Meloni costretta a congelare i sogni di leadership: Forza Italia rialza la testa

Stefano Iannaccone
27/06/2022

La batosta di Verona costringe Giorgia Meloni a congelare le sue ambizioni nel centrodestra. Salvini esce ammaccato. Mentre Forza Italia rialza la testa: per vincere servono i moderati. Finita l'era del sovranismo?

Meloni costretta a congelare i sogni di leadership: Forza Italia rialza la testa

Era stata architettata come la trappola perfetta per Matteo Salvini. Ma si è trasformata in un boomerang per chi, come Giorgia Meloni, si preparava a passare all’incasso. Allungando il passo verso la leadership della coalizione con vista Palazzo Chigi. Il voto di Verona segna uno spartiacque nel centrodestra. Anche perché nell’ultimo giorno di campagna elettorale, almeno per qualche ora, si era ricomposta la foto dell’alleanza, con Salvini e Meloni insieme, sorridenti.

Meloni costretta a congelare i sogni di leadership: Forza Italia rialza la testa
Selfie di gruppo per Federico Sboarina (da Fb).

Fratelli d’Italia deve accantonare i sogni di leadership

Ora, dopo l’elezione di Damiano Tommasi, i volti diventano pensosi e turbati, mentre Fratelli d’Italia deve accantonare i sogni di egemonia nell’alleanza. La leader comunque non vuole arretrare: «Il centrodestra deve fare una riflessione, innanzitutto sul tempo in utilmente speso in polemiche interne», ha detto. La colpa è degli altri, delle polemiche, insomma. Intanto Forza Italia inizia a rivendicare un ruolo centrale sottolineando come solo le leadership moderate siano state vincenti, come il caso di Genova e, in parte di Palermo (dove però Lagalla era la prima scelta di Meloni). Le due grandi affermazioni, al primo turno, del centrodestra. La ricostruzione serve ad avere un quadro completo. La candidatura a Verona di Federico Sboarina, sindaco uscente in quota Fdi (a cui ha aderito durante il mandato, perché all’epoca dell’elezione era indicato come indipendente), era un impeccabile Cavallo di Troia di Meloni per piazzare una bandierina al Nord e togliere a Fratelli d’Italia l’immagine di partito romanocentrico, lontano dalle istanze della parte più produttiva del Paese. Salvini ha dovuto accettare, anche perché era in un vicolo cieco vista la sfida gettata da Flavio Tosi, tornato in campo con l’obiettivo di diventare di nuovo sindaco. Insomma, nella strategia meloniana era stato predisposto uno scenario win-win. Dopo il ballottaggio, però, il clima è decisamente diverso, si è materializzata una pesante débâcle.

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Matteo Salvini (da Fb).

L’arretramento di Salvini nel Veneto leghista 

La leader di Fdi deve fare i conti con un ko che le viene addebitato: ha perso un esponente del suo partito, che ha rifiutato l’apparentamento con Tosi e quindi con Forza Italia. Il fatto è innegabile. E adesso non ha molto peso la considerazione che sia accaduto nel Veneto leghista, in una roccaforte del salvinismo e dell’estrema destra, come Verona. L’ex ministro dell’Interno aveva già dovuto digerire il netto sorpasso, nei voti di lista, di Fratelli d’Italia (11,9 per cento) sulla Lega (al 6,6 per cento). Il processo nei suoi confronti era stato ampiamente consumato e l’ex Capitano ha dovuto prendere atto dell’arretramento al Nord. «Abbiamo avuto modo di metabolizzare la situazione nei giorni scorsi», si apprende da fonti della Lega. «Non ci fa piacere la sconfitta a Verona, ma chi vive sul territorio aveva ricevuto segnali in tal senso», fanno sapere a Tag43.

Il focus si sposta in Sicilia per le Regionali

E ora che succede? «La coalizione funziona se diventa collegiale», è la sintesi del ragionamento che circola nel partito di Salvini. Tradotto: nessuno può imporre le scelte agli altri. Né pensare di escludere un’intesa, come fatto da Sboarina con Tosi. Così il segretario ha chiesto un vertice, l’ennesimo, «anche domani». Ma ha pure punzecchiato: «Non è possibile perdere in città importanti perché il centrodestra si divide e sceglie di non allargarsi e di includere altre forze ed energie, per paura, per calcolo per interessi di parte». Il focus si sposta così in Sicilia, Regione in cui recita un ruolo decisivo un altro attore del centrodestra: Forza Italia. Le ambizioni di riconferma di Nello Musumeci sono ridotte al lanternino, nessuno è intenzionato a fare altre concessioni a Fratelli d’Italia.

Meloni costretta a congelare i sogni di leadership: Forza Italia rialza la testa
Silvio Berlusconi a Monza (da Twitter).

I berlusconiani alzano il tiro: meno sovranisti più moderati

Al termine della tornata delle Amministrative, peraltro, i berlusconiani sono fiduciosi sul futuro del partito. «Il centrodestra esiste se ci siamo noi e soprattutto se le leadership vengono affidate a profili moderati, capaci di rassicurare e non di spaventare l’elettorato», spiegano i forzisti. E qui viene il nodo della leadership, anche sul piano nazionale. Nei conciliaboli si immagina quello che può diventare il “papa straniero” della coalizione di fronte alla litigiosità dei leader. Silvio Berlusconi non ha più l’età per affrontare la sfida, Salvini e Meloni sono più impegnati a farsi gli sgambetti l’un con l’altro e non hanno il fisico da moderati. Sui nomi nessuno intende sbilanciarsi, perché diventerebbe fantapolitica. Ma qualcuno sta pensando a come muoversi. Per un centrodestra meno sovranista. Almeno nella leadership.