«Fare di un qualsiasi giovane sfornito di talento un uomo di successo nel mondo della cultura». È questo l’obiettivo che si diede Luciano Bianciardi (1922-1971) nello scrivere una serie di articoli umoristici e dissacranti per il settimanale ABC. Una sorta di manuale dedicato a un 20enne «assolutamente medio e anzi mediocre» ma con l’ambizione di diventare intellò. Quegli articoli pubblicati nel 1966 sono stati raccolti in Non leggete i libri, fateveli raccontare, uno dei consigli dell’autore de La Vita Agra, edito da Neri Pozza. Un libello provocatorio e irriverente assolutamente imperdibile per chi ha l’ardita e sfrontata ambizione di volersi ricavare un posto al sole nel mondo delle belle lettere. «È un Bianciardi in purezza quello che sgocciola dalle righe di questo manuale dedicato ai giovani, che vogliano intraprendere la bella carriera dell’intellettuale. Suggerendo loro i vestiti e i gesti adeguati. Le strategie sulla conversazione in casa editrice o nei salotti, tra un whisky e l’altro», scrive Pino Corrias nella prefazione.
L’attualità di Bianciardi a 50 anni di distanza
E in effetti il libro è un autentico spasso e Bianciardi – che, ricordiamolo, nel 1966 all’apice del successo («per me è solo il participio passato di succedere») rifiutò una collaborazione fissa al Corriere della Sera e si licenziò dalla neonata casa editrice Feltrinelli, fior fiore della sinistra non ortodossa dell’epoca, preferendo collaborazioni saltuarie con giornali meno blasonati o sportivi e intraprendendo la precaria e sottopagata carriera di traduttore seriale a cottimo – risulta essere sorprendentemente attuale anche a 50 anni di distanza.

Poche e semplici regole per diventare intellettuale
Il giovane spericolato dovrà seguire poche e semplici norme comportamentali che comprenderanno: infischiarsene di conseguire una qualsiasi laurea, «molto meglio non averla», cercare di sposarsi bene con una donna non necessariamente ricca, «bella, ma matura, d’una venustà un poco svanita, gli anni mai meno di 30, meglio ancora se quasi 40», imparare quando occorre «marcare a uomo o a zona» e soprattutto non leggere mai assolutamente nulla, perché «molti giovani ci cascano, studiano, leggono. Anzi, hanno la pretesa di voler leggere tutto». «Ora, statistiche alla mano, si sa che in Italia escono all’anno 12 mila libri, il che fa una media di 40 al giorno, domeniche escluse. Ci sarebbero poi i libri stranieri, per lo meno quelli nel tre lingue principali d’Occidente, che non vanno ignorati: il totale cresce a 150 opere giornaliere. Non c’è neanche il tempo di leggere i titoli i risvolti di copertina», scrive Bianciardi, «chi si butta nella lettura è destinato ad affogarvicisi».
I libri? Meglio farseli raccontare
Non resta quindi che, i libri, farseli raccontare. Dai colleghi diligenti che passano le giornate chini sulle nuove uscite o ancor meglio, origliando al banco del bar discussioni letterarie, magari davanti ad un buon Campari. Le recensioni non ne risentiranno: i critici in Italia parlano poco del libro e molto di sé. Se serve una trama, rivolgersi alle recensioni straniere, «citare non è affatto un peccato, esistono libri fatti quasi esclusivamente così». Se poi vi dimenticherete di omettere le virgolette, poco importa, nel discorso parlato, dopotutto, non esistono.