Bob Dylan, il tour in Italia e la guerra allo smartphone

Michele Monina
15/03/2023

Chi assisterà ai concerti di Bob Dylan si metta il cuore in pace. L'organizzazione ha vietato l'uso di cellulari: i device saranno 'sequestrati' all'ingresso. Un modo, si sostiene, per recuperare il rapporto con la realtà senza il filtro di uno schermo. Senza parlare dei diritti d'autore. Ecco l'ultima provocazione del menestrello di Duluth.

Bob Dylan, il tour in Italia e la guerra allo smartphone

Chissà come si chiama la fobia dei telefoni, forse oggi toccherebbe usare la parola smartphone. E chissà piuttosto se esiste la fobia degli smartphone, se cioè qualcuno si è premurato di codificarla e darle un nome. Perché una cosa è certa: se mai dovesse esistere, la persona più famosa al mondo a soffrirne, quella che verrebbe di diritto citata in tutti gli articoli coi quali la si presenta a un pubblico generalista non tenuto a conoscerla già, è senza ombra di dubbio il menestrello di Duluth, all’anagrafe Robert Zimmermann, meglio noto a tutti come Bob Dylan.

Quando Dylan snobbò il Nobel per la Letteratura

Ricorderete infatti tutti come, nel 2016, quando l’Accademia del Nobel decise di assegnare al cantautore americano il Premio per la Letteratura, per oltre un mese il nostro non rispose alla telefonata da Stoccolma atta a notificargli l’encomio. Qualcosa che ai tempi suonò quasi paradossale, rinforzando l’idea di un Bob Dylan estroso, eccentrico, uno che, appunto, vince il Nobel ma rimpalla il premio. Una volta alzata simbolicamente la cornetta – oggetto ormai entrato nel mondo del vintage – si rifiutò di prendere parte alla premiazione mandando in sua vece Patti Smith, a causa di impegni precedenti, disse (sembra un concerto nella provincia americana), salvo poi incontrare i membri dell’Accademia nei camerini di un teatro nel quale tenne mesi dopo un concerto in Svezia, così, di sfuggita. E, comunque, non ha inserito il Premio Nobel nelle sue note biografiche, manco avesse vinto a una lotteria parrocchiale.

Bob Dylan, il tour in Italia e la guerra allo smartphone
Bob Dylan ha vinto il Nobel per la Letteratura nel 2016 (Getty Images).

Le date italiane per presentare l’album Rough and Rowdy Ways con divieto di ripresa

Tornando però ai telefoni, perché è appunto di una telefonata non accettata che si parlò a lungo in quell’occasione, anche oggi esce una notizia che ha per protagonista Bob Dylan, e gli smartphone come oggetto del suo odio. È infatti stata annunciata una serie di date estive in Italia del cantautore americano che per la prima volta presenterà in pubblico i brani dell’album Rough and Rowdy Ways, ovviamente resi irriconoscibili per il tipico vezzo del nostro di cambiare armonia, melodia e arrangiamenti dei suoi brani dal vivo: il 3 e 4 luglio al Teatro Arcimboldi di Milano, il 6 luglio in quel di Lucca, all’interno del Lucca Summer Festival, il 7 all’Arena di Santa Giuliana di Perugia, nel cartellone di Umbria Jazz, e il 9 al Parco della Musica di Roma, tour organizzato da D’Alessandro e Galli. Ma quel che ha colpito l’attenzione, più anche del prezzo dei biglietti, nel suo caso come in quello di buona parte dei nomi pesanti del mondo musicale schizzati alle stelle, seppur un Premio Nobel per la Letteratura potrebbe a riguardo anche essere giustificato, è il fatto che, una volta superate le transenne, dopo aver esibito il biglietto lautamente pagato, verrà chiesto allo spettatore di riporre il proprio smartphone dentro una scatola con chiusura magnetica della Yondr, azienda attiva nel settore dal 2014, senza la possibilità di aprirla se non in apposite zone delle varie location, e comunque solo in caso di estrema necessità e lontani dal palco.

