L’incontro tra i vertici del ministero delle Imprese e del Made in Italy, Faib Confesercenti, Figisc Confcommercio e Fegica non ha portato a una diminuzione della tensione. Lo sciopero dei gestori di carburante si farà. E così il prossimo 25 e 26 gennaio, a meno di clamorose svolte dell’ultim’ora, chiuderanno sia i distributori sia i self service. Tutto è nato dallo scontro sul decreto Trasparenza, in cui è stato inserito dal governo l’obbligo di esporre il cartello con il prezzo medio regionale. Una norma che non piace ai gestori, che avevano controproposto l’istituzione di una app o di un QR Code. Nel primo incontro di martedì era arrivato il sì, ma oggi sul tavolo è rimasto l’obbligo, portando così allo scontro.

Urso e le sigle si scontrano sull’obbligo
La discussione che ruota intorno alla decisione di confermare su sciopero si basa, quindi, sull’obbligo di esporre i prezzi medi regionali. Il ministro Adolfo Urso ha modificato la regola, stabilendo che bisognerà mostrarli settimanalmente, non giornalmente, e ad ogni variazione di prezzo. Alleggerite anche le sanzioni, con la chiusura per omessa comunicazione soltanto dopo 4 violazioni in 60 giorni, a cui si aggiungono sanzioni dai 200 agli 800 euro, mentre prima si parlava di multe fino a 6.000. Urso spiega che ha «per favorire la massima trasparenza, è prevista l’istituzione di una APP del Ministero gratuita che consentirà di conoscere il prezzo medio regionale e, con la geolocalizzazione, anche il prezzo praticato da ciascun distributore nel perimetro desiderato».

La reazione dei gestori: sciopero confermato
E i gestori sono arrivati così al punto di rottura. Giuseppe Sperduto, presidente della Faib, spiega che «per il momento lo sciopero è confermato perché oggi non abbiamo visto le aperture che ci erano state prospettate. Ce l’abbiamo messa tutta per non dare disagi ai cittadini, ma il governo ha deciso diversamente e il ministero fa marcia indietro sulle promesse avanzate alle associazioni nel tavolo precedente. Vogliamo incontrare il presidente Meloni». Bruno Bearzi, presidente di Figisc Confcommercio, incalza: «C’è stato uno sforzo per ridurre le sanzioni ma rimane l’obbligo del cartello, così il messaggio che rimane è che siamo una categoria da tenere sotto controllo perché speculiamo». Infine Roberto Di Vincenzo, di Fegica: «Dobbiamo dare atto al ministro Urso di aver cercato di trovare una soluzione, il testo del decreto è già incardinato alla Commissione Attività produttive e quindi intervenire in una fase di conversione sarebbe anche stato difficile. Rimangono irrisolti i problemi strutturali. È un settore che si deve ristrutturare».