Prendere un aereo in Cisgiordania è impossibile. La regione non ha aeroporti civili e i viaggiatori che riescono a permettersi un biglietto sono obbligati a partire dalla vicina Giordania. A risolvere questo problema in maniera fantasiosa, dando a tutti la possibilità di salire a bordo di un velivolo, ci hanno pensato Khamis al-Sairafi e il gemello Ata. I due hanno convertito un vecchio Boeing 707 in un elegante locale dove chi vuole può bere un drink o pranzare quasi come fosse in viaggio pur non spostandosi mai dalla città di Nablus. «Il 99 per cento dei palestinesi non ha mai utilizzato un aeroplano. Da noi solo ambasciatori, diplomatici e ministri godono di questo diritto. Ora la gente può toccarlo con mano, entrarci e vivere l’esperienza», ha spiegato all’Associated Press Khamis. Dopo più di 25 anni di lavoro, lo scorso luglio i due fratelli palestinesi sono riusciti a concretizzare un sogno, aprendo il Palestinian-Jordanian Airline Restaurant and Coffee Shop al-Sairafi. Un posto dove famiglie, amici e coppie possono tranquillamente sorseggiare un caffè o scattare selfie e foto ricordo al prezzo di cinque shekel a persona (circa 1,30 euro). La reazione della gente all’apertura è stata sorprendente. Soprattutto dopo tutto l’hype alimentato dalle foto che, qualche mese prima, erano state diffuse sul web. «Avevo così tanta voglia di visitare questo posto. Mi sarebbe piaciuto vedere il Boeing prima che diventasse un bar», ha raccontato uno dei clienti.
La storia del jet diventato ristobar
L’aereo ha una storia molto particolare. Alla fine del 1990 era rimasto a lungo parcheggiato sul ciglio di un’importante autostrada nel nord della Cisgiordania ma portava sulle spalle un passato glorioso. Il governo israeliano lo aveva usato dal 1961 al 1963 e, nel 1978, l’allora primo ministro Menachem Begin se n’era servito per raggiungere gli Stati Uniti in occasione della firma dello storico accordo di pace tra Israele ed Egitto. Dopo qualche anno è stato acquistato da tre soci israeliani, intenzionati a trasformarlo in un ristorante, ma l’iniziativa fu abbandonata per dei disaccordi con le autorità locali. Ed è a questo punto del racconto che sono subentrati i gemelli. Una volta rintracciato uno dei proprietari, nel 1999 sono riusciti ad acquistarlo per 100 mila dollari. Cifra a cui si è aggiunta anche un’ulteriore spesa di 50 mila dollari utile a procurarsi permessi e licenze e necessaria per il trasporto in Cisgiordania e i lavori di rinnovo. Dopo il lasciapassare del sindaco di Nablus e un trasferimento durato 13 ore (che ha addirittura richiesto lo smantellamento delle ali e la temporanea chiusura delle strade in Israele e Cisgiordania), il boeing è arrivato a destinazione, pronto per una nuova vita.
Vent’anni di ostacoli tra Seconda Intifada e lockdown
Non è andato tutto liscio come si sperava. Nel 2000 i lavori sono stati interrotti a causa dello scoppio della Seconda Intifada, la rivolta palestinese contro gli occupanti israeliani. Un posto di blocco dell’esercito di Tel Aviv si è posizionato per tre anni nei pressi dell’aereo per evitare che i clienti potessero accedervi, e il sogno dei fratelli è morto sul nascere. «Avevano addirittura montato delle tende sotto le ali per bloccare tutto», ha aggiunto Ata. Per oltre 20 anni, il cantiere è rimasto in uno stato di completo e totale abbandono, ma nel 2020, ormai stanchi di aspettare, si sono rimboccati le maniche e hanno iniziato a ricostruire tutto quello che avevano perso, partendo dal restauro del velivolo. Dopo mesi di fatica e nonostante i ritardi dovuti alla pandemia e ai lockdown, è quasi tutto pronto per il servizio completo: il bar è già in funzione, mentre il ristorante potrebbe aprire le porte al pubblico il mese prossimo. Gli interni sono stati completamente messi a nuovo, il muso è stato dipinto coi colori della bandiera palestinese, la coda con quelli della bandiera giordana ed è stata installata l’elettricità. Manca solo la cucina, destinata a occupare la parte inferiore del corpo del jet. Nonostante siano rimasti delusi dalla totale assenza di fondi da parte del comune, gli al-Sairafi non demordono, continuando a lavorare per cercare investitori desiderosi di puntare sul loro business.