Ci voleva l’excusatio non petita travestita da “ringraziamenti” dell’agenzia Armando Testa, pubblicata oggi con una pagina sul Corriere della Sera, per chiarire che la campagna Italia. Open to meraviglia commissionata da Enit e ministero del Turismo è stata pensata per promuovere l’Italia all’estero «puntando su un target proveniente da 33 Paesi». Molti avevano equivocato, pensando a una campagna sull’Italia rivolta agli italiani, quindi pleonastica, per rinsaldare quello spirito patriottico che il governo richiama per distinguersi dalla sinistra global-centrica.
Il fraintendimento sul vero target della campagna
Ora, se pensiamo a “prodotti” italiani che non hanno bisogno di essere promossi all’estero, vengono subito in mente piazza San Marco, il Colosseo e il lago di Como, che invece la campagna pubblicitaria ha trasformato in location per una influencer incolpevole, la Venere del Botticelli, arruolata da Marco Testa e disegnata mentre si fa i selfie davanti ai monumenti. Ma, come ci spiega l’agenzia, nei Paesi del Golfo, nel Centro e Sud America, in Cina, India, Sud Est asiatico, in Usa e in Australia dove la campagna sarà pianificata, «mercati culturalmente diversi dal nostro» c’è bisogno che l’attenzione sia accesa «in modo facile, diretto e immediatamente riconoscibile su ciò che tradizionalmente distingue l’Italia nel mondo».

La Venere influencer, tra critiche estere e il fuoco amico di Sgarbi
Secondo l’agenzia Testa questa campagna ha rotto «il muro dell’indifferenza» e ha dato vita a un dibattito culturale che «è sempre qualcosa di positivo», mentre arrivano i primi commenti inorriditi dall’estero (“Botticelli’s Venus as influencer in tourism campaign faces widespread ridicule”, secondo The Art Newspaper) e, in Italia, perfino Vittorio Sgarbi prende le distanze. Chissà come l’avranno presa gli Uffizi, che hanno annunciato querela allo stilista Jean Paul Gaultier per aver osato rappresentare la Venere su uno dei suoi vestiti di alta moda.

Una campagna intenzionalmente kitsch che provoca i radical chic
La pizza, il sole, i pomodori e il cielo azzurro fanno così da sfondo a una campagna divertente, intenzionalmente kitsch, che strizza l’occhio ai radical chic, provocandoli. Il turismo degli impressionisti e la neve, di Tutta Venezia in 48 ore, delle foto con i gladiatori romani e delle eccellenze dei territori è pronto all’assalto dell’Italia, qualora ce ne fosse stato bisogno, non appena i poster in outdoor e i video saranno sponsorizzati a pagamento sui social, dopo i teaser gratuiti che gli italiani hanno postato, omaggiando graziosamente l’ideona, per lo più sgomenti per il cattivo gusto. Ma il cattivo gusto in pubblicità è una categoria che non esiste. Esiste invece in politica, dove un ministro della Cultura e uno del Turismo lo avrebbero facilmente dribblato, stanziando i nove milioni di euro per il restauro di 9 mila opere d’arte, per esempio, che languono in questa Italia abbandonata dal buon senso, e che invece hanno deciso di dissipare in questa campagna superflua.
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