cipess) e di presidente della cabina di regia Strategia Italia, a cui tocca stilare le mosse per il rilancio economico.
Che fine hanno fatto i responsabili di Bruno Tabacci
Ai suoi (ex) compagni di viaggio, responsabili o anche costruttori durante la crisi del Conte bis, le cose non vanno altrettanto bene. In molti stanno cercando di capire cosa fare da grandi. Alcuni imboccano altre rotte, lasciando il gruppetto tabacciano, la componente della Camera che prende il nome dal partito Centro democratico. Una delle costruttrici, la più in vista per la sua storia, era Renata Polverini. Con il voto di fiducia al Conte bis, lo scorso gennaio, ha strappato definitivamente con Forza Italia, abbracciando la causa di Tabacci, nel segno di un soggetto politico pro-Conte. L’infatuazione è durata il tempo di un cambio di governo. L’ex presidente della Regione Lazio ha infatti aderito alla componente il 21 gennaio per lasciarla, a fari spenti, il 25 febbraio successivo.
Tanti saluti anche a Fusacchia, numero due di Tabacci
Lungo la strada che lo ha portato alla poltrona di sottosegretario, Tabacci ha perso anche il numero due, Alessandro Fusacchia. Il deputato più vicino, al suo fianco sin dall’aprile 2018, sentinella del Centro democratico. All’epoca la componente contava appena tre unità (numero minimo per costituirla), compreso l’ex segretario dei Radicali, Riccardo Magi, che però è andato via nel novembre scorso, rimpiazzato dall’ex grillina Elisa Siragusa. L’asse Fusacchia-Tabacci si è incrinato, definitivamente, a marzo, quando Fusacchia ha preferito sposare la causa ecologista lanciata da Rossella Muroni e dall’ex ministro Lorenzo Fioramonti. Fusacchia è stato raggiunto, di lì a poco, anche da Antonio Lombardo, altro fuoriuscito dal Movimento 5 stelle. Questo a gennaio era passato da “No Mes” a europeista con Tabacci. Addirittura Siragusa, il primo innesto nel Centro democratico, ha optato per l’abbandono.
Tabacci, «il Muccioli degli ex 5 stelle»
Sembrano lontani i tempi in cui il Tabacci era regista del salvataggio di Conte, la scialuppa per scongiurare il naufragio dell’esperienza giallorossa. Quando faceva incetta di grillini espulsi o fuorusciti e si autodefiniva «il Muccioli degli ex 5 stelle». L’obiettivo era la costituzione di un gruppo alla Camera (che richiede almeno 20 deputati). Il pallottoliere ha contato ingressi quotidiani, arrivando il doppia cifra. Poi, caduto Conte, è finito il tempo dei responsabili. Nel Centro democratico resistono ancora altri deputati, dall’attore prestato alla politica, Nicola Acunzo, a Marco Rizzone, noto alle cronache per essere stato coinvolto nel caso dei furbetti del bonus Covid, passando per il siciliano, ex leghista, Carmelo Lo Monte.
Lo spirito di Tabacci per il gruppo in Senato
Non va meglio agli ex responsabili del Senato, dove non c’era Tabacci, ma aleggiava il suo spirito costruttivo. E qualcuno sospirava: «Ci vorrebbe uno come lui a Palazzo Madama». Non è un caso che il nome del Centro democratico fosse stato speso per dare impulso al progetto di formare il gruppo. Certo, per raggiungere le 10 unità, era stato necessario “il prestito” della senatrice Tatjana Rojc, rappresentante della minoranza slovena, da parte del Pd. Solo così, a fatica e con rinforzi last-minute, alla fine il gruppo ha visto la luce e l’ex forzista Raffaele Fantetti ne è diventato presidente.
Ma uno dei frontman della compagnia era senza dubbio Gregorio De Falco, il capitano della Costa Concordia che intimò a Schettino di non lasciare la nave. Quello della celebre «Torni a bordo». Insieme a lui c’era Ricardo Merlo, il Tabacci di Buenos Aires. Il senatore eletto in Argentina per qualche settimana era stato descritto come il grande mediatore per allargare il drappello dei responsabili, fondamentale per puntellare il governo Conte. Ma proprio Merlo, insieme all’altro sudamericano Adriano Cario, ha dato il colpo di grazia al fragile gruppo, abbandonando la compagnia a fine marzo. Lasciando i seguaci di Bruno senza un tetto e con una prospettiva tutt’altro che rosea. Il «Muccioli dei 5 stelle», intanto, muove le leve del comando a Palazzo Chigi. E tesse le lodi di Draghi.