Articolo Uno, dubbi e incognite sul ritorno nel Pd

Paola Alagia
13/01/2023

Articolo Uno sta con un piede dentro e l'altro fuori dal Pd. Nel partito serpeggiano malcontento e rassegnazione. La Carta dei valori, pass-partout per il rientro degli scissionisti, potrebbe essere presentata addirittura dopo il Congresso. La linea del segretario Speranza non prevede piani B e l'appuntamento al buio convince pochi. Lo scenario.

Articolo Uno, dubbi e incognite sul ritorno nel Pd

Mentre il Pd riesce in qualche modo a uscire dall’angolo, seppure ulteriormente fiaccato dall’ultimo risiko sulle regole per le primarie, per proprietà transitiva anche Articolo uno (o quel che ne rimane) non se la passa benissimo, essendo ancora a metà del guado, un piede dentro e uno fuori dal Partito democratico. Legato ormai a filo doppio alle sorti del Nazareno, dopo la corsa alle ultime Politiche nella lista progressista insieme ai dem, ora al partito di Roberto Speranza e Pierluigi Bersani non resta che sperare di riuscire a condurre in porto il trasloco, senza però perdere del tutto la dignità che, come ripetono in molti all’interno del partito, «ormai non esiste più, è stata sacrificata sull’altare di una dubbia causa». Sì perché, eletti a parte (tutti perfettamente sintonizzati sulla rotta tracciata dal segretario Speranza), molti degli iscritti continuano a non gradire la piega che stanno prendendo le cose: «I vertici si sono incaponiti su questa direzione, hanno deciso di affidarsi a un segretario del Pd, Enrico Letta, che ha perso le elezioni ed ora rischiamo di consegnarci disarmati al Partito democratico».

Articolo Uno, dubbi e incognite sul ritorno nel Pd
Pierluigi Bersani con Enrico Letta (da Fb).

Il ritorno di Articolo Uno nel Pd è un accordo al buio

Proprio ieri sera alla riunione che si è svolta con i segretari regionali e delle città metropolitane serpeggiava un forte spaesamento. L’incontro è stato convocato soprattutto per spiegare i termini dell’accordo raggiunto nei giorni scorsi con i dem per consentire ad Articolo uno di confluire nel Pd e di poter eleggere propri delegati nell’Assemblea nazionale e, quindi, per provare ad arginare il diffuso malcontento generato dall’intesa. «Il punto di caduta è l’impegno a versare la quota per il tesseramento quando inizierà la campagna 2023. Sembra una gentile concessione del Nazareno al ritorno del figliol prodigo. Non solo, ma il paradosso è che nei fatti gli iscritti di Articolo uno sono chiamati a sottoscrivere un impegno con il Pd, qualunque sia la carta dei valori, il manifesto e il segretario che vincerà», è il commento più bonario raccolto da Tag43. Per i presenti, la riunione si è risolta in una presa d’atto di un percorso ormai senza via d’uscita e senza piani b: «Eravamo in tutto una cinquantina», racconta chi vi ha preso parte, «e naturalmente spaccati. Una metà allineata sulla rotta tracciata dal segretario e un’altra molto critica. Tutti alla fine ci siamo trovati di fronte a una decisione senza alternative. D’altronde, Speranza ha difeso la mediazione raggiunta e ha invitato il gruppo dirigente a invogliare gli iscritti a procedere con la preiscrizione al Pd. La linea insomma è andare avanti, senza ambiguità».

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Il coordinatore nazionale di Articolo Uno Arturo Scotto (da Fb).

Il nodo del Manifesto dei valori

Un boccone difficile da digerire per diversi segretari regionali, ma anche per la base che scalpita. Molti iscritti, infatti, adesso hanno gioco facile nel tornare a rinfacciare ai vertici le scelte compiute per le scorse elezioni, «il vero peccato originale che è costato ad Articolo uno il totale azzeramento della nostra identità». E soprattutto nel puntare l’indice contro il mancato rispetto degli accordi presi. Brucia, in casa di Bersani, il passo indietro sul Manifesto dei valori, in capo agli 87 saggi, che avrebbe dovuto accompagnare una stagione congressuale di rifondazione della sinistra e che era considerato il vero passe-partout per un ritorno dei fuoriusciti bersaniani tra le fila dem. Sono alte le possibilità, infatti, che l’approvazione della nuova carta dei valori, come chiesto da una parte consistente del Pd, sia rimandata a congresso archiviato. Ipotesi che, invece, il coordinatore nazionale di Articolo uno, Arturo Scotto, esclude, confidando che l’assemblea costituente della prossima settimana la licenzierà: «La modifica statutaria prevede che l’assemblea nazionale approvi la nuova carta dei valori», ha sottolineato in un’intervista a Domani. E in riferimento ai dem: «L’hanno votata nei loro organismi. Per derogare da questa scelta debbono di nuovo cambiare lo statuto». Parole che, però, non convincono il partito perché hanno il sapore, si sfogano con Tag43, di «una difesa d’ufficio obbligata», o peggio ancora, «di un comodo, almeno per ora, gettare la palla nell’altra metà campo». «La verità è che uno stop sui valori c’è stato», confida un dirigente di Articolo uno, «ma non ha prodotto ripensamenti in casa nostra. Quello che aveva in mente Speranza, seguito a ruota dal gruppo di eletti in Parlamento, si sta realizzando. Senza tentennamenti. Tant’è che con il deputato Nico Stumpo ci siamo accomodati anche nella Commissione nazionale del congresso».

Elly Schlein si è candidata alla segreteria del Pd. Avrà come avversario principale il suo ex capo, Stefano Bonaccini.
Elly Schlein, candidata alla segreteria del Pd (Facebook).

Il congresso sarà la prova del nove

Ma non finisce qui, perché la vera prova del nove soprattutto per misurare la bontà della linea dettata da Speranza sarà non tanto l’appuntamento finale con le primarie del 26 febbraio quanto l’effettiva partecipazione al congresso. «In effetti», ragiona un esponente della Ditta, «è il vero scoglio che abbiamo di fronte dal momento che ormai nel partito, da Nord a Sud, regna la più totale rassegnazione». C’è chi parla di una formazione politica ormai completamente sfilacciata «in cui non c’è linea di partito che tenga. Ognuno si regolerà come crede». Con buona pace anche di Elly Schlein che senza dubbio sui voti dei bersaniani farebbe volentieri affidamento. «Un errore di calcolo, almeno tastando gli umori del momento, che però è soprattutto del nostro segretario. È lui il primo a non poter garantire di portare in dote a una delle due mozioni che si confronteranno ai gazebo il voto compatto degli iscritti». Mani libere, insomma, quale primo effetto del clima di disarmo. E non il solo, visto che tra le fila del partito c’è anche chi per ora aspetta, ma è pronto a rimettersi in gioco e a prendere in considerazione «tutto ciò che di vivace si metterà in moto fuori dal perimetro Pd»: «Il re è nudo, ormai», ammette a Tag43 un iscritto. «I vertici hanno scelto di andare avanti nonostante le condizioni poste e sbandierate non siano state rispettate. A questo punto, voglio proprio vedere che tipo di Pd verrà fuori da questo congresso e poi farò le mie valutazioni».