Di proroga in proroga, continuano a restare misteriosi i dati del 2020 sulle autovetture di servizio, incluse le auto blu, in dotazione alle pubbliche amministrazioni. Un paradosso per il ministro Renato Brunetta, da sempre pretoriano della trasparenza e fautore del taglio delle auto blu. E che ancora oggi sottolinea: «Il dovere di trasparenza della Pa nei confronti dei cittadini è persino aumentato. Abbiamo davanti un percorso ambizioso di riforme: ascolto, trasparenza e comunicazione sono cardini irrinunciabili». Nonostante le buone intenzioni, è stata disattesa la scadenza del 30 giugno fissata, con termini perentori, dal dipartimento della Funzione. Entro quel giorno le pubbliche amministrazioni avrebbero dovuto ottemperare alle comunicazioni. C’è stato perciò un altro slittamento al 20 luglio. Ma al 3 agosto non risultano aggiornamenti.
La giostra delle proroghe
Un accumulo di ritardi, che si sommano a quelli precedenti. La storia inizia infatti lo scorso anno, quando a capo del dipartimento c’era la grillina Fabiana Dadone, oggi ministra delle Politiche giovanili. Per tutto il 2020 non sono stati pubblicati i numeri ufficiali, relativi al 2019, sul parco auto a disposizione, che includono vetture di proprietà, auto in comodato, a noleggio con conducente e quelle definite “a uso esclusivo con autista”. Categorie spesso divise in auto grigie e auto blu. Le responsabilità del ritardo sono state scaricate sulla pandemia. Così è iniziata a girare la ruota della proroga. Il 30 settembre 2020 sembrava essere finita l’attesa, ma i termini sono stati prolungati al 23 novembre. Ancora una volta senza risultato. Allora è stata indicata la data del 31 dicembre, giusto un anno dopo quanto previsto. L’ennesimo obiettivo fallito. A inizio 2021 c’è stato il cambio della guardia alla Funzione pubblica: fuori Dadone e dentro Brunetta. Passaggio che avrebbe fatto pensare a un deciso cambio di passo, che c’è stato solo in parte: il 15 maggio si è chiusa la raccolta di informazioni per il 2019, con l’obiettivo di smaltire, il 30 giugno, la pratica del 2020.

Il monitoraggio voluto da Brunetta nel 2010
L’attuale ministro della Funzione pubblica si trova in una situazione poco piacevole: non riesce a far rispettare una legge che lui stesso ha fortemente voluto, 10 anni fa, quando era a Palazzo Vidoni all’epoca nel governo Berlusconi. Nel 2010, infatti, sotto la sua spinta ci fu il primo monitoraggio, successivamente regolamentato dal dpcm del 25 settembre 2014. Secondo il decreto le pubbliche amministrazioni sono tenute a comunicare “ogni anno in via telematica al dipartimento della Funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri, sulla base dell’apposito questionario, e pubblicano sui propri siti istituzionali il numero e l’elenco delle autovetture di servizio a qualunque titolo utilizzate”. Tutto trasparente, dunque. Peccato che la pandemia abbia stravolto i connotati. Qualcosa di positivo comunque si intravede. Nel 2019, al netto di un 30 per cento di amministrazioni che non hanno riferito i dati, ci sono 25.668 auto, con un calo del 23,4 per cento rispetto all’anno precedente.
Le lacune nel report relativo al 2019
Ma non si attende solo la pubblicazione dei dati del 2020. Anche quelli del 2019, in realtà, sono piuttosto generici: «Ha comunicato i dati il 100 per cento delle amministrazioni dello Stato e delle agenzie fiscali, seguito dal 93 per cento delle Città metropolitane, dall’86 per cento delle Province e dall’85 cento dei Comuni capoluogo. Gli altri Comuni hanno risposto invece al 71 per cento. Sotto il 70 per cento le Regioni e le Province autonome». Solo che non è possibile sapere quali siano gli enti inadempienti, quelli che non hanno fornito informazioni rispetto al parco auto, né sono state riferite le informazioni relative al possesso o all’uso di auto delle singole amministrazioni. Tanto per fare un esempio, per il 2018, è possibile sapere che Palazzo Chigi, compresi i dipartimenti, aveva a disposizione 166 vetture (96 per gli uffici e senza autista, 16 a uso esclusivo con autista e 54 a uso non esclusivo con autista). Per il 2019 non è dato sapere nulla sulla situazione per la presidenza del Consiglio, né per i singoli ministeri, né tantomeno per gli altri enti. Bisogna accontentarsi dei macro-gruppi a disposizione, tipo amministrazioni dello Stato, agenzie fiscali, università pubbliche e così via. Un po’ poco per esaltare la battaglia della trasparenza.