Arena e Scala, le partite di Tommasi e Sala e il ruolo di Sangiuliano

Cesare Galla
08/04/2023

L'Arena e la Scala sono al centro di situazioni inedite e complesse, dovute dalla gestione del ministro Sangiuliano. A Verona confermando Gasdia ha isolato la maggioranza che governa la città ma non più di fatto la Fondazione; a Milano, spinge per la nomina di Fuortes con l'obiettivo di sciogliere il nodo Rai.

Arena e Scala, le partite di Tommasi e Sala e il ruolo di Sangiuliano

Un paio di settimane fa, il sindaco di Milano, Beppe Sala, e quello di Verona, Damiano Tommasi, erano fianco a fianco su un palcoscenico vicentino, invitati per sostenere la campagna elettorale del candidato di centrosinistra al Comune di Vicenza. Difficile che dietro le quinte, in attesa di iniziare l’incontro, si siano scambiati qualche considerazione sulle Fondazioni lirico-sinfoniche delle loro città, delle quali sono i presidenti. Eppure, un colloquio specifico non sarebbe stato inutile, perché l’Arena di Verona e il Teatro alla Scala sono in questo momento al centro di situazioni inedite e molto complesse, determinate dalla maniera in cui il ministero della Cultura del governo Meloni sta conducendo la gestione della lirica. Da una parte – in riva all’Adige – isolando con successo la maggioranza che governa la città ma non più di fatto la Fondazione; dall’altra, a Milano, sfruttando in maniera strumentale la partita per la nomina del sovrintendente, artificiosamente inserita in un gioco più ampio, che coinvolge la gestione della Rai e il problematico ricambio della sua dirigenza.

Arena di Verona: l'incognita sul futuro di Gasdia e i passi falsi della sovrintendente
Uno spettacolo all’Arena di Verona (da sito).

Così il ministero della Cultura è diventato decisivo a Verona e ingombrante a Milano

Il comune denominatore fra le due vicende – posto che si parla della prima Fondazione lirico sinfonica italiana (la Scala) e di quella che ha il record degli spettatori e degli incassi (l’Arena) – consiste nel rovesciamento delle dinamiche e delle regole determinate dalla riforma degli Enti lirici del 1996, fino a poco tempo fa accompagnate con apparente notarile distacco da chi nella Capitale era insediato in via del Collegio Romano, sede del MiC. In realtà, intrecci di potere più o meno smaccati e spesso vischiosi ci sono sempre stati, e tuttavia bisogna notare che negli ultimi tempi il peso politico del ministero è diventato decisivo nel caso di Verona e almeno ingombrante – anche se con molto minori probabilità di successo – in quello di Milano. L’effetto in entrambi i casi rischia di essere lo svuotamento del ruolo primario dei Comuni nelle Fondazioni, uno dei cardini della legge che le ha create.

Arena e Scala, le partite di Tommasi e Sala per le Fondazioni e il ruolo di Sangiuliano
Gennaro Sangiuliano (da Instagram).

All’Arena l’alleanza istutuzionale-imprenditoriale ha bloccato il tentativo di Tommasi di sostituire Gasdia

A Verona gli stracci volano da più di un mese, da quando cioè nel Consiglio di Indirizzo della Fondazione Arena il sindaco Tommasi e i due rappresentanti designati dal Comune – oggi governato dal centrosinistra – sono stati messi in minoranza dai rappresentanti del ministero e della Regione Veneto (ovviamente di centrodestra) e dai due soci privati che hanno in CdI un rappresentante, la Camera di Commercio di Verona e la Cattolica Assicurazioni (gruppo Generali). L’alleanza istituzionale-imprenditoriale di destra ha bloccato il tentativo di Tommasi di cambiare sovrintendente e ha portato alla conferma dell’uscente Cecilia Gasdia, considerata protagonista di un lavoro eccellente, sia sul piano del risanamento dopo la profonda crisi economica della Fondazione (che aveva portato al suo commissariamento), sia sul piano artistico. In questo campo più che altrove le opinioni sono spesso aleatorie, ma chi revoca in dubbio i grandi successi proclamai da Gasdia e dai suoi sostenitori non è privo di ragioni. Ad esempio, il vantato risanamento economico era già avviato nel 2018, quando l’ex soprano veronese si è insediata. Ed è stato facilitato dalle pingui maggiori sovvenzioni pubbliche in epoca di Covid. Fermo restando che il debito è ancora ben oltre i 20 milioni di euro. Quanto al profilo artistico, solo il versante vocale (com’è naturale vista la storia della sovrintendente) ha conosciuto un effettivo miglioramento. Ma l’anno scorso lo sfruttamento intensivo degli ormai vetusti spettacoli firmati dal defunto Franco Zeffirelli non ha offerto alcun segno di innovazione e creatività dal punto di vista teatrale e scenico. E già da tempo le relazioni sindacali sono giunte a uno dei punti più bassi nella storia dell’Arena: indimenticabile la scena della sovrintendente che nel luglio 2021 girava le pagine al pianista accompagnatore di una sciagurata rappresentazione di Aida, mandata in scena a ogni costo nonostante lo sciopero dell’orchestra e della stragrande maggioranza dei coristi. Né l’estate scorsa sono mancati incidenti di percorso imbarazzanti e dai riflessi internazionali, come l’epocale flop di Placido Domingo, tuttavia nuovamente ingaggiato anche per la prossima estate, o le polemiche sulla plateale e pacchiana “black face” in Aida da parte della diva russa Anna Netrebko, finite anche sul New York Times. E Netrebko sarà la protagonista dell’inaugurazione del prossimo festival, il 16 giugno.

