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Beatrice Venezi, un maestro pop per il nuovo soft power meloniano

Come consigliera per la musica del ministro Sangiuliano intendere difendere il genio italico. Orgogliosamente di destra e vicina alla premier, oltre alla classica ama i red carpet e i social che usa con disinvoltura. Per questo Beatrice Venezi è un alfiere perfetto del soft power meloniano. Il profilo.

28 Novembre 2022 09:06 Ulisse Spinnato Vega
Beatrice Venezi, un maestro pop per il nuovo soft power meloniano

Anche lei preferisce farsi chiamare “direttore” invece che “direttrice” d’orchestra, in perfetto mood meloniano. E d’altronde Beatrice Venezi, enfant prodige della bacchetta e neo consigliera per la musica del ministro della Cultura, vanta diversi punti di contatto con la premier, oltre che un rapporto di sbandierata stima e amicizia. Non per niente il 22 ottobre, giorno del giuramento al Quirinale della squadra di Meloni, la 32enne artista twittava con tono solenne: «Il soffitto di cristallo è finalmente infranto. Buon lavoro al nuovo Governo!». E il neonato esecutivo ha saputo subito ricompensarla con l’incarico istituzionale arrivato da Gennaro Sangiuliano e salutato con manifestazioni di giubilo soprattutto dagli esponenti di Fratelli d’Italia, in testa Giovanni Donzelli e Federico Mollicone.

Beatrice Venezi, un maestro pop per il nuovo soft power meloniano
Giorgia Meloni e Beatrice Venezi (da Instagram).

Venezi e la difesa del genio italico

Dopo aver rifiutato la candidatura di Fdi, Venezi ha precisato di non aver mai avuto una tessera di partito, tuttavia ha partecipato alla recente conferenza programmatica dei meloniani a Milano. Ora si dice pronta a lavorare per rafforzare la passione musicale degli italiani, perché, declama, «la cultura è l’identità di un popolo». Collaborerà quindi con lo staff del ministro, con il Segretariato generale e la Direzione generale Spettacolo del dicastero del Collegio Romano. Lucchese, classe 1990, la musicista ha subito chiarito di voler controllare con attenzione che fine fanno i soldi del Fus, il Fondo unico per lo spettacolo, perché «in Italia ci sono oltre mille teatri, di cui la maggioranza chiusi e senza attività; ridistribuendo meglio le somme si potrebbe riportarli alla vita». E poi va bene il nuovo diktat governativo sul merito, ma «penso che ci sia bisogno di sostenere anche i nostri», spiega la direttrice, anzi, pardon, il direttore d’orchestra. Della serie: ok quelli bravi, ma nei cartelloni lirici proteggiamo il genio italico. Principio da estendere peraltro anche alla musica pop: «Ritengo che dovrebbero essere messi in atto dei sistemi di tutela degli artisti italiani, a partire da una congrua rappresentanza nella diffusione radio e tv». Insomma, una specie di par condicio in salsa autarchica, secondo cui mettiamo Povia in palinsesto anche se gli utenti preferiscono Bruce Springsteen o gli U2. Cosa fare invece contro la piaga della precarietà degli artisti? «Lo Stato dovrebbe farsi carico della continuità lavorativa, di una maggiore sicurezza sociale e previdenziale di queste persone», dice Venezi e l’approccio suona un po’ stridente di fronte a un governo che abolisce il Reddito di cittadinanza e reintroduce i voucher di lavoro. Ma tant’è. Non mancano infine nelle sue “linee programmatiche” tentazioni in qualche modo dirigiste come la spinta a creare un albo nazionale delle agenzie di rappresentanza e addirittura un elenco (riconosciuto e vidimato da chi?) per i critici non solo musicali (siamo a prodromi di un nuovo MinCulPop?).

Beatrice Venezi, un maestro pop per il nuovo soft power meloniano
Beatrice Venezi alla Bvlgari Clients Dinner a Milano nel 2021 (Getty Images).

