Democrazia senza custodi

Redazione
02/09/2021

La ritirata delle truppe dall'Afghanistan e le parole di Biden sintetizzano bene il nuovo atteggiamento degli Usa in politica estera. Russia e Cina sono i rivali e per tener loro testa serve ogni risorsa. Anche a costo di riconsiderare i rapporti con l'Europa.

Democrazia senza custodi

Da Dagospia

Crollato ai minimi della popolarità, accusato di presentarsi agli americani duro come un semolino, più Rimba che Rambo, Joe Biden ha accettato il consiglio del suo staff di comunicazione, e d’accordo con il consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti Jake Sullivan ha calzato l’elmetto: «Siamo andati lì per al Qaeda… abbiamo ucciso bin Laden dieci anni fa e decimato al Qaeda. Era il momento di finire questa guerra. Non si poteva andare avanti in eterno, l’Afghanistan non è un Paese strategico per gli Usa. Questo è un mondo nuovo dove il rischio terroristico è “metastatizzato”». A un certo punto, Banana Joe si è camuffato anche da Donald Trump, in modalità America First: «A coloro che chiedono un terzo decennio di guerra in Afghanistan, chiedo: ‘Qual è l’interesse nazionale vitale?’». Ha aggiunto: «Semplicemente non credo che la sicurezza dell’America sia migliorata continuando a dispiegare migliaia di truppe americane e spendendo miliardi di dollari in Afghanistan». Con il coltello tra i denti, resistendo ai colpi di sonno, Biden ha ripetuto la sua tesi secondo cui porre fine alla guerra in Afghanistan è stato un passo cruciale per ricalibrare la politica estera americana verso le crescenti sfide poste da Cina e Russia «che non vogliono altro che vederci impantanati per un altro decennio in Afghanistan».

Cina e Russia, i veri nemici dell’America

Traduzione: l’America ha due nemici, Russia e Cina, e deve cambiare la sua strategia, non siamo più i poliziotti del mondo, esportatori di democrazia, l’azione militare è finita, che l’Europa se la sbrighi da sola. E i soldi che risparmieremo nelle guerre saranno destinati a colmare il gap tecnologico con la Cina. Non solo: a Washington si vocifera addirittura che Biden voglia mettere il dito nel culo di Pechino: una base militare a Taiwan. La catastrofe afghana ha innescato la nuova bombastica politica americana destinato a rimodellare e/o ribaltare l’ordine mondiale. Crollo del Muro di Berlino, seconda parte, con gli Stati Uniti che puntano il fucile contro Russia ma soprattutto Cina.

L’idea di Draghi, un G20 straordinario sull’Afghanistan

Il big bang di Biden ha spiazzato (eufemismo) Mario Draghi, impegnato da giorni a mettere su un G20 straordinario sull’Afghanistan. Finora senza successo: da 10 giorni Mariopio viene rimbalzato da Pechino, non riesce a strappare una cazzo di telefonata con Xi Jinping per ottenere la sua adesione al summit; ora lo squillo è stato messa in agenda per il 7 settembre: a che serve a un mese dal G20 ordinario di ottobre? Un fallimento che ha in parte origine anche dal mancato feeling di Draghi con il suo consigliere diplomatico Luigi Mattiolo, tant’è che stasera Marione si scapicollerà a Marsiglia per incontrare faccia a faccia con l’altro leader forte europeo, Macron (la Merkel è pensionanda) e provare insieme a riannodare i fili dopo il discorso da Europa addio di Biden (ricordate? appena eletto, 7 mesi fa, cancellò subito l’America First di Trump esaltando l’alleanza con l’Unione Europea). Al pari di Mariopio, anche Macron è reduce dal flop in seno al Consiglio di sicurezza dell’Onu sull’ipotesi di una safe zone internazionale a Kabul. Ammaccati, in difficoltà, i due leader ritentano a Marsiglia a reimpostare, alla luce del tradimento di Biden, la geopolitica europea nell’area Mediorientale Oriente e dintorni. Col senno del poi, anche l’altro europeo tradito, Boris Johnson, ha cominciato a capire che a questo punto l’Unione Europea è importante.

La ritirata delle truppe Usa dall'Afghanistan sintetizza bene il nuovo atteggiamento del Paese in politica estera
Mario Draghi (Getty)

Illuminante, a tale proposito, è l’intervista di Federico Fubini sul Corriere della Sera del 30 agosto a Josep Borrell, vicepresidente della Commissione e alto rappresentante della politica estera dell’Unione europea: «Questa è in primo luogo una catastrofe per gli afghani, un fallimento per l’Occidente e un punto di svolta per le relazioni internazionali… è il momento di costituire una forza europea di pronto intervento, perché c’è un certo disimpegno dell’America dall’arena mondiale, gli americani non combatteranno più le guerre degli altri». Poi Borrell mette il dito nella piaga: a costante subalternità europea agli Stati Uniti. «La rivalità fra gli Stati Uniti e la Cina definirà il ventunesimo secolo. Ma il mondo non è bipolare, è sempre più multipolare e la Ue deve essere uno dei poli. Saremo sempre più vicini all’America che alla Cina, ma questo non significa che dobbiamo essere sempre e sistematicamente allineati con gli Stati Uniti, perché abbiamo interessi differenti in alcune aree. Esattamente come loro».

Come potrebbero cambiare i rapporti tra Ue e Usa

«Per questo», conclude Borrell, «l’autonomia strategica non è affatto contro l’alleanza transatlantica, per serve per avere la nostra propria visione degli affari internazionali e la nostra capacità di agire: insieme con partner come gli Stati Uniti quando possibile e da soli quando necessario». Intanto, la nuova geopolitica vede subito un nuovo protagonista: il Qatar, dove gli Usa hanno la più grande base navale del Medio Oriente (l’altra è nel Barhein). Grazie ai buoni rapporti con i talebani (non a caso l’accordo di ritiro con Trump fu firmato nel 2020 a Doha), i qatarini ospitano tutte le ambasciate che hanno lasciato Kabul. Rappresentanze diplomatiche che stanno mediando in queste ore come mettere in sicurezza la vita degli afghani (45mila accertati) che hanno collaborato con gli occidentali.

Tanto per non farci mancare niente, l’ascesa dello sceicco qatarino, Tamim bin Hamad al-Thani, non fa assolutamente piacere allo sceicco degli Emirati Arabi, Mohammed Bin Zayed, colui che ha dato pronta ospitalità all’ex presidente dell’Afghanistan Ashraf Ghani. È noto che il buon rapporto diretto che aveva Trump con l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi è stato cassato da Biden all’indomani della sua elezione, a causa della guerra scatenata dall’Arabia Saudita e altri otto stati, per lo più arabi sunniti, contro lo Yemen.