Stefano Grazioli è nato a Sondrio nel 1969. Dopo la maturità classica al Liceo Piazzi ha studiato a Berlino e Milano, laureandosi in Scienze Politiche all'Università Cattolica. Dal 1993 ha lavorato in Germania per media italiani e tedeschi, prima di trasferirsi in Austria, dove nel 1999 ha conseguito il Master in European Journalism alla Donau Universität. Da oltre vent'anni si occupa di spazio postsovietico come autore freelance per testate italiane e straniere. Ha lavorato a Colonia, Vienna e Kiev. È autore di diversi saggi. Ora vive tra Bonn, Mosca e Sondrio.
Rispetto al passato, la decisione russa di invadere l'Ucraina non è stata accolta con consenso unanime. Dal capo dei servizi segreti ai membri della Duma che hanno votato contro, ecco chi e perché non voleva la guerra.
L'intervento massiccio in Ucraina rompe tutti gli schemi. Ora bisogna capire fin dove Mosca ha intenzione di spingersi: poco oltre le repubbliche già occupate, fino al Dnepr o l'intera Nazione. L'obiettivo di Putin è evitare che tutto il Paese rimanga agganciato all'Occidente.
In caso di invasione, l'Ucraina non riceverà sostegno né dalla Nato né tantomeno dagli Usa. E ne uscirà lacerata con le regioni a Ovest che si agganceranno all'Europa e nuovi territori fagocitati dalla Russia. L'analisi.
Il riconoscimento delle repubbliche di Lugansk e Donetsk seppellisce gli accordi di Minsk e la pacificazione del Donbass. Putin ora può trattare con gli Usa da una posizione dominante oppure proseguire le operazioni militari. Che però per Mosca avrebbero un costo politico ed economico altissimo.
Da 30 anni i veri padroni dell'Ucraina sono gli oligarchi. Una manciata di miliardari che controllano politica ed economia e nella cui rete è rimasto invischiato anche Zelensky. Da Poroshenko ad Ahmetov fino a Kolomoisky, chi sono i poteri forti del Paese.
Niente invasione. Almeno per ora. Ma i problemi restano. Su tutti la crisi nel Donbass e il rimodellamento delle sfere di influenza in Europa imposto dalle minacce di Mosca. Ora le trattative ripartono dagli Accordi di Minsk con Germania e Francia nel ruolo di garanti.
In Ucraina non c’è, né c’è mai stata, una visione unica per risolvere il duello con la Russia che si protrae da oltre otto anni. Le divisioni all'interno del parlamento restano nonostante il lavoro delle diplomazie e i contatti tra Zelensky e Biden.
Entrare nel mercato energetico europeo, facendo pressing sulla Germania con la minaccia di chiudere il Nord Stream 2. Continuando però a importare il petrolio dalla Russia. Le mire degli Usa dietro alla guerra del gas connessa alla crisi ucraina.
Oltre alla Wagner, già presente nel Donbass, la Russia schiera ai confini con l'Ucraina i pretoriani ceceni di Kadyrov. Kiev risponde con i battaglioni irregolari dell'estremista di destra Yarosh. Presenze più utili alla propaganda che alla guerra, se ci sarà, vera e propria.
Il nuovo asse tra Cina e Russia in chiave anti-Nato e anti-Usa cambia gli equilibri mondiali geopolitici e commerciali. Ed è un salvagente per Putin in caso di sanzioni. Ma non è un matrimonio d'amore destinato a durare in eterno. L'analisi.
Mentre si sgonfia la possibilità di un'invasione in Ucraina, i falchi occidentali spingono per sanzionare Mosca. Sul tavolo l'esclusione della Russia dallo Swift e il blocco del Nord Stream 2. Ma in entrambi i casi Putin (per ora) può dormire sonni tranquilli.
Il muro degli Usa nelle trattative con la Russia sull'Ucraina potrebbe avere ripercussioni sui futuri equilibri mondiali. Spingerebbe Mosca nell'abbraccio di Pechino e Putin a intraprendere politiche più aggressive. Anche al di fuori dello spazio post-sovietico. Lo scenario.