Boris Johnson si è dimesso con effetto immediato dalla carica di deputato. Tra le motivazioni, l’indagine sullo scandalo Partygate per il mancato rispetto delle norme anti-covid durante le feste organizzate a Downing Street. L’ex primo ministro ha parlato di quella che ha definito una «caccia alle streghe, per vendicarsi della Brexit e infine per ribaltare il risultato del referendum del 2016». In un’amara dichiarazione, ha attaccato il governo di Rishi Sunak, incolpando l’attuale primo ministro per «aver aumentato le tasse, non essere abbastanza conservatore e non aver sfruttato al meglio la Brexit». Johnson, secondo il The Guardian, ha lasciato intendere che potrebbe provare a tornare in politica, dicendo di essere «molto triste di lasciare il parlamento, almeno per ora».

Dimissioni Boris Johnson, gli effetti
Johnson nella sua dichiarazione ha attaccato i nemici politici per averlo preso di mira: «Sono sconcertato e sconvolto di dover essere costretto a uscire, in modo antidemocratico, da una commissione presieduta e gestita dalla deputata laburista Harriet Harman, con un tale pregiudizio eclatante. Il loro scopo fin dall’inizio è stato quello di ritenermi colpevole, indipendentemente dai fatti». Le dimissioni innescheranno un’immediata elezione suppletiva nel collegio elettorale di Johnson a Uxbridge e South Ruislip.
Il rapporto sull’inchiesta Partygate
Il comitato interpartitico dei parlamentari – la maggioranza dei quali sono conservatori – ha aggiunto che lunedì concluderà la sua inchiesta e «pubblicherà prontamente il suo rapporto», per quanto, secondo Johnson i componenti della commissione «Non hanno ancora prodotto uno straccio di prova» confermando di non aver «mentito». In risposta alla sua dichiarazione, un portavoce della Commissione ha dichiarato: «Sono state sempre seguite le procedure e il mandato della Camera. Il signor Johnson ha contestato l’integrità della Camera con la sua dichiarazione. La commissione si riunirà lunedì per concludere l’inchiesta e pubblicare prontamente il suo rapporto».