Per il crac di Banca Etruria la Corte ha emesso solo una condanna, per gli altri imputati è arrivata l’assoluzione. E’ questa la decisione presa stamani dal tribunale di Arezzo che ha assolto i 23 imputati nel processo sul fallimento dell’istituto di credito toscano.
Banca Etruria, una condanna e 23 assoluzioni
La condanna è stata inflitta al finanziere Alberto Rigotti, ex consigliere della banca. Tra gli assolti, invece, ci sono l’ex presidente dell’ultimo Consiglio di Amministrazione della banca Lorenzo Rosi.
Nel gennaio del 2019 erano, invece, stati condannati con rito abbreviato altri quattro imputati tra cui l’ex presidente Giuseppe Fornasari e l’ex direttore generale Luca Bronchi, ai quali erano stati inflitti 5 anni di reclusione.
Le richieste dei PM
I pubblici ministeri Lulia Maggiore e Angela Masiello avevano chiesto condanne da 1 anno a 6 anni e mezzo per i 24 imputati dei quali uno era deceduto la scorsa estate. Per tutti l’accusa era di bancarotta semplice o fraudolenta a seconda delle rispettive posizioni processuali.
Tra gli indagati, del resto, c’erano amministratori, dirigenti e consiglieri dell’istituto di credito aretino.
Gli azionisti vogliono ricorrere in appello
Dopo la sentenza l’avvocato Riziero Angeletti, legale di parte civile per il comitato degli azionisti, ha dichiarato a Repubblica Firenze: « Ci sono persone che sono andate in dialisi, che hanno avuto infarti e ora si ritrovano con questa sentenza. Lo Stato, quindi, resta latitante le persone continuano a soffrire. Per questo valuteremo di ricorrere di l’appello».
Di tenore opposta è, invece, la reazione dei legali di Banca Etruria. L’avvocato Antonino Giunta, difensore dell’ex presidente di Banca Etruria Lorenzo Rosi ha, infatti, spiegato: «Il tribunale ha smontato le accuse a carico di ex consiglieri e dirigenti dimostrando che la crisi di Banca Etruria è dipesa da altre cause esterne al loro ruolo. Le difese sono molto soddisfatte». E Gian Franco Ricci Albergotti, legale di un altro ex imputato oggi assolto, Piero Burzi, dice: «Questa sentenza dimostra che dirigenti e consiglieri non erano coinvolti così come si è voluto far pensare».