Il Brasile potrebbe essere vicino al colpo di Stato, e non è facile contestare radicalmente questa ipotesi. Negli ultimi giorni, infatti, nella nazione più grande del Sud America è andato in scena un duro botta e risposta tra il presidente ultraconservatore Jair Bolsonaro e la Corte Suprema. Il leader ha accusato il massimo organo giudiziario del Paese, e soprattutto il giudice Alexandre de Moraes, di aver spiccato troppi mandati d’arresto nei confronti dei suoi sostenitori, bollandoli come «arresti politici». In un discorso durissimo tenuto a Brasilia il 7 settembre, giorno dell’indipendenza dal Portogallo, Bolsonaro ha invitato il numero uno della Corte Suprema, Luiz Fux, a «mettere in riga i suoi sottoposti», altrimenti, ha detto, «saremo costretti a fare quello che non vogliamo». «Siamo diventati indipendenti», ha aggiunto, «e non accettiamo che nessuno a Brasilia imponga la sua volontà». I media, molti dei quali oppositori del presidente, hanno interpretato queste dichiarazioni come possibili minacce di golpe.
– Viva a nossa Independência! Viva o nosso Brasil! Viva o povo brasileiro! 🇧🇷🇧🇷🇧🇷 👍
— Jair M. Bolsonaro (@jairbolsonaro) September 7, 2021
Manifestazioni pro-Bolsonaro in tutto il Brasile
Proprio per ricompattare i propri sostenitori e dare un segnale forte al resto del Paese, Bolsonaro ha chiamato il “suo” popolo a scendere in piazza per manifestargli vicinanza. Non ci sono stati scontri, ma non si è certamente trattato di manifestazioni propriamente pacifiche. Il Guardian, che ha seguito da vicino la manifestazione di Brasilia (ma altre ce ne sono state in tutta la nazione, da Rio de Janeiro a San Paolo), ha riportato le testimonianze di bolsonaristi che chiedono che il presidente ricorra alle armi per «salvare il Paese». Per uno di loro, giudici e parlamentari di sinistra dovrebbero essere condannati a morte («Sono traditori, la cosa giusta da fare è sparargli»). «Se avremo bisogno di prendere le armi e morire per il Brasile allora lo faremo, sosterremo il presidente ovunque si trovi», ha detto un altro. Per evitare fraintendimenti, soprattutto da parte delle stampa estera, alcuni cartelli erano scritti anche in altre lingue: Monsieur Le Président, Utilisez L’Armée recitava uno, e la traduzione dal francese è abbastanza intuitiva. Carcere per corrotti e comunisti!, si leggeva su un altro striscione in inglese.

Cartelli e scritte favorevoli a un’insurrezione militare guidata da Bolsonaro erano ovunque per le strade, e tra i gesti più frequenti quello della pistola, mimata con le prime tre dita della mano. Fuori dal ministero della Difesa, uno striscione attaccato al retro di un camion chiedeva la pulizia delle istituzioni democratiche del Brasile: la Corte Suprema, il Congresso e la Corte elettorale suprema. «Il Brasile aveva bisogno di qualcuno come Bolsonaro, non di uno sfigato che non avrebbe fatto nulla», ha insistito uno dei suoi sostenitori. «Avevamo bisogno di un bruto, uno proprio come Bolsonaro. È in grado di affrontare tutti i politici che hanno dissanguato il Brasile».
Cosa succede in Brasile e perché
Per quanto i supporter del leader pensino che Bolsonaro sia «il presidente perfetto» e che continuerà a governare ancora a lungo, i numeri non sembrano dar loro ragione. In vista delle elezioni del 2022, infatti, i sondaggi danno in testa l’ex presidente Luiz Ignacio Lula da Silva. E non è solamente lo “spettro” del leader del Partito del Lavoro (Pt) a mettere in dubbio la rielezione di Bolsonaro, perché nonostante il suo consenso sia ancora sostanzioso, milioni di cittadini hanno perso fiducia in un leader la cui strategia anti-Covid, confusionaria e antiscientifica, ha causato la morte di oltre 580 mila persone.
O BRASIL TEM JEITO! A fala de Lula ao Brasil neste #7deSetembro.
– AJUDE A DIVULGAR pic.twitter.com/71SEFmA7x9
— Lula (@LulaOficial) September 6, 2021
Per l’opposizione le marce del 7 settembre sono state un tentativo «disperato» di provare a risollevare il consenso di Bolsonaro, in caduta libera per le condizioni economiche durissime in cui versa il Paese. «I numeri di Bolsonaro sono al collasso, e con questi comizi vuole dimostrare di essere ancora in gara. Sta cercando di dare energia alla sua base», ha detto al Guardian Marcelo Freixo, un membro del Congresso di sinistra del Partito Socialista Brasiliano (Psb). «Non è stato il popolo a scendere in piazza, sono stati i fanatici», ha aggiunto, definendo le proteste «assolutamente criminali e incostituzionali».
L’appello per denunciare il rischio di insurrezione militare
Le preoccupazioni sulla tenuta democratica del Brasile sono condivise anche all’estero. Centocinquanta tra ex presidenti, parlamentari e politici di oltre 26 Paesi hanno scritto un appello per denunciare il rischio di un’insurrezione militare. Tra loro, anche gli ex capi di Stato di Paraguay, Colombia ed Ecuador, l’ex primo ministro spagnolo Jose Luis Zapatero, il professore americano Noam Chomsky, il Nobel per la Pace argentino Aldolfo Perez Esquivel. I firmatari della lettera hanno anche ricordato come lo scorso 10 agosto il presidente abbia partecipato a una parata militare «senza precedenti».

L’inchiesta sul ricorso alle fake news da parte del partito di Bolsonaro
Ma cosa ha spinto Bolsonaro a passare all’attacco? Un’inchiesta da parte del già citato giudice Alexandre de Moraes sull’utilizzo di fake news da parte del partito del presidente, Alleanza per il Brasile, nella sua propaganda elettorale. Proprio per contrastare le indagini, Bolsonaro ha firmato un decreto (che deve essere approvato dal Parlamento) che obbliga i fornitori di servizi digitali a dimostrare la giusta causa per poter cancellare o sospendere post o account sui social network. Un provvedimento che per Facebook «limita in modo significativo la capacità di contenere gli abusi nelle nostre piattaforme» e che «viola i diritti costituzionali». L’inchiesta di de Moraes, nemico pubblico numero uno del presidente, ha prodotto anche mandati di perquisizione e sequestro, oltre a ordini di arresto, nei confronti di persone – vicine a Bolsonaro – accusate di finanziare e stimolare «atti antidemocratici». «Non possiamo ammettere che una persona offuschi la nostra democrazia. Non possiamo consentire che metta a rischio la nostra libertà», ha detto il presidente a Brasilia. Minacce non troppo velate.