La presenza nel board di Cattolica Assicurazioni l’ha già persa, peraltro dopo ben 22 anni di ininterrotta permanenza, di cui gli ultimi 15 da presidente. Ma ora, dopo le ultime rivelazioni che si rifanno ad una durissima relazione della Consob a seguito di una lunga ispezione fatta sulla compagnia di assicurazione veronese e finita in Procura, Paolo Bedoni rischia di perdere anche la guida della Fondazione Cattolica, di cui è presidente dal 2011. Così come rischia di dover mettere una pietra tombale sulla sua più forte ambizione: arrivare, lui che viene dal mondo agricolo e che ha sempre avuto in Coldiretti un sostegno decisivo, al vertice di Geneagricola, la potente società agricola di Generali. Cioè la cosa che aveva chiesto a Philippe Donnet al momento dell’ingresso di Generali in Cattolica, quale merce di scambio di un più vasto patto che vide Cattolica cedere a Banca Intesa il suo 1% e rotti di Ubi in sede di opa (dopo aver anni militato nel fronte opposto, che voleva l’autonomia della banca bergamasco-bresciana).
I durissimi rilievi della Consob
Nei mesi scorsi, Ivass – sulla scorta sia di una sua ispezione che di quella della Consob – aveva intimato a Bedoni e agli altri consiglieri di amministrazione di Cattolica di non ricandidarsi più per il nuovo cda votato nell’assemblea di primavera. Ma l’Istituto di vigilanza sulle assicurazioni non essendo competente sulla Fondazione – cosa che crea un vulnus, visto che la Fondazione Cattolica è in tutto e per tutto un soggetto assicurativo, seppure indiretto, sia nella sua qualità di socio della compagnia che di fruitore dei dividendi, con i quali, unici, si sostenta e opera – Ivass non ha potuto imporre le dimissioni di Bedoni dalla Fondazione medesima. Neppure quando tra i funzionari dell’istituto è corso un moto di rabbia nel leggere un’intervista del “dimissionato” Bedoni in cui si diceva che “sì, lascio per mia volontà la compagnia, ma resto e resterò presidente della Fondazione”.
La presa di distanza dei consiglieri della Fondazione Cattolica
Ora però il dossier Consob, ricco di particolari sconcertanti sul modo di intendere la governance da parte di Bedoni, è diventato pubblico, e anche i consiglieri della Fondazione a lui più vicini si chiedono come si possa, senza rischiare di perdere la faccia se non peggio, far finta di niente. La prima a pensarci è la persona più nota, e quindi con più reputazione da perdere: Francesca Bazoli, figlia di Giovanni ex presidente di Intesa e moglie dell’avvocato Gregorio Gitti, già parlamentare con Mario Monti. Dopo di lei un’imprenditrice padovana, Chiara De’ Stefani, che della Fondazione è vicepresidente. E se il fronte si rompe, le due è facile che si porteranno dietro anche i più resistenti: Barbara Blasevich, Maria Maddalena Buoninconti, Piero Fusco, Alessandro Lai, Martino Merigo, Rocco Pezzimenti, Stefano Quaglia, Davide Vicentini. Così come il segretario generale Adriano Tomba, ma soprattutto il Collegio dei Revisori dei conti (Giovanni Glisenti presidente, Giacomo Togni, Paolo Zanconato) e quello dei Probiviri (Pietro Clementi, Antonino Galice, Flavio Gnecchi). Bedoni, al cui incedere tutta Verona si toglieva il cappello come si fa di fronte all’uomo potente, ora rischia che tutti cambino marciapiede per non salutarlo.
