Il pubblico internazionale che ogni estate ama andare all’opera all’Arena di Verona è il sogno di qualsiasi sovrintendente. È un pubblico che non si preoccupa se a meno di cinque mesi dall’inizio del festival non si trovano nel sito della Fondazione informazioni utili oltre ai prezzi dei biglietti, alle date e ai titoli. E non si spazientisce se non ottiene dettagli sui cast vocali, sui nuovi allestimenti o sui direttori d’orchestra, anche se altri grandi festival europei hanno già le locandine complete e pubbliche da tempo.
L’Arena torna a respirare con la riduzione del debito monstre della Fondazione
Certo, il numero degli spettatori che scelgono l’anfiteatro romano – un dato incomparabile con quelli di quasi tutte le proposte musicali internazionali – è lontano dai record di una ventina di anni fa, quando si viaggiava intorno al mezzo milione, ma il fascino del palcoscenico all’aperto più grande al mondo funziona ancora, eccome. Passata la pandemia, le 342.817 presenze registrate nel 2022 hanno garantito un incasso di 26 milioni e mezzo di euro. Alimentando in proporzione l’ormai leggendario indotto areniano, che rende questa rassegna così importante per Verona. E se la media a spettacolo è stata di 7.439 persone – su una capienza di circa 12 mila spettatori – poco importa. Conta di più la riduzione del debito-monstre che incombe sulla Fondazione e che nel 2016 l’aveva portata a un passo dalla chiusura, scongiurata con il commissariamento e con un piano di ristrutturazione lacrime e sangue. Quest’ultimo donato più che altro dai dipendenti, che per un paio d’anni hanno lavorato e ricevuto lo stipendio solo per 10 mesi su 12. L’andamento dei conti oggi è positivo: lo certifica la più recente relazione semestrale del commissario straordinario del governo per la verifica sullo stato di attuazione dei piani di risanamento collegati con la legge Bray. Vi si legge che nel 2021 l’Arena ha ridotto i debiti del 10 per cento, passando dai 29 milioni del 2020 a 26 milioni. Non senza l’indispensabile supporto delle robuste iniezioni di denaro garantite alle Fondazioni dallo Stato durante la pandemia.

La circospezione del sindaco Tommasi, il destino di Gasdia e il pressing della destra
Forte di questi risultati economici e di non sorprendenti appoggi politico-imprenditoriali, in una città che se anche lo scorso giugno ha scelto un sindaco di centrosinistra è tradizionalmente orientata a destra, la sovrintendente Cecilia Gasdia, ex soprano a sua volta da sempre a destra (alle Comunali del 2017 era la capolista, non eletta, di Fratelli d’Italia), prova a trovare una conferma che fino a poche settimane fa sembrava del tutto improbabile. Il suo contratto è scaduto il 18 gennaio e il sindaco Damiano Tommasi si sta muovendo con una circospezione che è probabilmente frutto di una convergenza di situazioni: esperienza amministrativa ancora in costruzione, specie nella gestione di un asset culturale fondamentale per la città come l’Arena; modesta propensione a trovare consiglieri adeguati in questo specifico campo; oggettiva difficoltà politica, con un Consiglio di presidenza della Fondazione nel quale gli esponenti di destra o comunque a sostegno di Gasdia (il principale è il rappresentante della Camera di commercio) sono in maggioranza. Una situazione di stallo per la quale, secondo la stampa locale, potrebbe essere già pronto un compromesso così articolato: Gasdia passa la mano (circola il nome di Maurizio Roi, già al Carlo Felice di Genova), ma per la gestione dei concerti pop-rock nell’anfiteatro romano (gestiti da Arena di Verona Srl, società interamente controllata dalla Fondazione) la scelta cade su una persona di fiducia di Gianmarco Mazzi, deputato di FdI e oggi sottosegretario alla Cultura, fino a pochi mesi fa “dominus” di questa programmazione e dei rapporti con le tv, che evidentemente non può più gestire in prima persona.