Tutta Dio, patria e famiglia

Già direttore d’orchestra all’Opera di Metz in Francia per la Madama Butterfly di Giacomo Puccini, della Filarmonica di Nagoya in Giappone e dell’orchestra di Buckingham Palace a Londra per il Giubileo di Elisabetta, Venezi ha guidato anche gli ensemble della Fenice di Venezia e del Maggio Fiorentino. Guadagna il suo primo riconoscimento pubblico al Lucca Summer Festival del 2018 in occasione del 160esimo anniversario della nascita di Puccini e quello stesso anno la rivista Forbes Italia la colloca tra i 100 leader del futuro under 30. Quindi arriva la direzione artistica della Fondazione Taomina Arte per il rilancio del Teatro antico, con tanto di polemica da parte del sindaco della cittadina siciliana che denuncia di essere stato escluso dalla decisione che porta all’investitura di Venezi. La vera fama, però, la travolge l’anno scorso, con la co-conduzione della quarta serata del Festival di Sanremo, dopo che l’artista era stata anche giudice a Sanremo Giovani l’anno prima. Adesso, l’incarico al ministero le ha fruttato addirittura i complimenti di Morgan («ha grandi capacità di coordinatrice»), endorsement che, pensando a Sanremo, non è detto porti proprio benissimo. Venezi invece glissa quando si parla del suo record, peraltro non verificato, di più giovane direttrice d’orchestra in Italia. La vena polemica non le manca, al contrario, sul terreno squisitamente politico. A chi le ha fatto pesare di essere figlia di un ex dirigente nazionale dell’organizzazione neofascista Forza Nuova, lei ha risposto piccata a mezzo stampa in un’intervista a La Verità: «Mi vergognerei se avessi avuto genitori che si fumavano gli spinelli. O una madre come la Cirinnà, che pubblica la foto ‘Dio, Patria e famiglia, che vita di merda’, che invece sono proprio i miei valori».

Beatrice Venezi, un maestro pop per il nuovo soft power meloniano
Beatrice Venezi sul palco dell?Ariston nel 2021 (Getty Images).

La passione per i red carpet e i social 

Per il resto, c’è da dire che usa i social in modo disinvolto, soprattutto Instagram. Qui, con quasi 70 mila follower, non disdegna di maneggiare strumenti comunicativi legati alla propria fresca avvenenza. Si concede ai fotografi alla Festa del Cinema di Roma e rilancia tra i post. Oppure posa civettuola nelle sue story con abiti di Alberta Ferretti sul red carpet di Cannes, esibendo anche pettinature e make-up o vantandosi di aver sdoganato il viola, secondo tradizione colore tabù per gli artisti. E ostenta video al ralenti con zoomate sui vestiti e le sue movenze. Poi ecco le immancabili iniziative benefiche: così Venezi fa da testimonial di Bulgari a supporto di Save The Children oppure promuove un docufilm sul riciclo e l’economia circolare. E nel frattempo si mostra a favore di obiettivi con monsignor Gianfranco Ravasi per gli 80 anni di Sua Eminenza, che lei più volte rilancia anche su Twitter e definisce «uomo straordinario». Ma la giovane bacchetta concertistica ama nondimeno la televisione. Anzi, in questo periodo bazzica il piccolo schermo per promuovere il suo nuovo libro, il terzo: L’ora di Musica. Un invito alla bellezza e all’armonia, una carrellata di vite e aneddoti di artisti e compositori celebri.

Beatrice Venezi, un maestro pop per il nuovo soft power meloniano
Beatrice Venezi con Gianfranco Ravasi (da Instagram).

La figura giusta contro l’intellighenzia di sinistra

Insomma, Venezi mescola i generi nel nome della religione della musica e proietta quella classica su una dimensione pop a tutto tondo. In passato lo hanno fatto altri grandi nomi, soprattutto pianisti di fama, ma lei ci mette una disinvoltura che non ha mai riguardato i direttori d’orchestra, nemmeno figure potenti e poliedriche come Riccardo Muti. D’altronde la giovane età, il carattere spigliato e l’immersione nell’era dei social network incoraggiano il cambio di paradigma comunicativo. Di conseguenza, Venezi è un alfiere perfetto per le prove tecniche di egemonia culturale che la destra di governo tenta di imporre contro decenni di presunto (e sempre lamentato da Meloni) controllo “gramsciano” del soft power e del mainstream (a cominciare da quello artistico) da parte dell’intellighenzia di sinistra, nelle sue declinazioni comunista o socialista e radical-anarcoide. Ecco perché Venezi è naturalmente una pupilla del ministro Sangiuliano, il quale non a caso si è scagliato di recente contro i cosiddetti «sacerdoti del politicamente corretto», definendoli dei «pappagalli». Nel frattempo “direttrice” no, ma se la chiamano “Maestro!” a lei piace moltissimo.

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