Il divieto di smartphone per recuperare il rapporto con la realtà

Questa la notizia: Bob Dylan, quindi, vieta categoricamente l’uso degli smartphone ai suoi concerti, e per essere sicuro che nessuno possa evadere dalla sua richiesta, obbliga gli spettatori a eseguire l’operazione sotto lo sguardo vigile degli addetti a tal compito. Un modo, recita il comunicato stampa che annuncia la netta presa di posizione dell’artista e quindi dell’organizzazione, per permettere a chi assiste al concerto di seguirlo senza filtri, recuperando un rapporto con la realtà che altrimenti viene sempre mediato dallo strumento in questione. Questo senza star qui a tirare in ballo faccende laterali quali lo sfruttamento non riconosciuto dei diritti d’autore sui social. Quel che infatti in genere capita a chi viene filmato durante un proprio concerto, è di finire in presa diretta immortalato sui social, si tratti di Twitter, Instagram o, non credo sarebbe il caso di Dylan, TikTok, Facebook giusto un passo indietro, non essendo quello delle dirette il suo core business. Un modo certo per veicolare musica, ben lo sanno quanti proprio grazie ai social hanno visto esplodere la propria carriera, ma anche un modo per vedere violati i diritti d’autore, specie riguardo i pezzi eseguiti live, spesso bloccati (parlo di Youtube come di Facebook), ma altrettanto spesso, specie quando si tratta di Stories, liberi di circolare in barba all’inalienabile diritto d’autore. Certo, uno che ha rimpallato a lungo la famosa telefonata dell’Accademia del Nobel, che nel notificargli la vittoria del premio indirettamente gli annunciava l’arrivo di un bonifico di circa due milioni di euro, non dovrebbe star lì a fare i conti della serva per capire quanto perderebbe di diritti connessi per qualche storia sui Instagram, anche perché il pubblico di Dylan, a occhio, non è certo quello dei ragazzini che sono usi filmare ogni singolo istante della loro esistenza, ma di fatto anche questo è argomento che sicuramente sarà finito sul tavolo nel momento in cui è stata presa la decisione di impedire in maniera così radicale di fare foto o video durante un concerto.

Bob Dylan, il tour in Italia e la guerra allo smartphone
Bob Dylan al Roskilde Festival nel luglio 2019 (Getty Images).

L’inquietudine di essere separati dai nostri device

L’idea di essere separati dai propri device, questo accadrà al pubblico che si suppone assieperà piazza a Lucca, il Teatro Arcimboldi di Milano come l’Arena di Santa Giuliana a Perugia o il Parco della Musica di Roma, da una parte diventa quasi affascinante, tanto è il tempo che non siamo più abituati a vivere lontani da essi, dall’altra comporta un senso di inquietudine degno di finire in una prossima stagione di Black Mirror, come ritrovarsi nudi in mezzo a una folla assiepata di gente se non si è di quelli che vanno nei parchi ad aprire l’impermeabile per mostrare le pudenda. È l’ennesimo gesto spiazzante di Dylan, non il solo a vietare l’uso di smartphone ai propri show, certo, ma sicuramente uno dei nomi più altisonanti. Notizia ancora più rumorosa se si pensa che siamo nel 2023, in piena era di Intelligenze artificiali che non si limitano solo a dialogare con noi, ma anche a scrivere canzoni, di Metaverso che diventa sempre più spesso luogo di eventi musicali di artisti reali e non, e di NFT che in qualche modo fungono da certificatori di altri eventi, oltre che di opere d’arte, anche d’arte musicale, create ad hoc.

Finti autografi sui libri, le scuse di Bob Dylan. 900 copie del volume "The Philosophy of Modern Song" vendute a prezzo maggiorato.
Bob Dylan durante un concerto del 2004 (Getty Images).

Se ai tempi aveva fatto rumore, parlo di oltre 10 anni fa, la notizia che Apple aveva ideato un meccanismo per bloccare automaticamente le videocamere degli iPhone in certi luoghi, si trattasse di musei, sale concerti o altro poco cambia, fatto che aveva fatto gridare alla violazione delle proprie libertà personali, figuriamoci a pensare alla reclusione forzata dei nostri smartphone dentro scatolette la cui apertura è affidata a terzi. Roba da sudori freddi e proteste in pubblica piazza. Verrebbe da chiedersi se altri nomi grossi, come è successo con la cessione dei diritti d’autore del proprio catalogo a grandi editori o addirittura a gruppi finanziari (vedi Dylan e altri colossi del rock), seguiranno la stessa strada. Impossibile saperlo adesso, ma per dirla con parole sue, di uno dei più grandi cantautori di tutti i tempi, il solo cantante a aver vinto un Premio Nobel per la Letteratura, la risposta è portata dal vento. Provateci voi, se ce la fate, a fare una fotografia del vento.