I passi falsi della sovrintendente: dal braccio di ferro con i dipendenti alla fissazione per Domingo
Al di là del discorso sulle cifre e delle alchimie politiche, negli ultimi anni la gestione di Cecilia Gasdia non è stata priva di incidenti di percorso. I rapporti con i dipendenti, specie quelli a termine, hanno avuto momenti difficili, mentre un contenzioso giudiziario imponente costringe ad accantonamenti massicci in bilancio, per parare economicamente eventuali sentenze negative. Nell’estate della ripresa post-pandemica, quella del 2021, la tensione nelle relazioni sindacali è sfociata in un evento unico nella storia del festival: la proclamazione di uno sciopero per bloccare la replica di uno spettacolo. Gasdia in quell’occasione è andata al braccio di ferro, mandando in scena un’Aida ridotta ai minimi termini, senza orchestra ma con pianoforte accompagnatore e con il coro ridotto a una ventina di componenti. Spettatori 3.500 circa: la sovrintendente ha parlato di «evento storico».

L’estate scorsa, invece, i guai sono stati di natura prettamente artistica. L’ormai tradizionale partecipazione di Plácido Domingo al festival si è risolta in un rovescio clamoroso, che ha fatto osservare a molti addetti ai lavori che ormai l’ultra 80enne star della lirica dovrebbe considerare l’idea del ritiro. Il cantante ha dovuto dare forfait nella sua serata di gala, e alla fine della Turandot da lui diretta è stato oggetto di una clamorosa e inedita protesta da parte dell’orchestra areniana, che ha rifiutato di alzarsi per il saluto di rito. Domingo, con indubbio savoir-faire, ha ammesso gli addebiti e si è scusato per la débâcle, mentre le polemiche sbordavano dall’ambito artistico a quello sindacale e quindi a quello politico cittadino, ma senza nessuna conseguenza. Il cantante madrileno continua a essere, secondo Gasdia, irrinunciabile: avrà in agosto il suo ennesimo “gala”. E pazienza se il giorno prima del viaggio della sovrintendente a Madrid per promuovere il festival (è cronaca recentissima), proprio in Spagna è saltata fuori un’altra storia di presunte molestie commesse dal cantante. Domingo è inseguito da queste contestazioni da quasi quattro anni, con gravi ripercussioni sulla sua attività un po’ in tutto il mondo (letteralmente azzerata negli Stati Uniti, dove prima era una figura centrale), ma non in Italia e non all’Arena di Verona. Anche l’estate scorsa su questo aspetto della questione le polemiche sono state virulente, ma Gasdia non ha cambiato idea: all’Ansa ha ribadito anche pochi giorni fa che a carico del cantante non c’è stato nessun processo, nessuna conferma giudiziaria di comportamenti inappropriati. Il punto è che a prescindere dalle molestie, pare sempre più revocabile in dubbio la tenuta artistica dell’interprete.

Anna Netrebko, star dell’Aida inaugurale, reduce dalla polemica sul blackface
Un’altra figura che a suo modo è diventata un’insegna della gestione-Gasdia è quella della controversa diva russa Anna Netrebko, uno dei più importanti soprani del mondo. La cui presunta (e negata) vicinanza a Putin e ai secessionisti filorussi del Donbass ha portato in febbraio alla totale esclusione dal Met di New York, del quale era la primadonna indiscussa. In Italia, dopo avere fatto ammenda di alcune problematiche dichiarazioni sui social a guerra appena iniziata, è tornata ben presto a essere acclamata protagonista. E così è avvenuto all’Arena. Pochi giorni fa, Gasdia ha annunciato che Netrebko sarà la star dell’Aida inaugurale il prossimo 16 giugno, trasmessa anche in diretta tv. Il punto è che l’Aida della scorsa estate (regia di Zeffirelli di 20 anni fa), ha provocato una polemica internazionale niente affatto positiva per l’Arena. Elemento scatenante il fatto che Netrebko era in scena con il volto dipinto di nero (il cosiddetto “blackface”, da lei sempre sostenuto anche polemicamente). Un affermato soprano africano-americano ingaggiato per cantare in anfiteatro in due repliche di Traviata, Angel Blue, ha dato forfait con pubblico annuncio via social in contrapposizione con l’atteggiamento di Netrebko e con la scelta della Fondazione, definita razzista. Accusa respinta al mittente in termini generici, con vaghi riferimenti all’epoca “non recente” della produzione in questione. È seguito dibattito. Come sempre approssimativo e ideologizzato. Non si sa se quest’estate ci sarà un “blackface” in mondovisione. Nel caso, tuttavia, il sovrintendente, chiunque sarà (la nomina dev’essere fatta entro la metà di febbraio), questa volta non potrà tirare in ballo la storia: quello di Aida sarà infatti un nuovo allestimento. L’unico del centesimo festival in Arena.