L’artista Beeple arriva in Italia. I Musei vaticani scommettono sugli Nft. Un’asta mette all’incanto Non-fungible token ispirati al calciatore Zlatan Ibrahimović. Mentre crollano le cripto-valute e s’arresta lo scambio di token digitali, l’arte continua a investire nelle opere certificate con il noto acronimo basato sulla tecnologia blockchain. Come mai? La domanda da porsi è duplice: non si perde la speranza di fare rapidi profitti oppure si tratta di scelte culturali lungimiranti? Per capirlo bisogna osservare ciò che sta accedendo in questi giorni.

L’artista Beeple arriva in Italia
Dal 18 maggio al 31 luglio è aperta a Firenze la mostra Let’s Get Digital!. Il progetto porta negli spazi della Strozzina e nel cortile di Palazzo Strozzi opere accomunate da quella che gli organizzatori definiscono «la rivoluzione dell’arte degli Nft e delle nuove frontiere tra reale e digitale». Tra gli artisti in mostra non poteva mancare Beeple, ossia Mike Winkelmann, famoso per aver venduto un anno fa una sua opera Nft a 69 milioni di dollari a un’asta di Christie’s e che nei giorni scorsi ha occupato le cronache per le sue nuove immagini “Non-fungible” con protagonista Madonna in versione porno-soft. Nel frattempo, a Londra, fino al 29 maggio, l’artista italiano Andrea Bonaceto è protagonista in un’originale esposizione nella celebre Oxford Street, dove il progetto espositivo chiamato W1 Curates ha trasformato l’esterno del Flannels London Flagship Store in una serie di mostre pubbliche, proiettate sulle facciate del famoso multi-brand del lusso. L’opera di Bonaceto, un Nft dal titolo AB Infinite 1, è proiettata su 36 schermi a 8 K di risoluzione, e grazie alla sua “programmabilità” può cambiare ogni giorno a seconda di come i passanti interagiscono sui social network.
Zlatan Ibrahimović diventa NFT
Anche le aste sono attente ai token. La piattaforma makersplace.com ha ospitato due aste dedicate a opere Nft ispirate al calciatore Zlatan Ibrahimović (l’ultima il 12 maggio scorso). Si tratta di lavori digitali che hanno l’intento di interpretare visivamente le gesta calcistiche dell’atleta, la sua personalità o episodi della sua vita. L’atelier Pananti di Milano, in collaborazione con l’omonima casa d’aste, presenta invece, dal 18 maggio al 31 luglio, una mostra che, spiegano i curatori, «porta per la prima volta nello spazio della galleria opere native digitali sotto forma di proiezioni olografiche e Nft».

Perché all’arte piacciono gli NFT?
Al calendario degli appuntamenti che uniscono arte e Nft se ne aggiunge uno nuovo ogni giorno, ciascuno con il suo comunicato stampa ricco di enfasi. Il clamore suscitato dal caso Beeple ha dato un forte impulso al filone dell’arte digitale. Esperienze che erano considerate di nicchia hanno guadagnato diritto di cittadinanza in contesti per un pubblico più ampio. È comprensibile, quindi, che mostre e aste registrino questo fenomeno con iniziative, progetti, eventi. Ma come orientarsi per giudicare ogni singola opera? Tanto per cominciare bisognerebbe ricordare un aspetto che l’imperante etichetta “Arte Nft” ha fatto forse dimenticare. E cioè che – semplicemente – non esiste nessuna arte Nft. Esistono certamente forme d’espressione digitale, ma il Non-fungible token non è un nuovo medium artistico, è semmai il suo contenitore. Un token è una specie di gettone digitale nel quale sono registrate informazioni che rappresentano qualche forma di diritto, primo tra tutti la proprietà. “Non-fungible”, invece, vuol dire che questo gettone non può essere scambiato con altri token, dunque è unico e insostituibile. Certificare un’opera d’arte come Nft significa perciò garantirne il legame con il proprietario, con l’autenticità e con l’irripetibilità. Ma nessun aspetto di un Nft riguarda la qualità o l’artisticità di ciò che certifica. Quella legata ai “Gettoni non scambiabili”, insomma, non è un nuovo tipo di arte, è soltanto un nuovo modo di conferire all’opera una serie di garanzie.

I Musei vaticani nel Metaverso in versione NFT
Sui legami tra Nft e arte si sono confrontati avvocati, docenti e artisti nell’incontro dal titolo L’Arte tra Intelligenza Artificiale, NFT e Blockchain, lo scorso 14 maggio, nella Casa Museo Renzo Savini a Bologna. È emerso come gli Nft e la tecnologia blockchain abbiano un’importanza rilevante soprattutto per collezionisti e musei nell’archiviare e certificare le opere presenti in una raccolta, oltre che per agevolare la trasmissione delle stesse sia nelle vendite sia nelle successioni. Appunto, sono un mezzo non un fine, come pare abbiano interpretato correttamente anche i Musei Vaticani: l’istituzione fondata da papa Gulio II, infatti, ha annunciato di voler «approdare nel Metaverso» e «aprire entro la fine del 2022 una Galleria Nft con l’obiettivo di rendere fruibile in maniera digitale e sicura l’intera collezione di 800 opere d’arte». Ancora non sono chiari i dettagli su come sarà strutturata la piattaforma. Ciò che è emerso in modo netto dalle parole di Padre Philip Larrey, tra i coordinatori del progetto, è però un nodo cruciale, e cioè che «la piattaforma non avrà nessuno scopo di natura economica o commerciale». Così dovrebbe essere sempre. In generale, quando si discute di arte Nft, dovrebbe essere chiaro che questa tecnologia serve a proteggere il valore di un’opera non ad aumentarlo. Ma il concetto non è così condiviso. E ancora troppi, purtroppo, confondono la cornice con il quadro.