Le grandi balene diventano più piccole. I cetacei dell’Atlantico settentrionale, infatti, da anni nascono con dimensioni inferiori rispetto al passato. La colpa risiede nei grandi attrezzi da pesca usati dall’uomo, in cui gli animali tendono continuamente a impigliarsi. Per ovviare al problema, dunque, la natura ha trovato una soluzione drastica, ossa il rimpicciolimento degli stessi mammiferi.
Le balene franche più corte di un metro rispetto al passato
In media, si ritiene che una balena franca (esemplare che abita le acque atlantiche, così chiamato dai balenieri poiché facile da cacciare vista la sua lentezza) sia più corta di circa un metro rispetto ai suoi simili nati negli Anni ’80. «Alcuni cetacei sono più corti, addirittura, di circa 3 metri, il che è davvero sorprendente», ha affermato Joshua Stewart, ricercatore marino presso la National Oceanic and Atmospheric Administration (Noaa) e autore di uno studio pubblicato su Current Biology e ripreso dal Guardian e dal New York Times.
Assieme ai suoi colleghi del New England Aquarium, dell’Oregon State University e della Woods Hole Oceanographic Institution, Stewart ha analizzato una vasta gamma di immagini dall’alto, scattate alle balene da aerei e droni negli ultimi 20 anni. Secondo la ricerca, i cetacei stanno accusando gravi danni, causati dalla pesca intensiva e dai tamponamenti ad opera delle navi che percorrono la rotta atlantica. Sarebbero questi i motivi che ne hanno determinato le difficoltà nella crescita e l’impossibilità di accumulare peso e lunghezza.
L’esempio del sacco di sabbia
«Il meccanismo è piuttosto chiaro. Se trascini attrezzi da pesca, hai meno energia per crescere», ha detto Stewart al Guardian, «Se ci legassimo un sacco di sabbia e camminassimo molto, diventeremmo magri abbastanza rapidamente. Per le balene è lo stesso, ma ciò si ripercuote anche sulla prole, che ha meno possibilità di sopravvivere».
Le balene franche a un passo dall’estinzione
L’anno scorso, l’Unione internazionale per la conservazione della natura (IUCN) aveva annunciato che la specie era a un passo dall’estinzione, anche lo status nella classificazione degli animali a rischio era cambiato, passando da serio a critico. Secondo l’ente, 26 dei 30 decessi di balene franche del Nord Atlantico registrati tra il 2012 e il 2016 sono stati causati da attrezzi da pesca. Un problema già portato all’attenzione delle aziende ittiche, che hanno però lamentato gli ingenti costi di aggiornamento della loro strumentazione. «È necessario intervenire subito», sostiene Amy Knowlton, co-autrice del nuovo studio e scienziata al New England Aquarium di Boston. «Occorre diminuire la velocità delle imbarcazioni e realizzare funi più resistenti, altrimenti la specie rischia l’estinzione».
Circa tre settimane fa aveva fatto il giro del mondo un video che immortalava proprio due esemplari di balena franca nel Nord Atlantico stretti in un abbraccio. Il filmato, realizzato dal fotografo naturalista Brian Skerry, ha subito commosso la popolazione del web, riportando l’attenzione ancora una volta sui danni che la natura sta subendo a causa dell’uomo. L’ennesimo monito per convincere l’umanità che non c’è più tempo per pensare, ma occorre agire in fretta.