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Il sommelier eremita

Allarmato dai racconti di colleghi che, per il Covid, hanno perso gusto e olfatto, l’esperto di whisky Blair Bowman ha scelto di continuare a vivere in lockdown per preservare gli strumenti del mestiere.

22 Novembre 2021 15:43 Camilla Curcio
Nonostante l'allentamento delle restrizioni, l'esperto di whisky scozzese Blair Bowman continua a vivere in lockdown per evitare di contrarre il virus e perdere gusto e olfatto

Scegliere di vivere in lockdown per non contrarre il Covid e preservare olfatto e gusto. Questa la decisione di Blair Bowman, noto esperto di whisky scozzese che, da marzo 2020, si è avventurato per le strade di Edimburgo soltanto per qualche passeggiata e per ritirare la spesa settimanale. Il suo nuovo stile di vita non è un capriccio: da sommelier lavora coi sensi che il virus intacca in maniera più o meno prolungata e non può permettersi di perdere gli strumenti fondamentali di una professione che gli consente di pagare l’affitto e tirare avanti. «Non me la sento di ritornare alla normalità, il rischio è ancora troppo alto», ha dichiarato ai microfoni di BBC Radio Scotland’s Mornings programme.

Bowman: «Il Covid non è ancora sparito»

Con la pandemia, la sua vita è cambiata radicalmente. Prima dell’inizio dell’emergenza sanitaria, infatti, Bowman saltava da un aereo all’altro per partecipare a eventi privati e convention sparse per il mondo, tra Norvegia, Giappone ed Emirati Arabi, e passava pochissimo tempo a casa. Da quasi due anni, invece, ha trasformato l’appartamento in un ufficio e lavora solo ed esclusivamente in smart working. L’allentamento delle restrizioni lo ha portato a riflettere seriamente sulla situazione, ritrovandosi a un bivio: riprendere gradualmente i ritmi di un tempo, col timore di ammalarsi e l’obbligo di mettere un freno agli affari o rimanere in isolamento fino a un miglioramento più o meno definitivo della situazione. La seconda opzione ha avuto la meglio. «Mi sembra tutto ancora piuttosto surreale, lo ammetto», ha spiegato il 31enne, «ho deciso consapevolmente di seguire questa strada e ho imparato a farci pace. È la cosa giusta per me stesso e per gli altri. Il virus non è ancora sparito e rimango un soggetto a rischio, per quanto abbia fatto entrambe le dosi di vaccino. La percentuale di contagio è ancora elevata». Quanto al suo business, nonostante le mille difficoltà, è riuscito a mantenerlo sulla cresta dell’onda, limitando le perdite e continuando a rimpolpare i fatturati: «La mia attività non ne ha risentito, anzi. In questi mesi, ho constatato una crescita importante nelle richieste e negli incassi, anche perché posso dedicarmi a più progetti contemporaneamente grazie a Zoom», ha aggiunto, «Sono molto fortunato. Da 10 anni faccio un mestiere che amo, che mi consente di degustare tanti tipi di whisky, offrire la mia consulenza ai clienti e raggiungere destinazioni lontanissime senza muovermi dal divano».

Da oltre 20 mesi il sommelier evita pub ed eventi sul whisky

Ovviamente, questa scelta ha comportato anche conseguenze meno piacevoli. «Sono stato costretto ad annullare la mia partecipazione a centinaia di rassegne e, ogni giorno, mi trovo a declinare un sacco di inviti a degustazioni», ha sottolineato, «Continuerò a vivere e lavorare virtualmente fino a quando la scienza non ci darà un quadro limpido e cristallino dell’evoluzione della malattia e dei suoi rischi». Anche la sua vita sociale ne ha risentito parecchio. Non entra in un pub o in un locale da oltre 20 mesi, non va a cena con gli amici, non partecipa a nessuna festa e non si ferma neppure per qualche minuto a sorseggiare un caffè d’asporto in un parco. Tra le quattro mura di casa, però, non è da solo. Ad affiancarlo in questa strana avventura c’è la compagna, anche lei libera professionista. «Siamo felici, ci sentiamo a nostro agio nella piccola bolla che ci siamo creati». Non ha fretta di riprendere dal punto in cui ha lasciato, ancor di più dopo aver sentito dalla viva voce di un collega quello che il virus può provocare. «Ha provato ad assaggiare il suo whisky di Islay preferito e non ha sentito altro che un aroma di aria fresca», ha raccontato, «Chi conosce bene il liquore, sa che ha un sentore torbato e affumicato. Una cosa del genere ti scombussola, soprattutto se da un momento all’altro non sei più in grado di lavorare al meglio. Voglio evitare di giocarmi qualcosa di così importante per la mia sopravvivenza».

La parosmia da Covid può durare mesi

In genere, le persone che perdono l’olfatto per il Covid riescono a riacquisirlo entro due settimane. In qualche caso, però, può capitare che la situazione si complichi. «Una persona su dieci potrebbe ritrovarsi a fare i conti con una perdita più persistente e impiegarci anche due mesi per ritornare a sentire odori e sapori, in maniera comunque molto diversa dal normale», ha chiarito Sarah Oakley, direttrice della onlus AbScent, «Si parla di parosmia, una sindrome che distorce quel che gustiamo e che annusiamo». Il caffè, il pane, le patatine fritte smettono di avere il solito aroma e questo cambiamento improvviso innesca nel sistema olfattivo del paziente una reazione di disgusto. «Si tratta di un problema difficile con cui convivere, che spesso sta alla base di cambi d’umore repentini e depressione», ha puntualizzato in una recente intervista alla BBC, «Invade qualsiasi ambito della routine quotidiana, costringendo chi ne è affetto a stravolgere le proprie abitudini» (QUALI PROFESSIONI METTE A RISCHIO LA PAROSMIA).

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