Bambù, così le case diventano sostenibili

Camilla Curcio
19/11/2021

Adoperato dagli antichi per costruire le capanne, ora viene utilizzato per abitazioni di ultima generazione e dotate di ogni comfort. La svolta eco-friendly dell'edilizia asiatica grazie alla riscoperta della pianta.

Bambù, così le case diventano sostenibili

In Asia, la ricerca di metodi di costruzione sostenibile ha portato alla riscoperta delle tecniche del passato. Tra materiali di nuova generazione e soluzioni futuristiche, infatti, l’alternativa più green continua a essere rappresentata dal bambù. Così intenzionato a farsi promotore di un’edilizia eco-friendly, Earl Forlales ha utilizzato come modello di riferimento le Bahay Kubo, tradizionali capanne squadrate, edificate su palafitte, fatte di canne di bambù e caratteristiche delle Filippine. Studiando le potenzialità della pianta ed esplorandone le tecniche di trattamento, ha capito di poterla adoperare per immobili nuovi di zecca. Un’idea che gli è valsa la vittoria al Cities for our Future, concorso indetto nel 2018 dalla Royal Institution of Chartered Surveyors e da cui è nata la startup Cubo.

Cubo, la storia dell’azienda costruisce case di bambù

L’azienda ha avviato la produzione dei prefabbricati nel 2020: si tratta di strutture assemblabili in pochi giorni e destinate a durare per oltre 50 anni. «I Filippini sfruttano il bambù nelle costruzioni sin dall’epoca coloniale», ha spiegato Forlales in un’intervista alla BBC, «Forte, flessibile e con ritmi di crescita rapidissimi, se curato con attenzione, riesce a durare decenni senza inquinare». Il design a impatto zero delle unità abitative di Cubo punta ad avere una duplice utilità: accelerare l’approccio alla sostenibilità e offrire soluzioni economiche e accessibili alla crisi del mercato immobiliare che, da tempo, ha colpito il Paese. 

Le nuove case in bambù, mix perfetto tra passato e futuro

Le Bahay Kubo contemporanee sono un equilibrio armonico tra i dettagli architettonici del prototipo originale e la tecnologia di cui un immobile del ventunesimo secolo ha bisogno. Ma, soprattutto, sono state progettate per resistere ai terremoti e ai tifoni a cui la nazione è soggetta. Nelle pareti sono state inserite fascette metalliche che le collegano tra loro e, contemporaneamente, ai pannelli del tetto e del pavimento. Non solo: le fondamenta sono state rafforzate con il calcestruzzo, in sostituzione dei pali di legno a cui ricorrevano gli antichi. Effettivamente, utilizzare il cemento non è un’opzione così verde, ma Forlales e la sua squadra si stanno impegnando per individuare sostituti meno inquinanti. Il primo cantiere di Cubo ha superato la prova sisma: una volta terminati i lavori, a dicembre 2020 un violento terremoto si è abbattuto sulla regione. E le case sono rimaste intatte. Ce n’è davvero per tutti i gusti: i clienti possono scegliere tra quattro modelli in grado di ospitare fino a sei persone. Ogni offerta è personalizzabile, soprattutto sul piano energetico: il proprietario, ad esempio, può chiedere l’installazione di piccoli impianti solari sul tetto, in modo da ridurre i costi e contribuire al taglio delle emissioni. Al momento i ritmi di produzione sono già intensi ma, data la domanda, in futuro potrebbero incrementare ulteriormente. «Il pubblico ha accolto con curiosità l’iniziativa», ha aggiunto Forlales, «Forse perché la percepiscono come familiare. Forse perché hanno capito che è un’evoluzione necessaria per le vecchie villette di bambù ormai usurate».

Come il bambù è diventato mainstream

Cubo non è l’unica impresa che ha rivolto l’attenzione al bambù, esaltandone le potenzialità nascoste e facendolo diventare protagonista di un vero e proprio boom. In Vietnam, ad esempio, gli architetti dello studio Vo Trong Nghia lo hanno adottato in diversi lavori come il Casamia Community House, un innovativo coworking nel Casamia Resort di Hoi An. O, ancora, a Bali, il team di Ibuku è specializzato nella progettazione di intricati edifici in bambù. Dal 2007, ne ha costruiti più di una sessantina, tra cui il Green Village, un nucleo abitativo fatto di 12 ville, e la Green School, con un campus senza pareti immerso nella natura. «Per centinaia di anni, l’uso di questa pianta è stato riservato solo a piccole strutture», ha sottolineato Elora Hary, fondatrice di Ibuku, «Adesso, con più informazioni a disposizione su trattamento e lavorazione, lo si può tenere in considerazione anche per palazzi e condomini. Anzi, in futuro non escludo che arriveremo ai grattacieli e alle città intere». Un parere condiviso anche da Forlales, che sembra avere fiducia in un’esportazione delle graminacee in tutto il continente, in linea col progredire degli studi sulla sicurezza del materiale, ovviamente ancora in itinere. «Ogni zona potrà utilizzare la propria variante e creare nuovi appartamenti», ha ribadito, «In Asia abbiamo milioni di chilometri quadrati coperti da piantagioni. Basta saperli utilizzare e cercare nuovo spazio per estenderli. Faremmo un favore al Pianeta e, eventualmente, potremmo diventare un esempio da seguire per gli altri mercati».

https://www.instagram.com/p/CR6qH7UK1Ud/