Arena di Verona, il nodo gasdia e il bilancio della sua gestione
Cecilia Gasdia (dal sito Fondazione Arena).

Il gelo tra sindaco e sovrintendente che ha preso in mano la controllata Arena srl

Gasdia è stata indicata per la conferma come sovrintendente ai primi di marzo dopo un consiglio durato nove ore e con una votazione finita 4-3. Il ministro Gennaro Sangiuliano ha firmato il relativo decreto a strettissimo giro. Nulla gli impediva di invitare le parti a ricucire la spaccatura, ma forse è anche lui sulla linea di Gasdia e dell’ex sindaco Sboarina, che parlano di 4-1: quattro soci a favore, uno contro. E pazienza se quel socio, il Comune, è il più importante. A quel punto, il sindaco Tommasi – poco informato e non ben consigliato, apparentemente distratto, mai pronto nelle decisioni almeno in questo campo – ha abbandonato le remore e le incertezze e la tensione sulla Fondazione a Verona è esplosa. Sovrintendente e sindaco non si parlano se non per interposte interviste sul quotidiano locale. Lei ha preso decisioni cruciali come l’incarico a sé stessa di presidente della controllata Arena srl, società che gestisce la lucrosa attività extralirica nell’anfiteatro (concerti pop rock: fino a pochi mesi fa il “regno” dell’attuale sottosegretario alla cultura, il veronese Gianmarco Mazzi), senza nemmeno informare il Consiglio di Indirizzo. Dall’altra parte si è risposto convocando, anche su istanza delle organizzazioni sindacali, un consiglio comunale straordinario per discutere della situazione alla Fondazione. Alla riunione era stata ovviamente invitata la sovrintendente, che si è guardata bene dall’intervenire. Gasdia sfodera una vena decisionista e autoritaria in linea con le sue posizioni politiche (nel 2017 era candidata al Comune per Fratelli d’Italia), Tommasi è sicuramente in difficoltà e lascia capire che potrebbe avocare al Comune la gestione dell’extralirica. Decisioni all’orizzonte ancora non se ne vedono e sicuramente a Verona questa sarà una “Malapasqua”, per citare Cavalleria Rusticana. A giugno, a meno che non scoppi un’improbabile pace, il festival del centenario vedrà i padroni di casa guardarsi in cagnesco (mai accaduto prima) e l’ago della bilancia potrebbero diventare i lavoratori della Fondazione, sempre più insofferenti.

Arena e Scala, le partite di Tommasi e Sala per le Fondazioni e il ruolo di Sangiuliano
Il sindaco di Verona Damiano Tommasi.

Sangiuliano accarezza il sogno di far digerire a Sala l’arrivo di Fuortes risolvendo così il nodo Rai

Più tranquilla sarà – operisticamente parlando – la Pasqua meneghina, ma solo perché i nodi del Cda Rai verranno al pettine più tardi questa primavera, quando si parlerà del bilancio 2022. Anche per Milano, il “sogno” cullato dal ministro Sangiuliano è il gioco di prestigio capace di imporre o quanto meno di far digerire a Sala il sovrintendente immaginato a Roma. La manovra, come ampiamente riportato da molti giornali, è determinata dal fatto che si ritiene che solo la poltrona massima del Piermarini potrebbe indurre l’amministratore delegato della Rai, Carlo Fuortes, a lasciare Viale Mazzini senza creare problemi. Il mandato dell’attuale sovrintendente, Dominique Meyer, si concluderà l’anno prossimo e l’idea al MiC – secondo le indiscrezioni – era di far sì che il Consiglio di amministrazione della Scala anticipasse di un anno la nomina di Fuortes (cosa consentita dallo statuto) permettendo la messa in moto del domino delle nomine in Rai, attualmente congelato.

La partita delle nomine più ghiotte del 2023, con o senza Draghi
Carlo Fuortes.

Sala è fortemente contrario, e a differenza di quanto è accaduto a Verona il consiglio non sembra essere per lui un problema. Solo il rappresentante della Regione Lombardia è considerabile di destra, ma quello del governo è stato nominato ancora da Franceschini. E molti dei 10 componenti sono rappresentanti di soci privati finanziatori della Scala, finora sempre compatti nel sostegno al sindaco. Il punto è – tuttavia – che l’avvicendamento di Meyer sembra auspicabile a molti addetti ai lavori, perché il sovrintendente arrivato da Vienna, al netto delle difficoltà pandemiche, non si è segnalato per una gestione di rilievo artistico degno delle ambizioni e della storia scaligera. E il punto è anche che il curriculum professionale di Fuortes – che ha fatto molto bene all’Opera di Roma e anche come commissario, vedi caso, della Fondazione Arena – viene considerato ideale sotto molti profili. Di fatto, la situazione è di stallo. Non ci fosse stata la questione Rai, Fuortes sarebbe stato l’anno prossimo un autorevole candidato alla successione di Meyer. Ma indicarlo adesso per permettere altre nomine al governo è un passaggio che Sala non è disposto ad avallare. In questo senso, la sua vibrante polemica ideologico-politica in tv dopo la sortita del presidente del Senato su Via Rasella assomiglia molto anche a una definitiva presa di distanza dalle manovre sulle nomine per interposta carica. Se sarà così, Damiano Tommasi resterà, salvo colpi di scena, l’unico sindaco a cui il MiC ha sfilato di sotto il naso il controllo della Fondazione lirico-sinfonica della sua città.