«Se il City vincerà la Champions, chiamerò Noel e rimetteremo insieme la band». Così, giorni fa, Liam, Liam Gallagher, voce degli Oasis insieme a suo fratello Noel, alle chitarre, da sempre sfegatati supporter del Manchester City. È noto, la squadra allenata da Pep Guardiola, in odore di portare a casa in questa magica stagione tutto il cucuzzaro – cinque competizioni su cinque, altro che triplete – non ha mai vinto la Champions, a differenza degli odiati cugini dello United che sotto la guida di sir Alex Ferguson hanno vinto di tutto e tanto. Potrebbe dunque suonare normale che l’ipotesi di una tale vittoria – il City se la giocherà a Istanbul con l’Inter di Simone Inzaghi, sulla carta decisamente sfavorita – induca i due fratelli terribili a riformare la band, mettendo da parte decenni di insulti, minacce, recriminazioni e rancori. Non fosse che in uno dei tweet successivi lo stesso Liam ha dato dell’idiota al fratello, a sua volta lì a insultare in tv Liam. Mica uno si fa la fama di fratelli terribili a caso. Cosa accadrà a Istanbul, prima, e in quel di Manchester poi, non è davvero dato saperlo. L’imprevedibilità dei due è davvero a livelli pro, come lo è il gioco del calcio. È però certo che una certa musica del passato sembra mai come oggi ridiventata attuale, leggi alla voce Anni 90.

Intanto dopo otto anni i Blur tornano con The Narcisisst
Infatti, mentre Liam e Noel se le dicevano, come da copione, di santa ragione, ecco che a tornare insieme (e quindi sul mercato) con un singolo, The Narcissist, che anticipa l’album atteso a luglio The Ballad of Darren e il tour, con tanto di tappa estiva in Italia a Lucca, dopo otto anni – ere geologiche nella discografia attuale – sono coloro che, in detti Anni 90, proprio degli Oasis erano considerati acerrimi nemici, in quel classico dualismo che sin dai tempi di Beatles vs Rolling Stones, ma forse potremmo tornare a Little Richard vs Jerry Lee Lewis, tiene vivo e friccicarello il mondo del rock: i Blur di Damon Albarn.
Oasis vs Blur, una rivalità tutta dentro al Britpop
Sul perché ai tempi si sia costruito questo dualismo, forse, andrebbe aperto un dibattito. Forse è vero che le due band erano le più seguite tra quelle che hanno dato vita al cosiddetto Britpop, anche qui, un’etichetta non esattamente coerente con la musica suonata. Ma mentre gli Oasis si iscrivevano a una solida tradizione inglese, non a caso figli di quella Manchester che anche negli anni precedenti tanto aveva dato alla musica (giusto per fare un paio di nomi si pensi ai The Smiths di Morrissey, proprio giorni fa l’idea campata in aria di una reunion nella lineup originale è svanita per sempre con la morte del bassista Andy Rourke, o agli Stone Roses di Ian Brown, punta di diamante della cosiddetta scena di MadChester, colonna sonora dell’era delle pasticche), i Blur, provenienti dalla modaiola Londra, hanno sempre espresso in maniera ineccepibile il proprio spirito cockney, giocando tra rock e pop, loro sì, con il gigionismo istrionico del frontman a fare indubbiamente la differenza, come poi dimostrato coi Gorillaz, con i The Good, The Bad & The Queen, e con tutte le esperienze varie e eventuali messe insieme.

Ai tempi della Brexit, sarebbe curiosa una nuova British Invasion
Una estate 2023 all’insegna del passato, sembrerebbe, o magari del futuro, per quella faccenda dei cicli, dei corsi e ricorsi, la retromania cantata da Simon Ryonlds, i revival che anche nelle canzonette italiane si fanno riconoscere chiaramente. E dire che proprio Council Skies, ottavo album solista di Noel, uscito pochi giorni fa, è a oggi l’opera dei fratelli Gallagher di gran lunga migliore dopo lo scioglimento degli Oasis, intriso com’è di malinconia post-divorzio, cupo e introspettivo come un uomo che si incammina verso la mezza età dovrebbe poter essere senza scrupolo alcuno. Curioso sarebbe un ritorno di tutta quella scena, seppur molti non se ne siano mai fisicamente andati, una nuova British Invasion a suon di Suede, Charlatans, Pulp, Verve, Supergrass e compagnia bella. Forse il solo bene di importazione su cui la Brexit non ha inciso, sarà che come assai prima del Britpop cantava Letta Mbulu, la musica è nell’aria, e quella né le frontiere né i calendari riescono a fermarla.