Zemmour, reporter infiltrato nel comitato elettorale: «Razzismo e ossessione per il web»

Camilla Curcio
17/02/2022

Il reporter Vincent Bresson si è spacciato per un sostenitore di Zemmour e si è inserito nel comitato elettorale. Dal razzismo dilagante alla propaganda web in incognito, la sua esperienza e le scoperte sono state raccontate in un libro.

Zemmour, reporter infiltrato nel comitato elettorale: «Razzismo e ossessione per il web»

Il reporter freelance Vincent Bresson si è infiltrato nella squadra elettorale di Éric Zemmour, candidato del partito di estrema destra Reconquête! alle elezioni presidenziali che si terranno in Francia ad aprile. Dopo tre mesi come membro del comitato Génération Z, il gruppo di supporto giovanile del politico, ha acceso i riflettori su una serie di retroscena controversi: da dichiarazioni di stampo razzista a una propaganda segreta su Faceboook, fino alle continue riscritture della pagina Wikipedia del polemista. Materiale è stato raccolto ed esaminato nel dettaglio nel libro Au Coeur de Z, uscito giovedì 17 febbraio. 

Éric Zemmour, cosa ha scoperto il reporter in incognito

«Se sei una persona di colore o hai origini arabe», ha spiegato al Guardian il 27enne, «Per Zemmour soltanto lavorando duro e adattandoti alla cultura nazionale, hai qualche possibilità di diventare cittadino francese a tutti gli effetti». Per la maggior parte degli zemmouristi, tuttavia, neppure questi sforzi possono rendere uno straniero meritevole della cittadinanza: «Penso che questo dettaglio, più di qualsiasi altra dichiarazione, evidenzi come la promessa di un trattamento egualitario sotto la presidenza di Zemmour non sia altro che uno specchietto per le allodole utile a racimolare consensi». Un’ipotesi che smonterebbe i ripetuti tentativi del 63enne di rispedire al mittente le accuse di razzismo che gli sono state rivolte, nonostante due condanne per incitamento all’odio, una terza pendente e il sostegno alla teoria del ‘grande sostituto’ (secondo la quale i migranti musulmani starebbero sostituendo i nativi delle nazioni europee).

Un reporter è riuscito a entrare sotto copertura nel comitato elettorale di Éric Zemmour
Éric Zemmour (Getty Images)

Com’è nata di infiltrarsi nel comitato di Zemmour

L’idea di Bresson di entrare sotto copertura nel team giovanile del candidato premier è nata da una riflessione ben precisa: «Indossando i panni di Vincent, giovane uomo bianco provvisto di un’educazione universitaria e cresciuto in un ambiente cattolico, ero certo che avrei avuto molte più opportunità di conquistare la loro fiducia e diventare parte attiva dell’organico». La sua scalata, in effetti, è stata rapida: integratosi nel gruppo, ha partecipato alle attività organizzate dai vertici ed è stato invitato a unirsi al gruppo che si occupa di scandagliare i social media per rintracciare potenziali minacce alla sicurezza di Zemmour. Ma non è tutto. Dopo qualche tempo, è stato addirittura inserito in una lista chiusa di persone fidate che, incaricate di dormire nel quartier generale di Rue Jean Goujon, prestavano servizio come sentinelle notturne in cambio di un libro firmato, una foto o un pranzo con Zemmour. «Mi ha colpito molto la totale mancanza di controlli», ha sottolineato, «Mi sono inventato di punto in bianco un cognome, un lavoro nelle pubbliche relazioni, ma mai nessuno ha pensato di controllarmi la carta d’identità. Così come, in diverse occasioni, avrei potuto perquisire in estrema libertà la scrivania di Zemmour, senza che nessuno mi vedesse».

Un reporter è riuscito a entrare sotto copertura nel comitato elettorale di Éric Zemmour
Zemmour e i volontari impegnati ad attaccare manifesti elettorali (Getty Images)

Cosa avviene nel comitato di Zemmour

Trascorrendo intere giornate con gli altri colleghi, Bresson ha visto e sentito quanto la discriminazione razziale fosse normalizzata nella loro mentalità. «C’era gente che utilizzava continuamente la parola ‘negro’ e nessuno batteva ciglio», ha puntualizzato, «Una sera, addirittura, mi è capitato di origliare una conversazione tra due figure senior del team che, fuori dal centro di Villepinte dove si era tenuta la prima conferenza elettorale, scherzavano tra loro chiamando i parcheggiatori di colore  ‘Mamadou’, un appellativo che in Francia equivale a un pesante insulto razzista». E non finisce qui. Dall’interno dell’organizzazione, il giornalista ha avuto modo di assistere anche alla messa in piedi di una sofisticata campagna online, gestita dal direttore della strategia digital, Samuel Lafont, attraverso chat Telegram criptate.

Un reporter è riuscito a entrare sotto copertura nel comitato elettorale di Éric Zemmour
Il candidato e parte del suo staff (Getty Images)

«Non c’è nulla di pubblico, è tutto secretato», ha evidenziato, «E questo non è affatto un metodo pulito e trasparente di fare propaganda elettorale». Come funziona? A un’armata di centinaia di volontari viene ordinato di iscriversi a una trafila di gruppi Facebook relativi ad argomenti variegati, dalla musica rock al cibo, fino alle proteste dei no vax: «In questo modo, ritrovandosi in massa su queste pagine, iniziano a postare materiale pro Zemmour, tra cui articoli, video e link al sito web, e a chiedere agli altri iscritti di esprimere la loro opinione su di lui», ha aggiunto, «Intasano il social, creano interazioni e incrementano l’engagement del candidato, dando l’impressione che sia l’oggetto delle discussioni di migliaia di utenti online».

L’ossessione di Zemmour per la pagina Wikipedia

Ma non si limitano solo a questo. Nel libro, Bresson ha raccontato anche come un’altra unità di attivisti, la WikiZédia, si occupasse di editare continuamente tutte le voci relative al politico, in particolare la sua scheda principale, arricchendola con informazioni su tutte le apparizioni televisive e citando le sue opinioni su qualsiasi argomento. Uno stratagemma per aumentare le visualizzazioni e renderla la pagina web più cliccata di Francia. «Per un partito politico, si tratta di un’attività senza precedenti», ha messo in chiaro il reporter, «Una macchina che agisce contro i principi di oggettività e neutralità ai quali l’enciclopedia online si è sempre appellata».

L’uscita del saggio nelle librerie potrebbe causare non poche grane a Zemmour. Che, per parte sua, potrebbe ovviamente procedere legalmente contro l’autore e le 300 pagine di resoconti che ha firmato, di cui un team legale ha già verificato la veridicità. «Non ho paura, mi sono infiltrato per una questione di trasparenza. C’è di mezzo il bene di una nazione», ha concluso.