Un altro giro sulla giostra. Giuseppe Castagna ha visto di recente confermato dagli azionisti il suo mandato come amministratore delegato di Banco Bpm. Al suo fianco, come presidente, c’è semre Massimo Tononi. I due hanno ottenuto il via libera dall’assemblea dei soci del 20 aprile, che ha confermato un lauto dividendo di 0,23 euro per azione. Ma qual è lo stato di salute della banca e quali sono gli orizzonti?
Il terzo gruppo italiano deve decidere cosa fare da grande
Il contributo del margine d’interesse (+13,4 per cento) spinge l’utile di Bpm, assestatosi a 866 milioni di euro nel 2022, verso nuovi livelli record. Dunque apparentemente nel prossimo triennio la strada sembra spianata per il percorso di Castagna. Il banchiere, che si è formato nella galassia della Commerciale Italiana dal 1981 al 2013, poi diventato ad di Bpm dal 2017, vede sulla carta il suo tragitto in discesa. Ma, come si sa, il risiko bancario quaise sempre prescinde dai risultati sul campo. Bpm non è ancora tra i primi attori sistemici del Paese, e in una fase di avviato consolidamento bancario Castagna non potrà restare fermo. La patrimonializzazione solida del gruppo, la ramificazione attorno al tessuto produttivo del triangolo Lombardia–Veneto–Piemonte e il derisking da 2,6 miliardi di euro rendono l’istituto di Piazza Meda sicuro. Al contempo, quello che sulla carta per utili, patrimonio gestito (vicino ai 200 miliardi) e quota di mercato (stimata oltre il 7 per cento nazionale) è il terzo gruppo italiano deve capire se consolidarsi ulteriormente o essere attratto da gruppi più strutturati.

Mangiare o essere mangiati: il bivio e il precedente con Crédit Agricole
Si era rincorsa in passato più di una voce sull’intenzione del Crédit Agricole, socio forte con quasi il 10 per cento del capitale, di aumentare la sua quota e diventare l’azionista di riferimento. Ma nulla in tal senso si è ancora concretizzato. Oggi, invece, la prospettiva per Castagna è che non ci sia una via alternativa al “mangiare” o “essere mangiati” per il suo istituto. Questo, perlomeno, è ciò che qualificate fonti vicine al mondo finanziario milanese riportano a Tag43. La partita è ampia: Bpm può scegliere se consolidarsi puntando a espandersi come terzo polo del credito o subire, per il fattore tempo, l’attrazione di un attore esterno. Crédit Agricole di nuovo, per esempio. O, in prospettiva, Unicredit, ora che l’ex vicepresidente e regista della nascita del gruppo di Piazza Gae Aulenti Fabrizio Palenzona è diventato presidente di Fondazione Crt. La quale è azionista di minoranza di entrambe le banche e può muoversi attivamente per tessere la tela del matrimonio.

Tononi-Orcel e Padoan-Castagna: le alleanze incrociate Bpm-Unicredit
Le ambizioni personali, raccontano le nostre fonti, giocano un ruolo chiave. In quest’ottica Castagna vede la sua traiettoria divergere rispetto a quella del presidente Tononi. E la sua strategia converge con quella del presidente di Unicredit, l’ex ministro dell’Economia e delle Finanze Pier Carlo Padoan. Sapendo che Andrea Orcel, rilanciata Unicredit, vuole consolidare il gruppo con una grande operazione di fusioni e acquisizioni (anche se Orcel nelle sue esternazioni dice di volersi concentrare sull’aumento di valore della sua banca), Tononi è indicato come un uomo favorevole a un deal similare a quello che portò “in dote” tre anni fa Ubi Banca a Intesa SanPaolo. Questa volta, però, Palenzona potrebbe puntare a evitare l’Offerta pubblica di scambio giudicata ostile e si vocifera di un ritorno a un ventennio fa, quando alla nascita di Unicredit l’allora ad Alessandro Profumo tentò di proporre un’Opa amichevole sull’allora Banca Popolare di Milano.

Tononi, vicino all’ala cattolico-democratica di centrosinistra, oggi auspica quello che allora non riuscì al “dalemiano” Profumo. E mira a guidare da presidente una banca nata da una possibile aggregazione Unicredit-Bpm. In cui a perdere sarebbero, evidentemente, Castagna e Padoan. Il primo verrebbe realisticamente “retrocesso” al ruolo di direttore generale di una divisione del gruppo di Orcel. Il secondo si troverebbe in una posizione ancor più precaria.

Le mosse possibili per Castagna: Popolare di Sondrio o Mps
Il 18 maggio Palenzona si insedierà ufficialmente a Crt. Da lì in avanti potremo capire quanto in profondità un’opzione del genere potrebbe prendere piede. Ma nei prossimi anni l’attenzione a Bpm, solido e portatore di frutti, potrebbe crescere esponenzialmente. Cosa può fare Castagna per non esser preso in contropiede? La spinta europea al consolidamento dentro e fuori i perimetri finanziari tradizionali appare la strategia ottimale.

I ben informati invitano a guardare con attenzione le mosse che avvengono in Anima Sgr, società di gestione del risparmio dove Bpm è il primo azionista con oltre il 20 per cento del capitale e a cui come soci partecipano Mediobanca, Amundi (di Crédit Agricole) e, da poco, anche Francesco Gaetano Caltagirone, col 3 per cento. Mostrarsi attivi in un piccolo “salotto buono” potrebbe rendere chiara la tenacia del gruppo di Castagna e spingere ulteriori consolidamenti. La direzione? Una riapertura del dossier Popolare di Sondrio o addirittura la prospettiva di uno “sposalizio” con Monte dei Paschi di Siena. Nella ricerca di legittimazione reciproca tra nuovo corso politico a guida conservatrice e tessuto finanziario, sarà Bpm la banca a cui Giorgia Meloni guarderà per riportare nel privato il Monte? Bocche cucite da Via XX Settembre, mentre Piazza Meda smentisce.

Chi farà il primo passo? La partita ormai è iniziata
Ma a oggi i due giganti del sistema italiano, Intesa e Unicredit, avrebbero più incognite che guadagni da uno spezzatino di Mps. Per economie di scala, prospettive e garanzie di sviluppo Bpm può giocare una partita non senza di rischi ma capace di farlo crescere. Tutto è in mano al fattore umano, alle ambizioni dei vertici di due delle più dinamiche banche milanesi. Chi farà la prima mossa? Bpm con Castagna per rafforzarsi o Unicredit per avviare la fusione o addirittura la scalata al gruppo concittadino?. Tutto dipende da prospettive e tempistica, ricordano le nostre fonti. Ma la partita del consolidamento è avviata. E nessuno nella finanza italiana, di fronte aalla prospettiva di crisi globali, venti recessivi, tassi in rialzo e incertezze può ignorarla. A prescindere dai risultati positivi ottenuti dall’attività operativa.