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Perché la storia della bidella pendolare è un’occasione persa

La storia della bidella è diventata il randello per colpire i presunti indolenti che si cullano sul RdC, alimentando la propaganda fatichista. Poteva invece essere lo spunto per dibattere dei costi invivibili di Milano o degli stipendi da fame della scuola. L’Italia pendolare non ha certo bisogno di testimonial per rendere credibile lo sfacelo.

21 Gennaio 2023 09:55 Giulio Cavalli
Perché la storia della bidella pendolare è un'occasione persa

Quando le notizie non servono per raccontare storie ma diventano martelli per fracassare le idee avversarie accade che giornali, televisioni e social media sia avviluppino in uno sconcertante gioco endogamico che non parla a nessuno. È il caso della bidella Giuseppina, assurta all’onore delle cronache per una presunta e incredibile avventura di pendolarismo estremo che la porterebbe a svegliarsi alle 4 di mattina per prendere un treno da Napoli e presentarsi in orario al suo luogo di lavoro a Milano, pronta a tornare indietro entro mezzanotte.

Giuseppina è diventata il randello da usare contro gli indolenti che si cullano sul RdC

Nel giro di poco tempo, manco a dirlo, Giuseppina è diventata il randello con cui dare addosso ai presunti indolenti che insozzerebbero l’economia di questo Paese cullandosi sul Reddito di cittadinanza e rifiutandosi di percorrere qualche chilometro per una naturale inclinazione al divano. La notizia in fondo conta poco per gli avversari che usano la cronaca solo come spunto per soffiare sullo scontro. Così una storia minore diventa pietra dello scandalo e per giorni ci si rincorre per confermarla o smentirla, assiepati nei dintorni dell’istituto per accogliere testimonianze e rivelazioni. Qualsiasi giornalista di lungo corso sa, tra le altre cose, che con un microfono acceso in mezzo alla gente inebriata dalla ribalta si possono raccogliere voci di ogni tipo e così la straniante inchiesta del giornalismo al servizio delle ideologie si trascina con allievi, genitori e baristi che offrono versioni opposte: Giuseppina è gentile e cara e presente tutti i giorni, Giuseppina è una furba che sarebbe in congedo permanente, assenteista diventata senza meriti un feticcio di laboriosità.

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Reddito di cittadinanza (Getty Images)

Le radici della propaganda fatichista e la demolizione dei diritti

Nessuno, quasi nessuno, che si interroghi sul fatto che la propaganda fatichista di novelli Stakanov come salvatori del prodotto interno lordo abbia radici ormai profonde. Furono i tempi dei manager che si licenziavano in tempi di lockdown per vivere felici, rilasciando interviste in cui lodavano la flessibilità e il salutismo di far consegne in bicicletta. Un genere letterario che ci ha ammorbato per mesi prima di scoprire che gli intervistati non erano mai stati manager ma, soprattutto, erano specchietti per le allodole delle azione di consegne. Poi è stato il turno dell’elogio quotidiano del sacrificio, con qualche politico – anche un ex presidente del Consiglio – che elevava la sofferenza a ingrediente necessario per essere buoni lavoratori. Anche in quel caso pochissimo fu lo spazio dato a chi sommessamente faceva notare che un lavoro che diventa sacrificio è il viatico per la demolizione dei diritti, è una chiacchierata da fare a tavola tra genitori e figli ma non può diventare un paradigma.

Perché la storia della bidella pendolare è un'occasione persa
Il bosco verticale a Milano (Getty Images).

I veri problemi ignorati: dai costi invivibili di Milano agli stipendi da fame della scuola

Eppure se ci prendessimo la responsabilità di non strattonare Giuseppina avremmo modo di discutere dei costi invivibili di Milano che insegue solo inquilini altospendenti ma li paga con stipendi periferici. Avremmo anche potuto discutere dello spropositato aumento (destinato a salire ancora) degli spostamenti necessari per sopravvivere. Potremmo perfino discutere dello stipendio di tutte le Giuseppine d’Italia (1.100 euro al mese) che fotografano una realtà praticamente assente dai dibattiti di politici e giornalisti completamente scollegati dalla realtà. E potremmo aggiungere un mondo della scuola in cui gente come Giovanni ha dovuto viaggiare tutti i giorni da Caserta a Siena come personale aggiuntivo Covid per rimanere ora disoccupato (la sua e le altre storie sono qui).

Perché la storia della bidella pendolare è un'occasione persa
Pendolari a Cadorna, Milano (Getty Images).

L’Italia pendolare non ha bisogno di testimonial per rendere credibile lo sfacelo

Avremmo potuto, insomma, far cadere l’ossessione per Giuseppina e cogliere lo spunto per raccontare un’Italia pendolare che non ha bisogno di testimonial per rendere credibile lo sfacelo. Le macerie di un Paese in cui lo schiavizzato (si trovano facilmente, senza bisogno della bidella) viene premiato con una pacca sulla spalla e con l’esposizione agli altri come esempio. A meno che i politici barzotti per la storia della bidella pendolare non pensino davvero di risollevare il Paese facendo percorrere 1000 chilometri al giorno agli italiani in cambio di pochi spicci. Anche questa, pensandoci bene, sarebbe stata un’ottima domanda da porre.

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