La Brexit tra gli altri ha avuto un effetto disastroso su gite scolastiche e vacanze studio. A confermarlo, i tour operator che, al netto delle difficoltà legate alla pandemia, hanno assistito a un disastroso crollo delle prenotazioni. Un tempo meta prediletta dagli studenti e, oggi, il Regno Unito è stato surclassato da località come l’Irlanda e i Paesi Bassi.
Gli effetti della Brexit sul business dei viaggi studio
Per quanto la pandemia abbia, in generale, reso molto più complicati gli spostamenti, gli addetti ai lavori hanno sottolineato come il fattore scatenante di questo decremento sia stata, senza dubbio, la decisione del governo britannico di non accettare più passaporti di gruppo validi nell’Unione Europea o la semplice carta d’identità. Una limitazione che, dal 1 ottobre 2021, ha reso obbligatorio munirsi, oltre che del passaporto individuale, anche di costosi visti per gli alunni non europei. E, davanti alle critiche di chi reputa queste misure decisamente troppo stringenti nel caso di brevi viaggi studio per minori di 18 anni accompagnati dagli insegnanti, i vertici hanno ribadito la necessità di potenziare e tutelare la sicurezza delle frontiere. Senza pensare evidentemente alle ripercussioni su ostelli, famiglie ospitanti e attrazioni turistiche, private di guadagni non trascurabili e, dall’altro, gli stessi ragazzi, costretti a rinunciare a esperienze formative e scambi interculturali preziosi.
This is saddening. Passport rule change looks likely to impact on European school trips to UK for cultural exchange https://t.co/Eq8OwYDa7O pic.twitter.com/k7mIchRGKu
— Hetan Shah (@HetanShah) September 16, 2021
Cosa ne pensano i tour operator
Per le agenzie, la situazione attuale non presagisce nulla di buono per il futuro. «Su 53 prenotazioni per il 2022, ne abbiamo ricevute varie per la Polonia, per l’Austria e per la Germania e soltanto due per il Regno Unito, una delle quali pare essere intenzionata a virare verso l’Irlanda», ha dichiarato al Guardian Monique Tissot Martel, general manager di Eurovoyages, operatore turistico francese, «Le scuole sembrano averlo rimosso completamente dalla loro lista ed è un peccato perché, nel 2019, abbiamo mandato più di 11mila adolescenti lì a imparare l’inglese. L’anno prossimo il numero oscillerà a malapena tra 0 e 100». Opinione condivisa anche dal tedesco Peter Adam, fondatore della compagnia CTS Reisen che, per ora, non ha pianificato alcun itinerario anglofono. «Al momento, quel che li dissuade sono le difficoltà per entrare nel Paese», ha sottolineato, «Non sono i protocolli anti-Covid a bloccarli ma il costo dei documenti. In Germania, oltre il 4 per cento degli studenti sono stranieri e si affidano al visto di gruppo perché non possono permettersene uno individuale. Ecco perché gli insegnanti, non volendo lasciarli a casa, si muovono verso altre destinazioni».
La crisi delle strutture di accoglienza e dei gestori delle host family
Non navigano in acque tranquille neppure i gestori delle strutture di accoglienza e delle host family. È il caso di Susan Jones, proprietaria di LinguaStay, ente che si occupa di distribuire i ragazzi nelle varie famiglie. In genere, il volume dei suoi clienti si aggira attorno a 10mila studenti in un anno, prospettiva decisamente utopica negli ultimi dodici mesi. «Le scuole europee mandano un milione di alunni in Regno Unito, un numero che solo tra Francia e Germania copre le 850mila unità», ha aggiunto, «Da febbraio a giugno di quest’anno, però, questo pacchetto è diventato assolutamente impossibile da commerciare in terra inglese». Per Morag Anderson di ETSUK, un’altra società specializzata nel commercio dei soggiorni studio, i governanti sono stati miopi, collezionando una lunga trafila di passi falsi: «Hanno operato a nostro sfavore perché i dodicenni che vengono a studiare per qualche settimana possono diventare i ricercatori, gli imprenditori, i turisti del domani e, dopo un’ottima esperienza, potrebbero ritornare qui a vivere e lavorare a lungo termine», ha spiegato, «Un ciclo virtuoso che darebbe una grossa mano agli ingranaggi della nazione ma che, una volta interrotto per sempre, non c’è modo di recuperare».