La Procura di Verona ha iscritto sette persone nel registro degli indagati, con le ipotesi di reato di omicidio colposo e lesioni colpose gravi e gravissime in ambito sanitario. Il provvedimento arriva nell’ambito dell’inchiesta sull’infezione da citrobacter all’Ospedale della Mamma e del Bambino di Verona, dove 89 neonati sarebbero stati infettati dal cosiddetto batterio killer: 4 i bambini deceduti, mentre una decina avrebbero riportato danni gravissimi.
Batterio killer, il focolaio
Il focolaio era scoppiato da un rubinetto contaminato, dal quale veniva attinta l’acqua per la preparazione del latte in polvere. Secondo quanto emerso dalla relazione degli ispettori della Regione Veneto, il focolaio epidemico era attivo fin dal 2018, ma il punto nascite fu chiuso e sanificato solo il 12 giugno 2020, a seguito dell’aumento dei contagi e delle proteste delle mamme delle vittime.
Batterio killer, chi sono gli indagati
I sette indagati sono tutti ex vertici e medici della struttura: il direttore generale Francesco Cobello (ora a capo della Fondazione Scuola Sanità Pubblica), la direttrice sanitaria Chiara Bovo (ora alla direzione della funzione ospedaliera a Schiavonia), la direttrice medica Giovanna Ghirlanda, il primario di pediatria Paolo Biban, la direttrice del reparto malattie infettive Evelina Tacconelli, la primaria di microbiologia e virologia Giuliana Lo Scascio e il risk manager Stefano Tardivo. Biban, Bovo, Ghirlanda e Lo Cascio erano stati sospesi con provvedimento della Direzione dell’azienda ospedaliera il 5 settembre 2020, per poi rientrare successivamente al lavoro.
Batterio killer, le cose da sapere
Parte della famiglia delle enterobacteriacee, come l’Escherichia coli o la Salmonella, il Citrobacter koseri è un batterio che si può trovare ovunque nell’ambiente, acque e alimenti inclusi. Normali componenti della flora batterica i citrobacter possono causare infezioni in persone deboli, quali anziani, individui immunocompromessi e neonati, in particolare quelli prematuri o con peso alla nascita molto basso. Insomma, in prevalenza neonati ricoverati in terapia intensiva, proprio come la maggior parte di quelli infettati nell’ospedale veronese.