Bologna torna capitale della sinistra, o almeno di quello che ne resta. Un po’ per necessità, visto che è una delle poche città in cui ancora la sinistra riesce a vincere, un po’ per il caso, legato alla provenienza dei due principali candidati alla segreteria dem, Stefano Bonaccini ed Elly Schlein, sulle Due Torri sventola la bandiera progressista. Anche se non è più rossa.
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L’Emilia-Romagna sembra sempre di più una ridotta del Pd
Non tutti, però, vedono di buon occhio la bolognesizzazione della contesa: «In questo processo regressivo l’Emilia-Romagna appare sempre più la ridotta nella quale il partito si va asserragliando. Diciamo Emilia-Romagna, ma dovremmo dire la ricca pianura tra Reggio e Bologna», spiega a Tag43 Arturo Parisi, ex ministro della Difesa e da sempre considerato ideologo dell’Ulivo prodiano, progenitore del Pd. Parisi sottolinea anche l’ineluttabilità di questa dinamica: «Chi ricorda feste Nazionali dell’Unità che si svolgono altrove? Come meravigliarsi se il cosiddetto congresso stia finendo circoscritto a Bonaccini e Schlein…». Insomma, non tutto è oro nella Bologna che luccica per il Pd. Resta una considerazione: l’aumento di tesseramenti al partito nelle ultime settimane (in Emilia-Romagna quasi un migliaio in pochi giorni) rappresenta un segnale di vitalità, il punto di ripartenza, come in un ciclo storico che si chiude e si riapre. Così Schlein ha deciso di iscriversi nuovamente al Pd, lasciato nel 2015, alla Bolognina, dove nel 1989 Achille Occhetto, allora segretario del Partito comunista italiano, annunciò la fine della falce e martello per la nascita di un nuovo soggetto. Fu una Bad Godesberg (la località tedesca in cui nel 1959 ci fu la svolta dei socialdemocratici che abbandonarono l’ideologia marxista) alla bolognese. Schlein immagina la Bolognina come un ritorno alle origini, non quelle comuniste ma veracemente progressiste.

Da Prodi alle Sardine
In ogni caso Bologna è stata sempre al centro della storia della sinistra. Pure in senso opposto, come quando, nel 1999, la città visse lo choc dell’elezione a sindaco di Giorgio Guazzaloca, primo esponente di centrodestra capace di espugnare la roccaforte. Per tornare in mani rosse è stato necessario chiamare il “cinese lombardo”, uno straniero a Bologna: Sergio Cofferati, allora alfiere della sinistra dura e pura. L’amore tuttavia non è mai scoccato, perché lo Sceriffo ex leader della Cgil non ha saputo conquistare il cuore della città. Più centrale il Professore, bolognese ma di origine reggiana. Romano Prodi venne chiamato a risollevare le sorti del centrosinistra nel 1996 contro il ciclone Berlusconi, bissando il risultato – seppur di misura – giusto un decennio dopo. Meno vincente da un punto di vista elettorale, ma altrettanto dirompente sotto il profilo mediatico è stato il fenomeno delle Sardine, che hanno spinto Bonaccini alla riconferma in Regione contro la leghista Lucia Borgonzoni. Un movimento che ora si è schierato al fianco di Schlein. «Elly è capace di portare linfa vitale al Pd», ha commentato al Resto del Carlino il consigliere comunale Mattia Santori. «Le Sardine», riflette con Tag43 il filosofo Stefano Bonaga, «hanno avuto il merito di concentrarsi sulla partecipazione». Certo, osserva, «sono state sopravvalutate le singole persone e non è stato capito il messaggio di cui il movimento era portatore: la richiesta appunto di partecipazione»

No a un partito che pensa al governo e non al territorio
Ora dopo tanti errori si riparte dalla roccaforte. Ma è lecito chiedersi come si sia arrivati a questo punto. «Mentre la domanda di partecipazione politica calava e mutava, il partito, invece di aumentare e innovare l’offerta, l’ha ridotta e lasciata immutata», spiega Parisi. Chi conosce bene la politica bolognese come Bonaga preferisce pensare ad altro, scansando il tema della città tornata centrale nella vita del centrosinistra: «Ma cosa interessa agli italiani chi sarà il segretario? Questo incarna una visione criptofascista della persona chiamata a salvare la società». Insomma, non conta la centralità bolognese: «La deriva dei corpi intermedi, che pure sono necessari in una società complessa, rappresenta il vero problema». Altro che due Torri: «C’è un partito che pensa che l’unico obiettivo sia quello del governo. Ma il partito deve essere rapportato al famoso territorio». E di certo non basta solo quello di Bologna.
