Alle scene ingloriose dell’evacuazione americana da Kabul si è aggiunto, per Joe Biden, il tragico attentato dell’Isis-K in cui sono morti 13 soldati statunitensi. «Daremo la caccia a chi li ha uccisi, i responsabili pagheranno», ha detto il Presidente in una conferenza stampa difficilissima, in cui per un momento si è anche commosso. Le lacrime, però, non hanno fatto altro che peggiorare la sua immagine, già duramente compromessa dal disastroso ritiro delle truppe in Afghanistan e da altre decisioni poco apprezzate in politica estera. E le critiche nei suoi confronti sono arrivate da tutti i fronti.
Biden e le critiche bipartisan
I repubblicani, chiaramente, non hanno perso tempo nel chiedere le dimissioni del Presidente, se non addirittura la sua rimozione dall’incarico. Difficile aspettarsi mosse diverse, visto che l’ultimo conservatore alla Casa Bianca, Donald Trump, subì due processi di impeachment in appena quattro anni (falliti). Un meccanismo, quello di mettere sotto pressione il Presidente di turno, che ha spinto il Washington Post a parlare di «era dell’impeachment perenne». A parlare apertamente della rimozione di Biden è stato uno dei repubblicani più influenti, Lindsey Graham: «Il ritiro dall’Afghanistan è una delle cose più disonorevoli che un Presidente abbia mai fatto. Credo vada sottoposto all’impeachment». E non solo, perché a rincarare la dose ci ha pensato un’altra repubblicana, la senatrice Marsha Blackburn: «È il momento che chi ha consentito il verificarsi di questi attacchi si prenda le proprie responsabilità. Joe Biden, Kamala Harris, Antony Blinken (il Segretario di Stato) dovrebbero tutti dimettersi o affrontare l’impeachment».
Should President Joe Biden be impeached?@LindseyGrahamSC: "I think [President Biden] should be impeached." pic.twitter.com/P2Dv8tYf0l
— Newsmax (@newsmax) August 25, 2021
Che ad attaccare il leader dei democratici siano i suoi avversari sorprende poco. Le scene dell’Afghanistan hanno però scosso anche il suo partito, e sono stati proprio i democratici, tra cui la speaker della Camera Nancy Pelosi, a chiedere delle riunioni di urgenza della Commissione affari esteri per capire il perché di una ritirata tanto rapida quanto disastrosa. E, prima dell’attentato, erano stati proprio i parlamentari democratici a chiedere al Presidente di rinviare oltre il 31 agosto la data per terminare l’evacuazione, vista l’impossibilità di completarla entro la fine del mese (con la concreta possibilità di lasciare nel Paese sia afghani con green card che cittadini americani). Anche i democratici, quindi, hanno messo duramente in discussione il piano del Presidente sul ritiro dall’Afghanistan.
Biden e l’alleanza con l’Europa
Fallito anche il tentativo di riuscire a risolvere qualcosa con il G7 straordinario del 24 agosto, nel quale gli Usa hanno ribadito ancora una volta che le loro operazioni termineranno il 31, la sfida che attende Biden nelle prossime settimane è quella del G20 straordinario di settembre. Guidato da Mario Draghi, il summit avrà l’obiettivo di mettere al tavolo le 20 principali potenze mondiali per discutere – ovviamente – di Afghanistan. A lungo però la presenza del Presidente americano è stata in bilico, anche perché al vertice parteciperanno nazioni rivali come Russia e Cina, le uniche ad aver dichiarato dall’inizio di voler dialogare con i talebani. È servita l’avvertimento di Draghi sulla possibilità di “separare” sul tema Unione europea e Stati Uniti, facendo dialogare il blocco Ue con gli altri partner (tra cui anche Arabia Saudita e Turchia) per convincere Biden a partecipare al G20.
Ma quale sarà in questo caso la linea Usa? Si continuerà a difendere il ritiro, limitando le operazioni in Afghanistan al rientro mirato degli americani rimasti lì, e al massimo a qualche azione specifica contro l’Isis-K? O si aprirà un dialogo globale anche con le potenze “nemiche”? Resta però la sensazione che questa amministrazione Usa, come e forse peggio della precedente, non abbia una visione complessiva in politica estera. E dubbi a riguardo ne ha sollevati anche il Guardian, che commentando il viaggio nel sud-est asiatico di Kamala Harris ha scritto: «Con pochi segni di grandi idee o proposte ambiziose, per alcuni analisti la trasferta della vicepresidente riflette quanto poco l’amministrazione stia investendo nella regione». E dall’arrivo del ticket alla Casa Bianca sono passati appena sette mesi.