Brunetta, l’insulto fisico e il ruolo della satira

Lia Celi
25/07/2022

Brunetta ha ricordato il dolore che provoca l'insulto fisico, per anni arma di denuncia della satira. Ma quanto più la politica diventa infantile, tanto più la comicità dovrebbe abbandonare l'atteggiamento da bulletto. Così davanti a Salvini glabro e sudato bisogna usare la fantasia e confutare l'inesistente: le sue idee.

Brunetta, l’insulto fisico e il ruolo della satira

Intanto: per piacere, non chiamiamolo più body-shaming. L’espressione inglese, per quanto spiccia e ormai comprensibile a tutti, fa pensare a un fenomeno di moda e sottintende un’ipersensibilità tutta anglosassone, estranea a noi latini che, figurarsi, a certe cose siamo corazzati fin dai tempi di Plauto, ecc. Chiamiamoli insulti fisici, e prendiamo atto che non c’è uno scudo anti-vergogna che protegge gli e le abitanti dei Paesi del Mediterraneo. Che fino a oggi dovevamo vergognarci due volte, prima quando venivamo messi alla berlina perché bassi, sovrappeso o comunque non conformi a un presunto ideale di normalità o perfezione somatica, e dopo se osavamo mostrarci offesi, feriti o arrabbiati. L’unica risposta dignitosa era incassare e tacere, per non passare, oltre che per bassi, sovrappeso ecc., anche per permalosi, cioè deboli.

Lo sfogo di Brunetta e il dolore che provoca – sempre – l’insulto fisico

Lo sfogo di Renato Brunetta a In mezz’ora («Mi dicono tappo o nano e ho sofferto e continuo a soffrire per questo») ha finalmente sdoganato il dolore che provoca l’insulto fisico anche in persone che per posizione e prestigio dovrebbero essere al di sopra di certe meschinità e considerarle un’insignificante e quasi dovuta tassa sulla fama. Anche l’interlocutrice di Brunetta, Lucia Annunziata, ne sa qualcosa: da anni Sabina Guzzanti la imita calcando sull’accento meridionale ed esagerando lo strabismo. E pure Annunziata, quando in passato si è lasciata sfuggire una certa irritazione contro Guzzanti, si è sentita rimproverare la mancanza di autoironia, nel più classico dei victim-blaming. Altra espressione che in italiano richiede un giro di parole: ribaltare la colpa sulla vittima. Come nella famosa battuta «io non sono razzista, è lui che è nero».

Brunetta, l'insulto fisico e il ruolo della satira
Sabina Guzzanti imita Lucia Annunziata.

La satira sull’aspetto fisico un tempo era denuncia

“Sdoganato” è una parola ipocrita. Lo sappiamo benissimo che gli insulti fisici fanno male a tutti, e il fatto che la vittima ci si abitui o ostenti indifferenza non li rende meno cattivi. Fingiamo di ignorarlo, soprattutto quando ce ne serviamo per quello che a noi sembra un bene più grande, soprattutto attaccare un avversario politico. Per la satira è pane quotidiano dall’epoca di Aristofane, che chiamava Pericle Testa-a-cipolla (pare avesse una testa non esattamente scultorea e per questo si faceva ritrarre sempre con l’elmo). La caricatura è proprio enfatizzazione dei tratti fisici e mostri di azione dei difetti. Ma in Italia, patria di Cesare Lombroso e della fisionomica criminale, negli ultimi 150 anni l’accanimento sull’aspetto fisico dei personaggi politici non era solo scimmiottamento a fini comici, era diventato una forma di denuncia, la più schiacciante in quanto non è possibile confutarla. Andreotti aveva oggettivamente una forma di cifosi, Fanfani era basso di statura, Spadolini era davvero sovrappeso, Pietro Longo aveva una faccia da Pietro Longo. Alcuni avevano dei cognomi – Piccoli, Storti, Malfatti – che risparmiavano ai nemici la fatica di insultarli. «Malfatti, nome onomatopeico», diceva Dario Fo, che interpretava il Fanfani rapito camminando sulle ginocchia, espediente riproposto ai giorni nostri da Maurizio Crozza nell’imitazione di Brunetta.

 

Quando si maneggiava l’insulto fisico come una mazza chiodata

Ma i politici degli Anni 70-80 erano quelli che mentivano sulle stragi, complottavano con i servizi segreti, flirtavano con la mafia. Avere dei riguardi per la loro civetteria o amor proprio era l’ultima cosa che poteva venire in mente a un satiro. A Cuore non ci siamo mai fatti problemi a chiamare Bettino Craxi panzone, Giuliano Ferrara ciccione e Silvio Berlusconi nano pelato. Ci sentivamo investiti di una sacra missione e maneggiavamo l’insulto fisico come una mazza chiodata. Si parva licet, eravamo un po’ come i crociati, che abitualmente non sgozzavano donne e bambini, ma quando si trattava di combattere l’eresia o l’Islam mettevano da parte ogni scrupolo. Eravamo troppo educati per urlare ciccione o nano al vicino di casa, per quanto potesse starci sulle scatole, ma urlarlo ai Grandi Cattivi si poteva, anzi, si doveva: la bassa statura, il sovrappeso e la calvizie li inchiodavano. Erano, lombrosianamente, l’espressione fisica della loro nequizia, che poteva sfuggire ai giudici ma non allo specchio. La loro arroganza, peraltro, ci metteva al riparo da reazioni irritate, che li avrebbero fatti sembrare anche suscettibili come femminucce.

Brunetta, l'insulto fisico e il ruolo della satira
Una prima pagina di Cuore.

Quanto più la politica diventa infantile tanto più a satira dovrebbe diventare grande

Negli anni di Berlusconi, che faceva del corpo (in primo luogo il proprio) il più efficace manifesto politico, l’insulto fisico ha raggiunto il parossismo, tanto che non solo l’imperfezione, ma anche il suo contrario diventava un bersaglio. A un Cav che offendeva Rosy Bindi, «più bella che intelligente», rispondevano da sinistra i lazzi contro Mara Carfagna, troppo bella per essere intelligente e onesta (niente rispetto al fuoco amico contro Maria Elena Boschi, va detto). Imitatori pur geniali come Crozza e il suo valente staff autorale non si sono mai tirati indietro quando si trattava di sbertucciare qualcuno ingigantendo ciò di cui non ha sicuramente colpa: la statura, il nasone, i segni dell’età. Posticci, parrucche, pance finte e occhi storti fanno ridere a colpo sicuro. Ma quanto più la politica diventa infantile come linguaggio e orizzonti, tanto più la comicità e la satira dovrebbero diventare grandi e mettere da parte atteggiamenti da bulletto che ormai non sono più ammessi nemmeno alla scuola elementare. L’insulto fisico, sui giornali, sui social o da un palcoscenico, continua a far male, ma squalifica prima di tutto chi lo lancia, esattamente come certi comportamenti un tempo tollerati, come sputare per terra o svuotare i vasi da notte dalla finestra. Insomma, quando vedi Salvini che comizia glabro e sudato a Domodossola devi morderti la lingua e rimettere nel fodero qualunque frecciata sul suo aspetto fisico. E, con un titanico sforzo di fantasia, cercare di confutare qualcosa di inesistente: le sue idee.

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Matteo Salvini alla festa della Lega a Domodossola (da Fb).