Ormai c’è la prova provata: il principio dei vasi comunicanti nel fu Terzo polo non funziona più. Tra Azione e Italia viva, infatti, si allarga la sproporzione numerica ed è a solo vantaggio dei renziani. Galeotto lo scontro tra partito unico, impuntatura di Carlo Calenda, e federazione, formula più congeniale dalle parti dell’ex premier. Risultato: Matteo Renzi ingrossa le sue fila e Calenda è sempre più in affanno, alle prese con una lista di addii, destinata ad allungarsi. Come risulta a Tag43, ci sarebbero fibrillazioni soprattutto in Puglia, con gli azionisti attratti però più che altro dal progetto centrista di Beppe Fioroni. Anche qualche parlamentare siciliano starebbe ragionando sull’idea di fare le valigie e abbandonare Azione.
Dopo gli addii di Gruppioni e Pigoni, Azione ha subito lo strappo del direttivo di Modena
La giornata di ieri, comunque, è sintomatica di come quella di Italia Viva si stia rivelando una vera e propria valanga in casa dell’ex ministro dello Sviluppo economico. E non solo per i due nuovi ingressi in Iv annunciati in pompa magna dal leader di Rignano in conferenza stampa e cioè la deputata bolognese, Naike Gruppioni, e la consigliera regionale dell’Emilia Romagna, Giulia Pigoni. Dopo questi «scippi», per dirla con il termine usato dal front man del Terzo polo, a mettere in agitazione i calendiani, infatti, è stato soprattutto il passo indietro in blocco del partito a Modena, dal segretario comunale di Azione Pietro Borsari alla segretaria provinciale (già dimissionaria) Chiara Caselgrandi, fino all’intero consiglio direttivo. Il motivo? Sotto accusa c’è soprattutto la decisione centrale di adottare una «linea isolazionista» in contrasto, come hanno spiegato in una lettera ai vertici, con «l’obiettivo di essere forza aggregatrice di un nuovo polo liberaldemocratico». Un brutto colpo, non c’è che dire, per il capogruppo alla Camera e presidente di Azione, il modenese Matteo Richetti.

Dalla Toscana al Piemonte, le frizioni nel partito di Calenda
Non va meglio passando dall’Emilia Romagna alla Toscana: il terzo bersaglio colpito da Renzi ai danni di Calenda è stato il segretario a Firenze Franco Baccani. Un terremoto che Azione aveva già subito il mese scorso in Piemonte con l’addio del numero due del partito, Matteo Maino, passato a Italia viva. E l’emorragia, a quanto pare, non si arresta se pure il segretario regionale Gianluca Susta ha deciso di abbandonare l’incarico. Non il partito però, del quale – come ha spiegato ieri a Lo Spiffero – «continuo a condividere gli ideali pur essendo in dissenso dalla linea politica nazionale che considera chiusa ogni possibilità di tenere unita la famiglia liberaldemocratica». Un addio evitato, quindi, almeno per ora. Anche se dentro Azione c’è chi non pensa che il pericolo sia scampato. Soprattutto dopo la direzione di ieri durante la quale, come apprende Tag43, lo scambio tra Susta e Calenda è stato molto duro. Il termometro tra gli azionisti, insomma, segna temperature elevate. Ma si fa anche sempre più forte la consapevolezza che Calenda sia irremovibile: «È inutile negare che il suo errore sia stato impuntarsi sul partito unico», racconta una fonte di Azione. «Dopodiché, adesso è davvero difficile che possa tornare sui suoi passi. E, purtroppo, questo sbaglio giova la narrazione di Renzi che, descrivendo Iv come una formazione politica aperta e accogliente, fa breccia».

I renziani potrebbero creare gruppi autonomi al Senato e alla Camera
C’è da registrare, tuttavia, che almeno guardando le attuali percentuali, in vista delle Europee è l’ex ministro dello Sviluppo economico a tenere il pallino in mano: se Azione e Iv non confluissero in una lista unica, infatti, sono solo i calendiani a essere accreditati da diversi sondaggi sopra il 4 per cento. «È un punto di forza», ragionano dentro il partito, «ma per quanto tempo ancora?». Senza contare che sul fronte opposto pure Renzi ha i suoi colpi in canna. A cominciare dalla possibilità di dar vita a gruppi autonomi alla Camera e al Senato. L’ex premier ha sempre negato l’intenzione di voler procedere in questa direzione, ma ora ha dalla sua i numeri per poterlo fare: con l’arrivo di Enrico Borghi dal Pd ha raggiunto la soglia dei sei senatori per Palazzo Madama, mentre con 10 deputati (l’ultima arrivata è, come detto, Gruppioni) potrebbe sfruttare una deroga per Montecitorio. E, c’è da scommettere, se decidesse di procedere di certo non avviserebbe con anticipo i compagni di viaggio. Come insegna la fresca vicenda del Riformista.

In Italia viva c’è ancora chi spera in una riconciliazione
Un epilogo, quello che scaturirebbe dalla nascita dei gruppi parlamentari, che dentro la stessa Italia viva sono in molti a non voler prendere in considerazione. Non mancano, infatti, i renziani che continuano a tifare e lavorare per una ricomposizione e soprattutto a credere ancora nel progetto del Terzo polo. Al punto da criticare persino – è lo sfogo raccolto da Tag43 – «la conferenza di ieri per annunciare i due nuovi arrivi in Iv perché in un clima già compromesso non fa altro che accrescere le distanze». Distanze che però almeno mercoledì prossimo si annulleranno: Renzi e Calenda saranno insieme a Roma al Teatro Eliseo per la tappa romana di Renew Europe. Chissà che dopo gli scambi via Twitter e a mezzo stampa, i due «galli nel pollaio», per dirla con Emma Bonino, non trovino un momento per chiarirsi. E, soprattutto, per superare le polemiche, come scrive oggi sui social l’ex Pd Andrea Marcucci, rilanciando il progetto di una federazione in vista delle Europee.